Conferenza stampa di Cittaslow International per annunciare l’Assemblea Internazionale di Cittaslow 2023

Si è tenuta il 31 maggio scorso, nel Complesso di San Paolo a Parma, la Conferenza Stampa di Cittaslow International. È stata l’occasione per anticipare in anteprima l’Assemblea internazionale che si terrà a Parma sabato 24 giugno 2023 e soprattutto il 1° Summit Internazionale delle Cittaslow d’Acqua Dolce, appuntamento atteso per venerdì 23 giugno 2023 a Polesine Zibello, in provincia di Parma.
Più di 200 sindaci e delegati da tutto il mondo si riuniranno a Parma in occasione dell’Assemblea Internazionale di Cittaslow 2023. Tra i temi previsti: il 550° Anniversario della nascita di Nicolò Copernico 1473-2023, il premio Chiocciola Orange Awards 2023 per i migliori progetti nelle Cittaslow mondiali, l’Agroforestazione e la Forest School: progetti di politica forestale per combattere i cambiamenti climatici e educare all’ambiente. E ancora i progetti che da anni l’associazione porta avanti, ad esempio Metropolis, Education, Tourism e CittaslowBee, in difesa degli insetti impollinatori.
Oltre al patrocinio di Comune di Parma e Camera di Commercio di Parma, l’Assemblea Cittaslow avviene con il supporto fondamentale della Fondazione Parma Città Creativa Unesco per la Gastronomia. Parma è l’epicentro della Food Valley italiana e rappresenta una delle destinazioni con il maggior numero di prodotti tipici tutelati da marchi di qualità in Italia: dal Prosciutto di Parma Dop al Parmigiano Reggiano Dop, fino al Culatello di ZibelloDop (il cui Consorzio è sponsor dell’Assemblea Cittaslow) per citare solo i più noti. In questo modo si tutela la qualità dei prodotti tipici del territorio e si garantisce autenticità e unicità all’esperienza di viaggio.

È davvero un privilegio poter essere a Parma con l’Assemblea generale di Cittaslow – afferma il Presidente di Cittaslow International e Sindaco di Asolo, Mauro Migliorinicon i sindaci e i delegati da 33 paesi, ed anche un’opportunità per condividere le buone pratiche e i molteplici progetti che le nostre città quotidianamente mettono in atto: lentezza positiva, economia circolare, resilienza, sostenibilità e cultura, giustizia sociale. È una sfida globale attuale per le comunità che vogliono riconciliarsi con il pianeta, progredire e crescere in equilibrio rispettando i propri limiti, a partire dalle proprie radici, tradizioni e storia. Ma è anche l’occasione per far conoscere la rete internazionale di Cittaslow alla Città di Parma, capitale dell’enogastronomia ed esempio di città resiliente. La vostra storia ci parla di una comunità sempre attiva e resistente che difende sempre e comunque i suoi valori e il proprio capitale culturale e sociale: questo è anche uno dei cardini di Cittaslow. Sono sicuro che l’assemblea sarà un momento utile ad entrambi per approfondire l’ampio spazio di convergenza anche progettuale tra noi: non è un caso che da oltre un anno abbiamo avviato un processo di avvicinamento con l’Università di Parma e siamo prossimi alla firma di un accordo quadro tra il Magnifico Rettore, sei dipartimenti e Cittaslow”.

Sono felice – dichiara il Sindaco di Polesine Zibello, Massimo Spigarolinel mio ruolo di sindaco e di presidente della Fondazione Parma UNESCO Creative City of Gastronomy di aver portato a Parma l’Assemblea di Cittaslow International. Il tempo è un fattore fondamentale per la realizzazione dei prodotti di eccellenza che rendono celebre la Parma Food Valley nel mondo. Tempo lento, attento e di attesa sono il fil rouge tra Parma e l’Assemblea Internazionale Cittaslow. E come Fondazione abbiamo scelto di sostenere l’evento per accompagnare gli ospiti in un viaggio gastronomico nelle filiere grazie ai piatti creati dagli chef ambassador di Parma Quality Restaurant. Polesine Zibello con le altre tre Cittaslow del parmense Borgotaro, Fontanellato e Pellegrino, sono i portabandiera di un modo antico e allo stesso tempo modernissimo di concepire lo sviluppo locale. Noi siamo leader nel cibo di territorio e nella difesa delle nostre tradizioni di eccellenza gastronomiche a partire dall’imperatore dei salumi, il nostro prezioso culatello, ma come sindaci Cittaslow a questo sommiamo l’impegno per migliorare ogni giorno il buon vivere delle nostre comunità senza retorica ma con grande concretezza, progetto per progetto, azione dopo azione. E Cittaslow ci dà la linea di direzione, “slow” appunto, all’insegna della sostenibilità ambientale e sociale. Una sfida che accettiamo quotidianamente con i nostri cittadini e le nostre imprese”.

Partire dalla terra di Parma e dai suoi prodotti straordinari è senz’altro un modo “slow” di leggere il presente e il futuro che, oggi più che mai dopo la pandemia, va bene per il mondo intero – spiega Pier Giorgio Oliveti, Segretario generale di Cittaslow International – e la presenza a Parma dell’assemblea annuale di Cittaslow International segna un territorio ma anche una prospettiva possibile che è presente qui ed ora per Parma e il suo sistema economico e sociale. Occorre decidere, o si è fast o si sceglie lo slow. Parleremo per due giorni di progetti di sostenibilità non solo a parole ma nei fatti: i delegati dall’Olanda e dal Belgio, dalla Polonia e dalla Francia, dalla Germania e dalla Croazia, dalla Turchia e dalla Corea del Sud, dagli Stati Uniti e dalla Cina, come da molti altri paesi, si incontreranno con le Cittaslow italiane, capostipiti di un movimento globale che oggi interferisce positivamente nel modello di sviluppo e nella concezione delle città vecchie e nuove. Non è poca cosa. Merita un’attenzione particolare anche da parte dei cittadini della città di Parma che ci ospita: oggi slow è sinonimo di “modernità riflessiva”, ovvero per i sindaci e le comunità Cittaslow è possibile contemperare il buon vivere con il senso del limite, la giustizia sociale con l’intrapresa, e promuovere la crescita qualitativa e di relazione più che quella quantitativa. In questo senso sindaci e cittadini delle Cittaslow sono con le loro opere un esempio e un faro per tutti gli altri”.

Parma ha una responsabilità forte – ha detto il sindaco di Parma Michele Guerrache ci viene dal riconoscimento Unesco che vogliamo onorare quotidianamente portando avanti la sfida più difficile: creare coscienza e consapevolezza nei cittadini. L’assemblea che presentiamo oggi è pienamente in linea con le politiche che come Amministrazione stiamo portando avanti, rivolte a rivalutare in positivo il significato di “lentezza”: rallentare significa far sì che gli obiettivi che ci siamo posti penetrino davvero dentro le nostre città e questo è possibile solo responsabilizzando e sensibilizzando tutti i cittadini. Per questo abbiamo bisogno di eventi come Cittaslow, che vengano nelle nostre realtà per farci confrontare sulle prospettive alle quali guardare, basandoci sul sistema sinergico pubblico-privato che già da anni Parma ha costruito fruttuosamente”.

Parma e Polesine Zibello, esempio del buon vivere
Parma è esempio del buon vivere e della cultura materiale: il cibo. È questo valore aggiunto che Cittaslow International ha voluto sottolineare nella scelta della location della Conferenza Stampa. La cultura gastronomica infatti è uno degli aspetti fondamentali per l’associazione, nata su ispirazione di Slow Food e del lavoro di Carlin Petrini.
Il Movimento Cittaslow, fondato nel 1999, aveva ed ha, come primo obiettivo proprio quello di allargare la filosofia di Slow Food alle comunità locali e al governo delle città, applicando i concetti dell’eco gastronomia alla pratica del vivere quotidiano.

Aspettando il 1° Summit Internazionale delle Cittaslow d’Acqua Dolce
Al centro del confronto il grande tema del fiume con le sue criticità, come la siccità da crisi climatica, e le sue opportunità. Per dirne qualcuna: il turismo nelle sue diverse forme, la natura, la ciclabilità, la biodiversitànaturale.

Un dialogo a 360° con i partner mondiali della Rete delle Cittaslow, tra questi anche Polesine Zibello e Parma, appunto, territori dove il grande fiume, il Po, è davvero protagonista assoluto. Ma anche un giro, più o meno virtuale, tra i comuni Cittaslow di tutto il mondo e le loro acque dolci, tra fiumi, laghi, zone naturalistiche umide e aree protette.

Il Summit prevede la presenza e il contributo tecnico di diversi sindaci di Cittaslow fluviali nazionali e internazionali provenienti da diversi Paesi extraeuropei ed europei, tra cui Cina, Polonia, Germania e Turchia. Ci saranno inoltre rappresentanti tecnico politici, esperti e contributi scientifici da parte dell’Università di Parma e del Comitato Scientifico di Cittaslow.

Cittaslow, Città del Buon Vivere
Lentezza positiva, economia circolare, resilienza, sostenibilità e cultura, giustizia sociale sono alcuni dei principi guida di Cittaslow, associazione che raggruppa piccoli comuni e città, fondata nel 1999 a Orvieto.
L’obiettivo delle Città del Buon Vivere, il cui slogan è “innovation by tradition”, è quello di preservare lo spirito della comunità, trasmettendo memoria e conoscenza alle nuove generazioni, per renderle consapevoli del loro patrimonio culturale. Ma anche promuovere e applicare innovazione tecnologica, di sistema e gestione, a favore della sostenibilità.
Oggi Cittaslow è un marchio di qualità presente in 88 comuni italiani, connessi alla rete internazionale di 300 città, distribuite in 33 paesi. Un circuito di eccellenza, che vede ogni anno la realizzazione di progetti che concretamente migliorano la vita dei cittadini e del pianeta.

Cittaslow
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La IAI (Iniziativa Adriatico Ionica) rinnova il patrocinio per il 2024 a "Borghi d'Europa" 

Il Segretariato Permanente della IAI – Iniziativa Adriatico Ionica, ha comunicato a Borghi d’Europa il rinnovo della concessione del Patrocinio dell’Iniziativa Adriatico Ionica alle varie attività dell’Associazione e l’uso del logo ai fini consentiti dalla legge, riferito alle attività dell’anno 2024. Il Segretariato ringrazia Borghi d’Europa per la ‘preziosa collaborazione’. La rete, prendendo atto con soddisfazione del Patrocinio, ha deciso di attivare immediatamente il nuovo blog d’informazione  ilBorgoQuotidiano.

Entrata della Cittadella di Ancona, sede del Segretariato permanente

 

L’Iniziativa Adriatico Ionica (IAI) è un’organizzazione internazionale nata nel 2000 e che raccoglie alcuni dei paesi che si affacciano sui mari Adriatico e Ionio. È un forum intergovernativo per la cooperazione regionale nella Euroregione Adriatico Ionica. Il suo segretariato permanente ha sede nella città di Ancona, storico avamposto tra l’Europa occidentale, la Grecia e i Balcani, nella cinquecentesca Cittadella, detta anche Fortezza di Ancona.

Istituto Affari Internazionali
Via dei Montecatini, 17
00186 Roma
Tel: +39 066976831
iai@iai.it

Il programma Europa orientale e Eurasia esplora le politiche nazionali, estere e di sicurezza dell’Europa orientale, del Caucaso, della Russia, della Turchia, dell’Asia centrale e dei Balcani occidentali. Per tutta la regione, il programma si occupa di una vasta gamma di temi come, ad esempio, i processi di democratizzazione e la risoluzione dei conflitti, ma anche il commercio, l’economia e la cooperazione energetica. Particolare attenzione è rivolta alle relazioni dell’Unione europea (Ue) con i paesi del partenariato orientale, la Russia, all’integrazione dei paesi Balcani occidentali nell’UE, al futuro ruolo della Turchia in Europa e alla strategia dell’Ue nei confronti dell’Asia Centrale.

Via Lussemburgo n.42, Padova
Piazzale Martesana, Milano
borghideuropa@yahoo.com
info@italiadelgusto.com


GustaPorto 2023 a Civitanova Marche ed è subito "Grand Tour delle Marche!"

Nel centro balneare maceratese, il 10 giugno GustaPorto apre l’intensa stagione estiva ed inaugura, insieme all’Infiorata di Castelraimondo, il Grand Tour delle Marche 2023.

Lo spettacolo del porto ed un’intera città che si anima per celebrare l’arrivo della stagione calda! Sabato 10 giugno GustaPorto accende, all’insegna del blu, uno dei porti più colorati d’Italia: i Moletti, il Mercato Ittico, i cantieri, il lungomare e le vie della località balneare marchigiana. Un’intensa giornata di animazioni, degustazioni ed esperienze immersive che apre una settimana di proposte a tema in tutta la città.

Si comincia alle 9:00 a Fontespina, nel lungomare nord, con la rievocazione storica della pesca con la sciabica, per proiettarsi poi nel cuore del Mercato Ittico Comunale dove, alle 11:00, l’opinionista Hoara Borselli condurrà un panel sul tema “Turismo in Porto-Agorà sulle nuove rotte del turismo esperienziale, tra mare e terra”. Nel pomeriggio, sempre al Mercato, con CNR Irbim arrivano gli … “alieni”, ovvero le specie ittiche nuove per l’Adriatico. Inoltre, per tutta la giornata, sarà visitabile la mostra a cura del MAGMA, Museo archivio della grafica e del manifesto.

Sempre a partire dalle 11:00, il piazzale antistante al Mercato ospita per tutta la giornata il GustaPorto Village: protagoniste le ricette marinare civitanovesi, tradizionali e rivisitate, preparate appositamente dai ristoratori della città e proposte in modalità da … passeggio! Poi, nel pomeriggio, ai cibi di mare si uniscono le birre di territorio ed i vini inconsueti marchigiani. In programma anche momenti divertenti con il pesce “in inglese”, l’animato dialetto civitanovese e il GiocaPorto per i bambini.

Nel pomeriggio si animano anche i cantieri portuali, con attività dedicate ai maestri d’ascia. Allo Scalalaggio Anconetani, mostra del pescatore-fotografo Mario Barboni, esposizione di oggetti ed attrezzi dei mestieri, viaggio nella realtà aumentata con il Polo Tecnologico Alto Adriatico. Nei tradizionali pontili che contraddistinguono il porto di Civitanova Marche, i “Moletti aperti” propongono racconti, oggetti ed assaggi che caratterizzano queste microcomunità del mare accomunate dall’amore per la vela, la pesca sportiva, il diporto e la voglia di stare insieme.

Lo storico quartiere di Fontespina propone un pranzo della festa con menù dedicati e, nel pomeriggio, la “bici del gusto”, una pedalata con assaggi a tappe di stuzzicanti “bocconcini”.

Fino a sabato 17 giugno in città sono attivi i circuiti di GustaPorto. “Occhio a li furbi” è la rete dei ristoranti e chalet cittadini che propongono ricette di mare locali ed il piatto tradizionale simbolo di Civitanova Marche: “li furbi co’ l’abbiti”. La GustaPorto week contempla anche apposite proposte turistiche esperienziali e negli esercizi aderenti ci sarà la possibilità di approfittare delle opportunità della GustaPorto shopping week.

GustaPorto è un’iniziativa promossa dal Comune di Civitanova Marche ed è sede di tappa del Grand Tour delle Marche di Tipicità ed ANCI Marche. Adagiata lungo il litorale maceratese, situata in un nodo strategico per la viabilità del centro Italia, la città vive un momento storico di grande fermento, risultando uno dei centri più dinamici dell’intera costa adriatica. Offerta balneare, industria del divertimento, proposte enogastronomiche e superfici commerciali rendono Civitanova Marche un punto di riferimento di area vasta ed un’attrattiva meta turistica contemporanea.


Nella recente alluvione dell’Emilia Romagna le api soffocate dall'acqua e dal fango sono state 2,5 milioni. La rete Slow Food rafforza il suo impegno per salvarle

Anche se nella recente alluvione dell’Emilia Romagna le api annientate sono state 2,5 milioni, soffocate dall’acqua e dal fango, la rete internazionale di Slow Food lavora da tempo per salvare le api dalle principali minacce che devono affrontare, come ha detto Edward Mukiibi, presidente di Slow Food. “Tra le principali cause del loro declino c’è l’ampio uso di pesticidi nell’agricoltura convenzionale per diversi decenni, le monocolture, le malattie e i parassiti, l’uso del suolo e la crisi climatica“.

Gli habitat naturali devono essere ripristinati e l’agricoltura ridisegnata per servire il pianeta. Le pratiche agro ecologiche favoriscono non solo gli impollinatori, ma anche i nemici naturali dei parassiti, permettendo così all’agroecosistema di mantenere l’equilibrio. È importante impiantare le colture a fasce alternate, includere siepi e prati misti e alternare le colture con trifoglio e altre leguminose. È inoltre essenziale ridurre al minimo l’uso di pesticidi, in particolare insetticidi e fungicidi, al fine di consentire alle popolazioni di insetti di riprendersi e continuare a svolgere il loro lavoro benefico negli ecosistemi che condividiamo con loro.

Il tema della Giornata mondiale delle api 2023 ci ricorda che gli insetti sono il gruppo di animali più diversificato sulla Terra e il ruolo cruciale che gli impollinatori svolgono per la protezione della biodiversità, per l’agricoltura e per il pianeta nel suo insieme. Sono parte integrante dei nostri sistemi alimentari perché impollinano le colture che finiscono come cibo sulle nostre tavole.

La rete Slow Food in azione
Questi sono alcuni esempi del lavoro della rete Slow Food per la tutela e la promozione delle api.

Nel 2006 è stato avviato un progetto di apicoltura sul tetto di un edificio a Ginza, un quartiere di Tokyo, in Giappone, con l’obiettivo di promuovere i prodotti di produzione locale e rivitalizzare la comunità locale. Durante la ricerca di modi per creare uno spazio in cui i produttori urbani potessero sentirsi vicini all’agricoltura, l’apicoltura era un percorso ovvio. In aree come Ginza ci sono abbondanti fonti di miele, come gli alberi di strada, e i prodotti a base di miele realizzati in collaborazione con chef e baristi di Ginza sono stati ben accolti. L’apicoltura urbana è ora fiorente in varie parti del Giappone, da Hokkaido a Okinawa. A Ginza, oltre all’apicoltura, si stanno ora compiendo sforzi per rivitalizzare la comunità attraverso l’inverdimento dei tetti urbani e le esperienze agricole per gli studenti delle scuole elementari. “La cooperazione agricola e assistenziale mira a promuovere l’autonomia e la partecipazione sociale svolgendo attività di apicoltura e allevamento in strutture per persone con disabilità. Ci sono vari compiti coinvolti nell’apicoltura, tra cui l’imbottigliamento e la vendita del miele o la produzione di dolci, attraverso i quali le persone acquistano fiducia e scoprono la gioia di questo lavoro”, spiegano Kazuo e Sayaka Takayasu, leaders di Slow Food Ginza.

Nel giugno 2022, a causa della cattiva gestione degli alveari sentinella nel porto di Newcastle, sulla costa orientale dell’Australia, il parassita “Varroa destructor“ ha raggiunto le nostre coste. Oggi gran parte delle zone costiere dello stato del New South Wales sono una zona rossa, dove le api sono state soppresse e vengono adescate con l’insetticida Fipronil”, spiega Amorelle Dempster, leader di Slow Food Maitland Convivium. “Purtroppo troppi piccoli agricoltori e apicoltori stanno perdendo i loro mezzi di sussistenza, contribuendo alla lenta morte della sicurezza alimentare nella nostra comunità. Questo imponente programma è davvero costoso e l’ironia dell’intera situazione è che si tratta di proteggere i coltivatori su larga scala di monocolture, i cui insetticidi e pesticidi uccidono gli organismi viventi che dipendono dai servizi ecosistemici dell’ape mellifera europea per impollinare i loro raccolti. Insieme ai nostri produttori del Mercato della Terra di Slow Food Maitland e con l’aiuto della comunità locale, stiamo ora lanciando il Maitland Pumpkin & Squash Seed Bank Project per preservare la biodiversità locale, fondamentale per noi e per le nostre amate api”.

Nel 2022, la Commissione Europea ha pubblicato una proposta per un nuovo regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi (SUR), che mira a ridurre l’uso di pesticidi nell’UE del 50% entro il 2030 per proteggere la natura, gli impollinatori e le persone”, spiega Madeleine Coste, direttrice Slow Food Advocacy.
Questa proposta ha incontrato una feroce resistenza da parte dell’agroindustria e dei suoi alleati, sfidando il consenso scientifico sulla necessità di trasformare il nostro attuale sistema alimentare per salvaguardare la sicurezza alimentare nel lungo periodo. È assolutamente urgente che i cittadini dell’UE si mobilitino e ricordino ancora una volta ai responsabili delle decisioni la loro responsabilità di guidare una transizione verso un’alimentazione sana e sostenibile“.

Ora, per sostenere un mondo con meno pesticidi, le sezioni europee di Slow Food hanno lanciato una campagna online per chiedere alle persone di inviare e-mail personalizzate per influenzare i parlamentari nazionali ed europei a non abbassare i criteri suggeriti dalla Commissione europea.

In Turchia, stiamo incoraggiando le persone a creare la propria colonia di api sul proprio terrazzo, lanciando bombe floreali, mentre i bambini e le loro famiglie partecipano ad attività educative e di degustazione”, spiega Yasmina Loknanoglou, portavoce per la conservazione del patrimonio alimentare di Tarso.

La Foundation of Women Beekeepers è la prima e attualmente l’unica organizzazione pubblica femminile senza scopo di lucro registrata in Ucraina, che promuove la consapevolezza dell’importanza delle api per la sicurezza alimentare, conduce ricerche pertinenti e implementa le loro scoperte nella pratica dell’apicoltura. “Per noi, tutte le sfere di attività si combinano armoniosamente nell’esagono della cellula delle api, dal lavoro alla cooperazione, dalla famiglia al legame con la natura. Costruiamo su un parallelismo tra la vita delle donne e quella delle api», spiega Leonora Adamchuk, presidente della Fondazione. “Vogliamo aiutare gli ucraini ad assaggiare e promuovere il miele locale“.

Il ruolo delle api e degli impollinatori
Gli insetti impollinatori trasportano il polline tra i fiori della stessa specie vegetale, consentendo la fecondazione di tali piante e il successivo sviluppo di frutti e semi. Il miracolo dell’impollinazione avviene in vari modi, ma il più delle volte si basa sul lavoro degli insetti: più dell’80% (circa 300.000 specie) di tutte le piante e il 75% (più di 300 specie) delle nostre principali colture dipendono dagli insetti impollinatori per la riproduzione. Il valore dei servizi ecosistemici forniti dagli insetti è enorme: se gli insetti venissero pagati per il lavoro che svolgono per produrre il nostro cibo, il costo per la società ammonterebbe a circa 260 miliardidi euro all’anno.

Oltre ai servizi di impollinazione, le api forniscono preziosi prodotti tra cui miele, polline, pappa reale, cera e propoli, che l’uomo ha utilizzato e apprezzato nel corso della storia.

Quando sentiamo parlare del declino delle api, è importante ricordare che non sono solo le api mellifere a essere colpite, ma tutte le specie della superfamiglia degli Apoidei, di cui ce ne sono più di 25.000. Queste api, spesso chiamate “selvatiche” perché non sono allevate come le api mellifere, sono importanti per l’impollinazione tanto quanto le loro cugine domestiche. La loro scomparsa può essere meno discussa, ma non è meno catastrofica.

Il declino di questi insetti minaccia non solo la loro biodiversità e quella delle piante che impollinano, ma anche la diversità di altri animali, molti dei quali si nutrono direttamente di insetti, come uccelli e anfibi. E, naturalmente, il loro declino rappresenta un serio pericolo per l’umanità, mettendo a rischio il nostro approvvigionamento alimentare.

Info e video sulle attività di Slow Food sulle api:
https://www.slowfood.com/what-we-do/themes/bees-slow-food/


Maggio 2023: catastrofica alluvione in Emilia Romagna

Maggio 2023: l’Emilia Romagna è colpita da alluvioni: la prima dal 1° al 4 maggio e la seconda dal 17 al 19 maggio, con danni ingenti: 14 decessi, 10.000 sfollati, 280 frane, oltre 400 le strade interrotte, molti i piccoli centri isolati.
Si è trattato di un evento la cui eccezionalità è scaturita dalla combinazione di una serie di fattori, legati alla struttura e alla traiettoria del ciclone (in transito da sabato 12 maggio sul Mediterraneo e da lunedì 14 maggio sull’Italia) che sono stati: persistenza, intensità e convergenza delle masse d’aria umida.

I Comuni coinvolti in Emilia Romagna sono stati: Bagnacavallo, Bagnara di Romagna, Bertinoro, Brisighella, Budrio, Casola Valsenio, Castel Bolognese, Castel del Rio, Castrocaro Terme e Terra del Sole, Cervia, Cesena, Civitella di Romagna, Conselice, Cotignola, Dovadola, Faenza, Forlì, Galeata, Loiano, Lugo, Massa Lombarda, Medicina, Meldola, Mercato Saraceno, Modigliana, Molinella, Monterenzio, Monzuno, Mordano, Predappio, Premilcuore, Ravenna, Riolo Terme, Rocca San Casciano, Russi, Sant’Agata Feltria, Sant’Agata sul Santerno, Sarsina, Savignano sul Rubicone, Solarolo, Tredozio.
Purtroppo a originare un’alluvione sono state prevalentemente piogge abbondanti e prolungate. Le precipitazioni, infatti, hanno avuto effetti significativi sulla portata di fiumi, torrenti e canali che si sono ingrossati fino a esondare, cioè straripare o rompere gli argini, allagando il territorio circostante. In Emilia Romagna si sono ingrossati 23 corsi d’acqua e ben 22 sono esondati, causando le scene apocalittiche che hanno fatto il giro del mondo. Negli anni precedenti, la Regione aveva programmato la costruzione di ulteriori strutture di contenimento per mitigare gli effetti di eventi meteorologici come l’ultimo.

Le notizie sulla grave alluvione che ha colpito l’Emilia-Romagna hanno fatto il giro del mondo e tra i provvedimenti adottati, sospesi i pagamenti di imposte, mutui e bollette. In molti si stanno adoperando per raccogliere fondi da destinare alle persone più sfortunate. Tra questi c’è Elon Musk, CEO di Tesla e dell’agenzia spaziale SpaceX: Musk e il Gruppo Unipol hanno acquistato i terminali Starlink che permetteranno ai soccorritori, ai servizi essenziali e strategici, come ad esempio gli ospedali, e alla popolazione di avere accesso alla rete Internet. SpaceX sta in queste ore orientando i suoi satelliti, concentrandoli in modo da dare priorità alla regione Emilia Romagna, per fornire una maggiore copertura alle popolazioni colpite in questi giorni dall’alluvione. I terminali satellitari arriveranno nelle prossime ore dagli Stati Uniti e dalla Germania e saranno affidati alla Protezione Civile e alla Regione.

Di fronte a simili tragedie penso sia un dovere per ciascuno di noi portare il proprio contributo – ha affermato Carlo Cimbri, Presidente del Gruppo Unipol-. Unipol, oltre a supportare i propri assicurati, si sta adoperando per sostenere attivamente le comunità colpite”. “SpaceX, Starlink e Tesla – ha affermato Elon Musk, CEO di SpaceX e Tesla – sono liete di poter essere utili in ogni modo per aiutare l’Italia e la sua popolazione colpita dalle alluvioni”.

Il Governo sta richiedendo l’attivazione del Fondo di solidarietà europeo, al fine di ottenere risorse aggiuntive per affrontare l’emergenza e sostenere la ricostruzione delle zone colpite. Il Consiglio dei Ministri ha dichiarato lo stato di calamità per garantire il coordinamento efficace delle risorse e degli aiuti necessari, come pure ha fatto la Giunta regionale dell’Emilia-Romagna che ha avviato la raccolta fondi “Un aiuto per l’Emilia Romagna”.
Nel frattempo si è messa in moto la macchina della solidarietà per aiutare le zone interessate dall’alluvione. Tante le campagne e le iniziative in soldi, macchinari e generi di prima necessità: la Rai si è fatta promotrice di una raccolta attualmente aperta, la Formula 1 ha annunciato la donazione di 1 milione di euro per le operazioni di soccorso, come ha fatto pure la Ferrari auto; la Lega Serie A di calcio ha promosso la raccolta fondi per la Croce Rossa Italiana (che sta operando nelle zone con 300 volontari e operatori Cri Opsa – Operatori Polivalenti Salvataggio in Acqua – specializzati in soccorso in ambiente alluvionale) durante le gare del weekend, attraverso una grafica televisiva dedicata in concomitanza con il minuto di raccoglimento previsto in tutti gli stadi per le vittime dell’alluvione. La Caritas diocesana di Bologna si è attivata con una propria sottoscrizione a sostegno delle aree colpite. Fattivi gli interventi di squadre di calcio come il Bologna FC, la Cremonese e altre anche del mondo del basket, Virtus e Fortitudo in primis. Moltissime e diverse le iniziative anche di vip, politici – anche Pierferdy Casini – attori e cantanti – Martina Colombari, il comico Giacobazzi – privati, aziende e istituzioni – tra i primi, il Comune di Battipaglia, la Fondazione Einaudi, la Fondazione Specchio d’Italia, il Gruppo Monrif, con  le sue testate cartacee e online – sono intervenuti per aiutare gli Emiliano Romagnoli.

Il Corriere della sera ha raccolto le testimonianze più agghiaccianti degli ultimi giorni. Si considerino per lucidità e verosimiglianza due episodi in particolare. Il primo racconta degli ultimi attimi di un 75enne, residente di Castel Bolognese, che si è rifiutato di lasciare il suo appartamento al pianterreno perché “ci era affezionato”. Non sono bastate le parole della vicina di casa collegatasi telefonicamente con lui dal primo piano del palazzo: “Mettiti in piedi sul tavolo, intanto chiamo i soccorsi. Dai che ce la facciamo…” gli aveva detto. Ma per l’anziano che non ha voluto sentire ragioni ed è rimasto in casa sua, non c’è stato nulla da fare. È stato ritrovato la mattina dopo, due metri sott’acqua.  Un altro tragico incidente è occorso a un anziano (89 anni) residente a Sant’Agata sul Santerno e da anni gravemente malato. Barbiere per tutta la vita. Ha poi deciso di chiudere baracca e burattini per occuparsi del figlio malato. Ma una volta a casa, senza attività lavorativa, si è ammalato anche lui. Costretto a letto, non è riuscito a salvarsi dall’acqua che man mano ha riempito il suo salone. Sua moglie, anche lei anziana, è riuscita a rifugiarsi al primo piano e a chiamare un elicottero dei soccorsi dalla finestra. Tratta in salvo ha pregato perché tornassero a salvare anche suo marito. Ma per lui non c’era più niente da fare. Il pianterreno era già completamente allagato.  Il bilancio delle vittime ad oggi è di 14 deceduti. La speranza è che vada a finire come a Solarolo, dove in una macchina sprofondata nel fango è stato ritrovato un uomo in precedenza dato per morto. L’uomo ha potuto raccontare tutto al Corriere: “Ero andato in campagna per salvare i miei tre cani, due sono morti, ma uno ce l’ha fatta… e anch’io”.
Il climatologo Pasini: “Dobbiamo adattarci a eventi così. Pensiamo al clima e ad opere che rispettino la natura

Per concludere con uno sguardo sereno e di ottimismo, segnaliamo uno sms che girava nei giorni scorsi che descrive proprio bene gli abitanti dell’Emilia Romagna:
“L’Emilia Romagna è quel pezzo di terra voluto da Dio per permettere agli uomini di gioire.
Gli Emiliani Romagnoli sono così. Devono farsi la bandiera? Il tricolore è nato a Reggio Emilia. Devono fare un’auto? Loro ti fanno una Ferrari, una Maserati, una Lamborghini, ma anche una Dallara o una Tazzari o una Pagani… Devono fare una moto? Loro costruiscono una Ducati o una Bimota (anche Malaguti, Italjet, Testi, Cimatti, Minarelli) e così l’antica via Emilia si trasforma in Motor Valley. Devono andare in giro in bicicletta? Loro diventano la regione con più piste ciclabili d’Italia. Devono fare un panino? Loro ti propongono: Prosciutto di Parma o di Modena DOP, Mortadella di Bologna IGP, Cotechino di Modena IGP, Culatello di Zibello DOP, Pancetta Piacentina DOP, Salame di Felino IGP e lo Zampone di Modena IGP. Devono fare un formaggio? Loro si inventano il Parmigiano Reggiano. Vogliono qualche alternativa? Grana Padano DOP, Squacquerone di Romagna DOP, Formaggio di Fossa di Sogliano DOP e il Provolone Valpadana DOP. Devono fare due spaghetti? Loro mettono in piedi la Barilla. Devono bere un calice di quel buono? Loro ti fanno: un Classico Pignoletto DOCG, una Romagna Albana DOCG, un Bosco Eliceo DOC  e poi, Colli Bolognesi DOC, Ortrugo dei Colli Piacentini DOC, Gutturnio DOC, Lambrusco di Sorbara DOC, e Grasparossa di Castelvetro DOC e Salamino di Santa Croce DOC, Sangiovese di Romagna DOC e il Trebbiano sempre di Romagna DOC. Devono farsi ricordare per altri prodotti tipici? Loro propongono: Aceto Balsamico Tradizionale di Modena o di Reggio Emilia DOP e quello di Modena IGP, Coppia Ferrarese IGP, Olio Extravergine di Oliva Brisighella DOP, Aglio di Voghiera DOP, Amarene Brusche di Modena IGP, Asparago Verde di Altedo IGP, Fungo di Borgotaro IGP, Marrone di Castel del Rio IGP, Patata di Bologna DOP, Pera dell’Emilia Romagna IGP, Pesca Nettarina di Romagna IGP, Scalogno di Romagna IGP e così diventano la migliore Food Valley mondiale! Devono farti un caffè? Loro ti fanno la macchinetta Saeco. Devono trovare qualcuno che scriva e canti canzonette? Loro ti fanno nascere gente come Pavarotti, Lucio Dalla, Morandi, Vasco, Liga, Zucchero, Laura Pausini, Cesare Cremonini e tanti altri… Devono farti una siringa? Loro tirano su aziende biomedicali a Mirandola e limitrofi. Devono fare piastrelle? Loro se ne escono con delle maioliche tra Sassuolo e Faenza. Possono camminare tranquilli quando piove? Bologna ha il portico più lungo al mondo. Gli Emiliano Romagnoli sono come i giapponesi, non si fermano, non si stancano e se devono fare una cosa, a loro piace farla bene e bella ed utile a tutti… Ci saranno pietre da raccogliere dopo un terremoto? Loro alla fine faranno cattedrali”.

FORZA EMILIA❤ROMAGNA!


LA GIORNATA INIZIA COL BRUNCH: Colazione e aperitivo alle Terme Merano

Benessere e salute è il cuore dell’offerta di Terme Merano. Ma la proposta è in realtà molto più vasta e ricca e si rivolge a sportivi, famiglie con bambini e anche agli amanti della buona cucina. In estate soprattutto, grazie all’apertura del Parco di Terme Merano, ai corsi sportivi organizzati all’aperto, all’area giochi per i bambini, agli eventi live di Piazza Terme. Pronti a vivere l’estate di Terme Merano?

@Kottersteger
Running, nuoto e corsi di gruppo

Gli sportivi trovano a Terme Merano il luogo per eccellenza pensato per loro: il Fitness Center, luminoso grazie alla vetrata a tutta parete che permette di allenarsi con vista sull’esterno. Attrezzi Technogym sono tutti di ultima generazione, mentre l’app permette di memorizzare i propri dati, seguire le indicazioni del trainer, ricevere un report sui risultati ottenuti e molto altro ancora. Una Skill Bike è a disposizione per gli amanti delle due ruote che possono presonalizzare il proprio allenamento.

Naturalmente l’apertura del Parco di Terme Merano con la bella stagione offre ancora più opportunità a chi vuole dedicarsi all’attività fisica. Percorsi per runner, piscina di 33 metri per il nuoto, percorso Kneipp. Ma anche una piattaforma fitness che permette di allenarsi individualmente o partecipare a corsi organizzati di gruppo. Functional, yoga, spinning, superjump e molti altri, da praticare anche in piscina, per un totale di ben 70 corsi alla settimana tra cui scegliere.

Dopo tanta attività, ecco le oasi dedicate al riposo: le Relax Lounge. Angoli di benessere con lettino matrimoniale sono infatti dislocati in diversi punti un po’ defilati del parco per godersi la natura in totale rilassamento.

@Denny Staschitz
Brunch e aperitivo alle Terme Merano

Se anche per voi il risveglio è sempre un po’ traumatico, le Terme Merano hanno la soluzione: il Brunch al Bistro. Disponibile da lunedì a sabato dalle 9 alle 11.30, il Brunch permette di godersi una colazione abbondante e completa a base di: caffè, croissant, frutta, pane e marmellata, yogurt, muesli, noci, pancetta, formaggio, salmone e magari anche un uovo in camicia. Il costo è di 25 euro.

Chi lo desidera può abbinare alla colazione l’ingresso giornaliero alle Terme scegliendo il biglietto Brunch & Terme al costo di 45 euro. Una vera coccola per iniziare al meglio la giornata!

Dalle 16 alle 21 è invece disponibile il biglietto Aperitivo & Terme che mette a disposizione l’ingresso di 5 ore alle piscine e una pausa golosa con cocktail e finger food. Il costo è di 24 euro.

È un modo per godere del Bistro in piazza Terme, punto di ritrovo trendy sia per i meranesi che per i turisti che durante l’estate possono godere dei numerosi eventi live organizzati. Il Bistro è il luogo ideale anche per una sosta golosa, grazie a piatti ricercati e sempre nuovi, realizzati con i prodotti di stagione del territorio. Cucina di qualità, dunque, che soddisfa anche i palati più sofisticati.

@Kottersteger
Proposte per le famiglie

Le Terme Merano da sempre hanno un occhio di riguardo anche per i piccoli ospiti. Lo Spazio Bimbi interno mette a disposizione tanti giochi e attività pensate per loro, ma sono soprattutto le piscine la vera attrazione per i bambini!

La simpatica piscina interna ha una profondità d’acqua massima di 30 cm ed è caratterizzata da fiori colorati alti un metro, spruzzi d’acqua, bolle ed effetti di luce. Il Parco di Terme Merano invece ospita una zona un po’ defilata dedicata al divertimento dei piccini, con piscina dotata di scivolo colorato e area giochi attrezzata. In questo modo, da una parte i bambini possono divertirsi insieme in totale sicurezza, dall’altra gli adulti trascorrono momenti di completo relax nella quiete del parco.

Una formula particolarmente vantaggiosa è il Biglietto famiglia estate per minimo 3 persone di cui 2 adulti e un bambino sotto i 14 anni. Il costo complessivo è di 50 euro, mentre ogni ulteriore bambino paga 8,50 euro.

@Kottersteger
Terme Merano all inclusive

Se in estate è già in programma una vacanza a Merano o in Alto Adige, si può approfittare del pacchetto Day Spa che permette di trascorrere una giornata intera all inclusive a Terme Merano. Piscine, saune, centro benessere e fitness sono a disposizione, insieme a particolari scontistiche per trattamenti benessere, acquisti presso lo shop di Terme Merano e soggiorni successivi.

L’offerta nello specifico comprende: ingresso giornaliero “Pools & Sauna” con sdraio riservata, set con accappatoio e asciugamano a noleggio gratuito, ciabatte e borsa in omaggio, cabina a infrarossi, buono gastronomico del valore di 10 euro, ingresso al Fitness Center. E ancora sconto del 10% sui trattamenti nella MySpa, sconto del 10% sugli acquisti nello shop delle Terme, parcheggio gratuito e buono del valore di 5 euro per la visita successiva. Il tutto al costo di 105 euro a persona. È possibile infine aggiungere al pacchetto un massaggio parziale al costo complessivo di 138 euro.

Se invece dovete ancora programmare la vostra vacanza a Merano, è possibile scegliere tra le oltre 150 strutture ricettive partner distribuite nel territorio. Tra queste, l’Hotel Pollinger**** di Merano propone il pacchetto “Cozy stay in Merano”. L’offerta comprende: 4 pernottamenti in mezza pensione con colazione a base di prodotti regionali e cena gourmet, 1 aperitivo di benvenuto, 1 entrata di 2 ore alle Terme di Merano, 1 entrata ai Giardini di Trautmansdorff. Il tutto a partire da 561 euro a persona.

Terme Merano
tel. 0473.252000
www.termemerano.it


Lunedì 22 maggio 2023 al Golf Club Alpe della Luna - Borgo Pace per raccontare il territorio

È ora pronto per essere presentato (e usato) il progetto “Tales Of Urbino – navigatore di storie”: per una promozione turistica che è anche narrazione di storie e conoscenza. È vivere e permettere di vivere il territorio entrandone nel profondo per un’esperienza vera e originale attraverso storie raccontate con podcast geolocalizzati. L’appuntamento è per il 22 maggio alle ore 16 al Golf Club Alpe della Luna a Borgo Pace.

Il progetto è realizzato da una rete di 9 microimprese del territorio (con capofila Urbino Incoming). Si tratta di un esempio virtuoso di collaborazione territoriale tra più partner: dall’associazione Lands Of Urbino con cui è stato ideato il progetto con il supporto della Galleria Nazionale delle Marche, all’Università di Urbino che ha curato la parte scientifica dei contenuti, all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche ISIA che ha progettato le grafiche social.  Il tutto accompagnato dalla professionalità di un destination manager come PM di progetto Flavia Fagotto.

Un progetto, concepito nel 2022, grazie ad un contributo ottenuto partecipando ad un bando del Gal Montefeltro Sviluppo, per raccontare il territorio in modo innovativo facendo emergere le caratteristiche socio-culturali, architettoniche, di linguaggio, di abitudini che caratterizzano ogni luogo, ogni ambiente, ogni città, ogni attività.
Per questa narrazione si è scelta la piattaforma Loquis, innovativa e funzionale, per la diffusione di podcast georeferenziati su 50 dei principali elementi di attrazione del territorio coinvolto, spesso scarsamente conosciuti e pubblicizzati ma di grande appeal, in lingua italiana e inglese. Tali elementi sono stati individuati grazie agli stimoli dati sia dagli operatori sia dai comuni stessi e selezionati sulla base dei target potenziali della destinazione e dei loro interessi.
Si tratta di contenuti semplici da fruire che permettono all’ascoltatore di immergersi nella destinazione grazie alla tecnica dello storytelling.
Spiega Federico Scaramucci, di Urbino Incomig, capofila della rete che ha presentato il progetto. “Un sentirsi nei luoghi e non solo sentirne parlare, grazie a una narrazione che è allo stesso tempo promozione, che incuriosisce con temi originali e spesso poco conosciuti, dando informazioni che possono essere trovate in modo semplice grazie alla modalità di fruizione dei podcast. Una voce del territorio che può accompagnare gli interessati prima, durante, ma anche dopo il viaggio. Inoltre risponde ad una necessità evidenziata dagli operatori di rendere accessibili le informazioni relative alle eccellenze territoriali, a cui spesso il turista che arriva nel territorio ha difficoltà ad accedere, e che scopre (se le scopre) in maniera casuale.”.

Si punta a ispirare e motivare il viaggiatore ad approfondire la propria esperienza sul territorio, rendendo l’esperienza unica e memorabile.

Sottolinea Flavia Fagotto destination manager e project manager “Tales Of Urbino – navigatore di storie ha due obiettivi principali: sistematizzare l’offerta delle risorse ed eccellenze territoriali e sistematizzare il racconto del territorio. Un gioco di squadra che porta vantaggio in primis al territorio, facendolo emergere e rendendolo più visibile e accessibile, ma anche a tutti i soggetti coinvolti. Tutta l’area dei 27 comuni potrà godere di contenuti innovativi e facilmente fruibili che consentono una nuova visibilità al territorio grazie all’utilizzo del podcast, del racconto e della georeferenziazione che consente di potersi muovere in libertà sul territorio; un fascino nuovo grazie alla scoperta di luoghi e storie spesso ignoti; maggiore accessibilità perché il turista potrà organizzare sempre meglio la propria vacanza su misura. Gli operatori avranno a loro volta grazie ad una maggiore visibilità della destinazione e di contenuti di valore ad essa collegati, una maggiore potenzialità di essere intercettati dai viaggiatori, anche internazionali. Potranno prepararsi per un servizio all’altezza delle aspettative per rendere unica l’esperienza di turisti sempre più viaggiatori consapevoli”.

Un progetto che vuole far vivere, davvero, quello che sono le meraviglie, i servizi, le esperienze e la storia di cui i nostri territori sono ricchi. Fruibile da tutti e per tutti.

I comuni toccati dal del progetto:
Acqualagna, Apecchio, Belforte all’Isauro, Borgopace, Cagli, Cantiano, Carpegna, Fermignano, Frontino, Isola del Piano, Lunano, Macerata Feltria, Mercatello sul Metauro, Mercatino Conca, Monte Calvo in Foglia, Montecerignone, Montegrimano, Peglio, Petriano, Piandimeleto, Pietrarubbia, Piobbico, Sant’Angelo in Vado, Sassocorvaro – Auditore, Tavoleto, Urbania, Urbino.


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Una pizza margherita costa il 30% in più rispetto a un anno fa (Bloomberg).

Mentre l’inflazione in Italia è attualmente all’8.3% (Istat).

Come mai questo divario? Una possibile spiegazione si trova a 1000 km ad ovest di Napoli, in Spagna. Seguendo le ultime statistiche di Reuters, il paese produttore del 40% di olio nel mondo quest’anno ha sofferto una siccità senza precedenti che ha distrutto quasi la metà degli uliveti.

Gli esperti prevedono un crollo di quasi il 50% della produzione per il 2023, riducendo le scorte mondiali di olio d’oliva del 10%. In Italia, il prezzo dell’olio d’oliva è salito di oltre il 30%. Ma non è solo l’olio d’oliva ad alzare i prezzi delle nostre pizze. Alla base di una pizza ci sono diverse materie prime come: farina, pomodori, mozzarella e soprattutto energia.

Ognuno dei quali appartiene ai due settori più colpiti dall’inflazione secondo il Fondo Monetario Internazionale (FMI): quello energetico e quello alimentare. Vediamoli nel dettaglio attraverso le analisi del famoso Pizza Margherita Index di Bloomberg.

Pizza Margherita Index: cosa ci dice sull’Inflazione in Italia?

Il Pizza Margherita Index è l’indice elaborato da Bloomberg per monitorare gli effetti dell’inflazione sui consumi più basilari in Italia. Usando i dati dell’Istat e dell’Ismea (l’Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) tiene conto dei prezzi dei quattro ingredienti base per una pizza (farina, pomodori, mozzarella e olio d’oliva) e il consumo di elettricità necessario per cucinarla in un forno elettrico domestico.

I prezzi di elettricità e gas in Italia sono stati soggetti a rincari e a una forte volatilità dovuti da due anni di pandemia e lo scoppio del conflitto Russo-Ucraino. Nonostante una decrescita nei primi tre mesi del 2023, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha avvertito un ritorno degli aumenti in bolletta con rispettivamente un +25% in bolletta luce e +15% in bolletta gas.

Oltre ai costi per l’energia, l’olio d’oliva è aumentato del 43.7% a marzo 2023 rispetto allo stesso prezzo di marzo 2022, la mozzarella costa in media il 27% in più, seguita da farina (+22%) e pomodori (+10%) (Borsa Merci Telematica Italiana (Bmti)).

Il risultato: un maxi rialzo del 30% sul prezzo finale del nostro amato piatto nazionale fatto in casa. Infatti, se si considera il prezzo della pizza preconfezionata, Bloomberg ha registrato un aumento di solo il 9.9%.

Questi dati ci dicono molto sul peso dell’inflazione sui carrelli spesa degli Italiani e non solo. Infatti, a prescindere dalla pizza si tratta di ingredienti che spesse volte (se non sempre) sono nella lista spesa di una famiglia italiana tipo.

Quanto Pesa l’Inflazione agli Italiani?

Purtroppo, secondo le analisi del World Economic Forum l’economia globale sta entrando in un periodo di inflazione permanentemente più elevata, alimentata da quattro forze: la deglobalizzazione, il cambiamento climatico, la spirale salari-prezzi e i mercati globali altamente liquidi (Chief Economists Outlook: Maggio 2023).


A Bologna chiude l’Osteria de’ Poeti e finisce definitivamente un’epoca…

L’Osteria de’ Poeti di Bologna, è – era? – una cantina intrisa di storia e cultura, con la caratteristica scala che scende sotto la sede stradale, dell’antico palazzo senatorio Sampieri Cospi, con volte a vela, grande camino e pozzo originali del ‘400, come i tanti utensili d’epoca, appesi alle pareti, ma ancora utilizzati per preparare le specialità tipiche bolognesi della tradizione, consumate da bolognesi e non, perché non solo si beveva lì, ma si mangiava molto bene (DiMondi! in dialetto bolognese). E’ stato uno dei luoghi più noti e amati dai così detti “biassanot” (i viveur della notte) – visti anche veri vip quali le Spice girls, Brad Pitt e Angelina Jolie, Bono Vox degli U2 e, a lungo, Francesco Guccini ospite fisso, quasi padrone di casa che ricorda l’Osteria de’ Poeti con nostalgia e dolcezza, quando negli anni ‘60 – dice lui – “eravamo studenti senza un soldo e con me c’era anche l’etologo Giorgio Celli (scomparso nel 2011 ) ogni tanto Lucio Dalla, e il poeta dell’avanguardia più importante all’epoca, Adriano Spatola, il Gruppo 63, e Vincenzo Cioni, professore di filosofia” –.

Guccini ricorda che “quella” era un’osteria vera (allora si chiamava “l’hustari dri dal Ren”, l’osteria dietro al Reno): un bicchiere di vino costava 25 lire e così anche un uovo sodo (!) e si chiudeva alle otto di sera…. L’oste (all’inizio era Paolo) dava la cartina con sale e pepe e l’aperitivo era quello…  Gli studenti ci andavano perché si spendeva poco e, ogni tanto, si suonava (non è che all’epoca fossero tutti entusiasti nelle osterie di avere gente che faceva casino alla meno peggio… perché tra i frequentatori, i più erano anziani, mezzi addormentati davanti al quartino di vino)… Poi c’erano i vicini di strada che si lamentavano dei rumori e così il più delle volte si andava “ai Poeti” per bere un bicchiere, chiacchierare un po’ e vedere… se c’era qualche tipa che ci stava…. (bei tempi!)

L’ultima ricchezza rimasta dalle traversie finanziarie, sono le bottiglie davvero pregiate – di vini di tutti i generi, champagne e pezzi storici compresi – andate a ruba a prezzi di grande “svendita” (anche al 60% del valore di mercato) giovedì 11 maggio in mattinata all’Istituto vendite giudiziarie di via Ca’ dell’Orbo a Castenaso (prima periferia bolognese) dove il commercialista Pasquale Asteriti e l’avvocato Emanuele Bracci, hanno messo all’asta tutte quelle di vino e di distillati (più di 3 mila pezzi) custodite da decine di anni nella cantina della storica osteria, dopo la dichiarazione di fallimento della società che l’aveva in gestione negli ultimi anni (la Volpi srl) dopo gli esercizi – fallimentari anche questi – di due anziani coniugi con i loro due figli e un commercialista che (a partire dal 2004) si sono alternati nel ruolo di amministratori.  Nel 2019 ci fu il sequestro preventivo per un’inchiesta della Guardia di Finanza (bancarotta fraudolenta) e serrande definitivamente abbassate dal marzo 2020 e muri subito venduti a una società di leasing; si parla di un valore di 2,3 milioni “liquidati” per 1 milione e 700mila euro.

Tornando all’asta di realizzo, tra i pezzi più ambiti, c’erano bottiglie di Champagne, Supertuscan, Cognac e Armagnac. Più del 90% delle bottiglie è stato venduto nel primo giorno, agli oltre 400 intervenuti. Tra i vini portati a casa dagli acquirenti, un “Masseto” (fra i migliori vini italiani, anche uno dei più costosi sul mercato, con il prezzo medio che supera i 700 euro) e poi “Bordeaux” e “Chateau” francesi (a 1000 euro a bottiglia) vini che sul mercato hanno prezzi anche oltre i 1600 euro. E poi “Sassicaia” e “Ornellaia” venduti a circa un terzo del valore di mercato (a 1000 euro a bottiglia…). Anche un cognac Delamain del 1935 e due Armagnac del 1950 e del 1951.

Con l’Osteria de’ Poeti finisce definitivamente un’epoca. Restano a memoria i “fasti del tempo che fu”… i ricordi di chi può ancora dire: “Io, lo so… c’ero!”.

Osteria de’ Poeti
Via de’ Poeti, 1/b
Bologna


horeca-news_Amaro-Guelfo-medaglia-doro-al-Concorso-Internazionale-di-Lione

L’importante riconoscimento assegnato a Guelfo Spirits da una giuria di sommelier in occasione dell’evento dedicato al mondo dei vini, delle birre, dei liquori e dei distillati
Medaglia d’oro al bresciano Amaro Guelfo assegnata in occasione della tredicesima edizione del Concours International de Lyon, tenutosi il 24 e 25 marzo: 1200 assaggiatori selezionati, provenienti da tutto il mondo, hanno degustato e valutato 157 categorie di liquori e distillati, assegnando il prestigioso premio al giovane amaro, che ha da poco festeggiato i suoi primi cinque anni di vita.
Il riconoscimento di Lione è solo l’ultimo di numerosi premi ricevuti: Amaro Guelfo è stato, infatti, per due volte medaglia d’argento al Meiningers International Spirits Award ISW del 2018 e all’International Taste Awarddel 2020 e medaglia di bronzo al London Spirits Competition del 2019; Amaro Guelfo 18, risultato di un processo che utilizza un brandy invecchiato 18 anni, ha ricevuto invece due medaglie di bronzo all’International Taste Award del 2020 e al World Liquor Awards del 2023.
Premi che testimoniano, quindi, la qualità dei prodotti ampiamente riconosciuta anche dai consumatori: sin dalla sua nascita, e nonostante il periodo pandemico, l’azienda Guelfo Spirits,  infatti non ha mai smesso di crescere e lo scorso anno ha dato il via alle esportazioni negli USA, rispondendo ad una domanda sempre più intensa da parte del mercato statunitense.

LE ORIGINI
Se l’Amaro Guelfo nasce nel 2017, le sue origini risalgono ad un tempo più lontano: è infatti il risultato della curiosità e della creatività di una persona appassionata di botanica, che si divertiva a sperimentare, miscelando erbe e fiori del suo orto nella provincia di Brescia, creando infusi e liquori home-made. Nipoti e amici di Guelfo Ronconi – questo era il suo nome – sono partiti proprio dalle sue sperimentazioni, aggiungendo ad oltre 20 erbe un Brandy invecchiato di tre anni e creando, di fatto, un liquore originale e unico nel suo genere. I sapori prevalenti sono quelli dell’arancia dolce e amara, della menta piperita, della liquirizia e della genziana: materie prime che sono trattate con metodi naturali e con tecniche differenziate in base al risultato che si vuole ottenere. Ad esempio, per ottenere oli essenziali di arancio dolce, amaro e limone di ottima qualità e durevoli, si procede alla spremitura a freddo delle bucce e alla distillazione sottovuoto a basse temperature. La spremitura a freddo è un processo meccanico, regolato da una temperatura costante, che consente di mantenere inalterate le caratteristiche fisiche e nutrizionali delle erbe e dei fiori, permettendo alle proprietà organolettiche di rimanere intatte; la distillazione sottovuoto è un processo di separazione termica che prevede un tempo di permanenza breve e una bassa temperatura di evaporazione, il che consente al prodotto di subire uno stress termico davvero minimo.

IL PROGETTO ARTISTICO
In occasione della proclamazione di Brescia e Bergamo Capitale Italiana della Cultura 2023, Amaro Guelfo ha stretto una collaborazione con 12 artisti del territorio che si sono dedicati alla creazione di 12 etichette originali, una per ogni mese dell’anno, stampate in 144 bottiglie numerate e firmate. Il progetto si intitola “Amaro Guelfo 12×12 Art Collection” e l’etichetta di aprile è opera di Laura Pedizzi, giovane artista figurativa bresciana, che mette al centro delle sue realizzazioni soggetti femminili.

Per maggiori informazioni:
https://amaroguelfo.it/
https://www.instagram.com/amaro_guelfo/?hl=it
https://www.facebook.com/amaroguelfo/?fref=mentions


“U Cabanin”: il buon formaggio che si produce con il latte delle Cabannine

Diciamocelo francamente, il ritorno alla vita è particolarmente piacevole in alcune giornate. Il regno del sonno viene abbandonato con il sorriso sulle labbra e ci si avvicina con gioia e spensieratezza ai sapori della colazione. Un caffè soltanto, o una fantasia di confetture, del salato, magari impreziosito da qualche tipicità regionale: in poche parole sia ha voglia di vivere! E’ quanto mi succede ogni volta in cui debba andare alla scoperta di un prodotto tipico che ancora non conosco, di un territorioche non ho visitato, di una storia di gente e lavoro, di passioni e speranza.

E’ successo ancora qualche giorno fa. Dopo essermi alzato, ho consumato la mia colazione e mi sono fiondato sulle alture di Genova. Sono così arrivato in località Scabbiamara, nel Comune di Rezzoaglio, a circa 1000 metri di altezza per assaporare un formaggio che qui amano chiamare “U Cabanin”.

Ad ospitarmi Simona, Ugo e il loro figlio Thomas. Sono dunque presso l’Azienda Agricola Petramartina. Da qualche anno i miei ospiti lavorano con l’intento di salvaguardare e selezionare una razza bovina autoctona di questo lembo di terra: la Cabannina. E’ una razza tipica ligure che deve il suo nome alla frazione di Cabanne, sempre nel comprensorio di Rezzoaglio, in Alta Val d’Aveto, che ne è stato un centro importante per l’allevamento.

E’ una razza a duplice attitudine, carne e latte, che abbiamo rischiato di perdere ed è grazie a pochi temerari che oggi, pur contando poche centinaia di capi, circa 700, è ancora viva e prolifera. Per fortuna e lungimiranza qualcuno ha pensato di custodire il seme di alcuni capi del passato e questo consente oggi di non avere consanguineità nelle mandrie.

Il lavoro di Ugo, che si occupa prevalentemente dell’allevamento, è caratterizzato dal fine di avere una selezione di animali perfettamente corrispondenti agli standard della razza. Un allevamento che vive immerso in un ambiente montano sano, in cui i soggetti possono nutrirsi al pascolo per svariati mesi dell’anno e godere di ring e stalle adeguate dove stazionare nei mesi più freddi.

Ugo punta alla produzione del latte con il quale Simona e Thomas producono ottimi formaggi: tra questi proprio “U Cabanin”. Il latte delle mucche di razza Cabannina ha un buon rapporto grasso/proteine che lo rende particolarmente adatto alla caseificazione. In termini quantitativi una Cabannina produce dai 12 a 22 litri di latte al giorno con le dovute differenza da soggetto a soggetto. E’ un latte saporito, nutriente e di facile digeribilità.

Come bovino la Cabannina è un animale docile, più piccolo rispetto ad altre razze ma decisamente rustico e di aspetto importante. Il colore del mantello è scuro e la tipica riga mulina di colore crema posizionata sul dorso lo rendono distinguibile a distanza. Ha occhi dolci e le orecchie posizionate orizzontalmente; la longevità di questa razza può fare registrare capi anche con 24 anni e con 15 lattazioni nel corso della vita.
E il formaggio? Premetto che in Azienda ne vengono prodotti di varie tipologie, erborinati compresi, e poi ricotta, yogurt, ma è “U Cabanin” che ha stimolato la mia curiosità. E’ il formaggio della tradizione locale, che si fa da tempi remoti, lo si produce a latte crudo scaldandolo ad un massimo di 39 gradi di temperatura: si utilizza caglio di vitello in pasta.
Dopo un’ora circa di attesa della cagliata la si rompe con la lira riducendola a piccoli grani non più grandi di un chicco di mais. Il passaggio successivo della lavorazione è la classica separazione della cagliata dal siero, che Simona utilizza per produrre la ricotta, e a ruota si procede con una seconda rottura della cagliata totalmente manuale.
Si procede poi con il riempimento delle forme per modellare il formaggio, sono forme microforate che consentono sotto pressa di espellere ancora il siero rimanente. All’interno della forma con la pasta si inserisce il marchio per la tracciabilità del formaggio.
Sotto la pressa ci rimane dalle 3 alle 4 ore mentre in salamoia dalle 2 alle 3 ore, prima di raggiungere gli spazi adibiti alla stagionatura. Stagiona un minimo di 2 mesi dopo di che, come tanti altri formaggi, più stagiona più diventa apprezzabile. Al momento della salamoia, dopo il passaggio sotto la pressa, le forme di “U Cabanin” hanno un peso che si aggira sui 2 kg che diventano un kg e 7 cento grammi circa dopo la prima fase di stagionatura.
E’ un formaggio molto buono, grazie all’alta qualità del latte, e a seconda della stagione, in base all’alimentazione degli animali, offre differenti sfumature al palato. Ottimo come formaggio da taglio e anche come ingrediente più che interessante per ricette sfiziose. E’ chiaro che il buon andamento dell’allevamento degli animali consente all’Azienda di avere un’ottima materia prima e conseguentemente una caseificazione di alto valore.

Tutti i formaggi di Petramartina sono prodotti in modo artigianale mediante l’esclusivo utilizzo del proprio latte, la stagionatura si svolge in un ambiente naturale con umidità controllata e temperatura costante.

Bovine, latte e formaggi, ma non dimentichiamo l’amore, la passione, il mettersi in gioco per lavorare a 1000 metri con le dovute problematiche ambientali. Ma è grazie a queste persone se molti territori non sono stati definitivamente abbandonati e dimenticati. Questo impegno, a 365 giorni all’anno, significa molto per tutti. E poi “U Cabanin” è davvero un formaggio buono.

(Fabrizio Salce)

Azienda Agricola Petramartina
Loc. Scabbiamara, 4 – Rezzoaglio (GE)
+39 – 335 6299577
info@petramartina.com


Il “The Telegraph” invita i suoi 27 milioni di utenti ad un tour culturale “felliniano” tra Rimini e Parma

Un tour culturale “felliniano” tra Rimini e Parma e uno enogastronomico in Emilia-Romagna sono le proposte di viaggio che il quotidiano The Telegraph (734 mila lettori nella versione cartacea e 27 milioni di utenti mensili), annovera tra le 30 migliori vacanze italiane nell’articolo della giornalista Kiki Deere “30 of the greatest Italian holidays” (“30 delle migliori vacanze italiane”) – Nel pezzo uscito sabato 29 aprile, un pacchetto  di due giorni al “Fellini Museum” di Rimini, a 30 anni dalla morte del Maestro, cui abbinare la mostra dedicata al regista alla Fondazione Magnani Rocca di Parma, e una “incursione enogastronomica” tra le eccellenze culinarie dell’Emilia-Romagna

L’Emilia-Romagna del gran cinema con Federico Fellini, e del buon cibo sono per The Telegraph due fra le 30 migliori vacanze in Italia.

Le proposte – un itinerario tra Rimini e Parma alla scoperta della vita personale e professionale del Maestro riminese a 30 anni dalla sua scomparsa, e l’Emilia-Romagna delle eccellenze enogastronomiche – sono state consigliate dalla giornalista Kiki Deere nell’articolo “30 of the greatest Italian holidays” (“30 delle migliori vacanze italiane”), apparso sabato 29 aprile nel prestigioso quotidiano del Regno Unito (734 mila utenti nella versione cartacea e 27 milioni di utenti mensili nelle sue versioni online e mobile, a pagamento).

Il 2023 è l’anno delle celebrazioni del noto regista Federico Fellini e delle sue grandi pellicole come “Amarcord” (uscito nelle sale 50 anni fa), “I vitelloni” (che quest’anno compie 70 anni), “8½” e “E la nave va” (che spengono rispettivamente 60 e 40 candeline). Buon punto di partenza di questa vacanza in Emilia-Romagna, è la visita al Fellini Museum” di Rimini, suggerisce la reporter, unico Museo Diffuso che si struttura a Rimini in tre spazi distinti, Castel Sismondo, Palazzo del Fulgor e Piazza Malatesta. L’ingresso al Museo è inserito in un pacchetto di due giorni organizzato da Visit Rimini, Destination Management Company di Rimini.

Per un approfondimento ulteriore, si può salire la Via Emilia fino a Parma, dove fino al 2 luglio – prosegue Deere nell’articolo – la Fondazione Magnani Rocca di Parma ospita la mostra speciale “Fellini. Cinema è Sogno”. Un omaggio al Maestro attraverso l’esposizione di costumi di scena, locandine dei film, disegni di Fellini, oltre a rare fotografie d’epoca.

Parma Capitale della Food Valley e delle specialità enogastronomiche è oggetto della seconda proposta che vede protagonista l’Emilia-Romagna. Una vera e propria incursione nell’enogastronomia d’eccellenza regionale, cuore goloso dell’Italia”, afferma Kiki Deere, dove “Parmigiano Reggiano, Prosciutto di Parma, Aceto Balsamico Tradizionale e lasagne sono di casa”.

Un tour nell’Emilia del gusto, in compagnia della chef, scrittrice e personaggio televisivo Valentina Harris, che include una lezione di pasta fresca e la visita ai mercati e ai produttori locali, per conoscere il “dietro le quinte” della lavorazione di queste specialità. Senza dimenticare, conclude la giornalista, “la visita a gallerie e musei rinvigorita da pranzi e cene in ristoranti tradizionali”. Anche qui un riferimento al pacchetto, proposto da Kirker Holidays.


Mortadella Bologna è leader del settore web e social per la categoria Salumi DOP e IGP

A due anni dal lancio della nuova Brand Identity e grazie ad una intensa e programmata attività digital, il Consorzio italiano tutela Mortadella Bologna è oggi leader del settore web e social per la categoria Salumi DOP e IGP

L’ultima Assemblea del Consorzio italiano tutela Mortadella Bologna, che ha visto la conferma di Guido Veroni alla presidenza, è stata anche l’occasione per presentare i risultati raggiunti nei diversi settori nel corso del 2022.

Tra questi, i traguardi conseguiti dall’attività web e social hanno segnato record storici per il Consorzio e, più in generale, per il comparto dei Salumi DOP e IGP italiano.

Si tratta di un percorso iniziato due anni fa quando il Consorzio avvia un restyling completo della propria Brand Identity, studia un nuovo nome e un nuovo logo, mettendo in atto una nuova strategia di comunicazione basata sul potenziamento della Brand Awarness con un diverso posizionamento, unico e distintivo della Mortadella Bologna IGP.
Dopo una prima fase di ascolto e analisi della rete per l’individuazione dei gusti e delle abitudini di ricerca del consumatore, ha preso così il via una campagna di comunicazione integrata, contraddistinta dal claim “Godersi la vita, dal 1661”, realizzata dall’agenzia FGMC. Nel primo anno è stato privilegiato l’investimento sul mezzo Tv, atto a garantire il potenziamento della Brand Awareness, a partire dal 2022 ci si è concentrati, invece, sui canali online, coinvolgendo tutti i touch point digitali del Consorzio.Punto di partenza è stato il restyling completo del sito web, sia da un punto di vista tecnico – anticipando i tempi di quanti oggi lavorano con l’Intelligenza Artificiale – che contenutistico attraverso lo sviluppo di nuove tematiche e di una miglior esperienza di fruizione. A seguire, la riorganizzazione concettuale dei Social Media che ha portato all’individuazione di una nuova Social Media Voice e relativa strategia di sviluppo.
Di grande impatto la “content strategy” con la realizzazione di oltre 300 contenuti fra Reel, Long-video e ricette originali e che ha visto nel format “I Viaggi nel Gusto” la punta di diamante di questa strategia.
Una scelta che si è sviluppata anche attraverso il consolidamento di una rete di oltre 100 influencer fra acclamate star e giovani promesse, ingaggiate sia per le attività live di show-cooking che per la produzione di elaborati declinati per il digitale.

Tutto questo ha messo le basi per garantire nell’ultimo anno una crescita con risultati a sei cifre su tutte le properties:

Più di 100 milioni di copertura di audience sui canali digitali (paid e organico)
Più di 800 mila visualizzazioni video (Thruplay)
Più di 70 milioni di impression su Google, Meta e campagne programmatic
Più di 1 milione di traffico sul website (+300% negli ultimi due anni)

Numeri importanti che qualificano il Consorzio e il suo sito web come punto di riferimento tra quelli del panorama consortile agroalimentare tutelato. Una strategia vincente che, associata ai numerosi eventi sul territorio, ha consentito al Consorzio di allargare il proprio bacino di utenti, intercettando al meglio il target più giovane che è entrato in maniera importante a far parte della community di affezionati della Regina Rosa dei Salumi.


I distillati preferiti dalla Royal Family, da bere sabato 6 maggio per l’incoronazione di Re Carlo III

Il 6 maggio sarà giorno di festa per tutto il Regno Unito che già si prepara ad assistere all’incoronazione del nuovo Re, Carlo III, che avverrà nella famosa Abbazia di Westminster proprio durante il 70esimo anniversario dell’incoronazione di sua madre, la Regina Elisabetta II.

In occasione delle grandi celebrazioni, sono resi noti i menu che accompagneranno i festeggiamenti: annunciata la “Coronation Quiche” una torta salata a base di cheddar e spinaci, insieme ad altri piatti amati dalla Casa di Windsor. È noto che la Regina Madre, scomparsa nel 2002 a 101 anni, prediligeva anche i cocktail (ne beveva quattro al giorno) come il Gin & Tonic o il Martini. Anche i Reali hanno dunque una “Beverage List” preferita in cui rientrano, naturalmente, vini e distillati di grande spessore che per questo sono annoverati come fornitori ufficiali.

Ecco quindi qui una selezione dei “distillati del Re”, i prediletti in assoluto dalla Royal Family.

Gin Buckingham Palace

Buckingham Palace Gin è stato lanciato per la prima volta a luglio 2020. Questo distillato ha un’origine reale unica, con molte tra le sue componenti botaniche agrumate ed erbacee raccolte nei giardini dello stesso Buckingham Palace, sotto la supervisione del giardiniere Mark Lane.

Sua Maestà la Regina Elisabetta d’Inghilterra ha svolto un ruolo attivo nella creazione di questo gin assaggiando i sample di volta in volta proposti.

Buckingham Palace è un London Dry gin, prodotto in small batch di circa mille bottiglie alla volta in pot still tradizionale. Ha un volume alcolico di 42%.La verbena, il biancospino, l’alloro, il gelso sono alcune tra le dodici componenti botaniche selezionate nei giardini, mentre i fiori di camomilla sono utilizzati per una componente floreale.

Il ginepro, i semi di coriandolo e le altre componenti botaniche utilizzate in Buckingham Palace Gin sono invece raccolti nei migliori campi da tutto il mondo.
Insieme alle foglie d’alloro, le migliori arance dolci e amare spagnole rendono Buckingham Palace Gin unico.

Note degustazione:
Al naso risulta fresco con note agrumate che spiccano sulle altre botaniche, leggero è invece l’aroma di bacche di ginepro.
Al palato si avvertono i sapori di verbena, biancospino, alloro, gelso e fiori di camomilla. Il mix risulta complesso e armonioso portatore di note dolci e floreali.

Porto Taylor’s

Taylor’s fin dal 1692 è sinonimo di Porto per eccellenza. Prodotto da un’azienda a conduzione familiare che possiede le “Quintas” (tenute) più pregiate nella regione dell’Alto Douro, questo vino è ancora fatto con le migliori uve e con quella accuratezza e competenza che lo rendono veramente eccezionale e unico al mondo. Detiene il sigillo di Fornitore Ufficiale della Casa Reale d’Inghilterra. Apprezzato dai conoscitori di ogni Paese, il Porto Taylor’s ha ottenuto anche i maggiori riconoscimenti nelle competizioni internazionali e sulla stampa specializzata di tutto il mondo.

Il Vintage Classic Port di Porto Taylor’s è addirittura tra i migliori e i più rari tra tutti i vini Porto. Invecchia in legno per due anni, poi passa in bottiglia dove riposa per anni o decenni in cantina. Questo Porto forma un sedimento naturale ed è opportuno decantarlo. E’ un sontuoso prodotto da meditazione.

Cognac Hine

Fondata nel 1763 da Thomas Hine , la Maison Hine è una delle più antiche aziende produttrici di Cognac. Per i suoi distillati utilizza esclusivamente le uve prodotte nei due cru più prestigiosi della regione, la Grande e la Petite Champagne. Tutti i suoi Cognac sono invecchiati per un periodo molto superiore ai requisiti di legge. Nei suoi 250 anni di storia, la Maison Hine si è inoltre affermata in tutto il mondo come grande specialista nella produzione dei millesimati, un’autentica rarità nel settore del Cognac. La superba reputazione internazionale di Hine è confermata dai 30 premi e riconoscimenti ottenuti negli ultimi cinque anni dalla Maison. Hine è inoltre l’unica azienda di Cognac a detenere l’esclusivo Royal Warrant, vale a dire il sigillo di fornitore ufficiale della Casa Reale d’Inghilterra. In anni particolari, quando il clima consente una vendemmia di qualità eccezionale, la Maison Hine conserva una piccola quantità di Cognac distillati esclusivamente dalle uve del cru più prestigioso, la Grande Champagne. Sono i millesimati (vintages), di cui la Hine ha messo assieme nei secoli una collezione che non eguali nel settore. I millesimati vengono invecchiati e affinati nelle cantine Hine e Jarnac, in condizioni di temperatura e di umidità che garantiscono l’ottenimento di distillati eleganti, corposi e straordinariamente complessi. Alcuni millesimati Hine sono invece trasportati in fusti a Bristol, in Inghilterra, per invecchiare oltre Manica, secondo un’antica usanza dell’Ottocento: tali millesimati vengono detti Early Landed Cognac. Con temperature medie più basse e tassi d’umidità più alti rispetto a Jarnac, i millesimati invecchiati a Bristol acquistano e mantengono note più delicate, leggere e fruttate.

Rinaldi 1957 S.p.A.
V.le A. Masini, 34
Bologna (Italia)
info@rinaldi1957.it


Da lunedì 8 maggio, torna “Centomani di questa Terra”

I migliori chef e produttori delle eccellenze enogastronomiche dell’Emilia-Romagna tornano a incontrarsi a Polesine Zibello (PR). Appuntamento l’8 maggio

Lunedì 8 maggio dalle ore 10 alle 18 all’Antica Corte Pallavicina dei Fratelli Spigaroli a Polesine Zibello (Parma) si svolgerà la nona edizione di “Centomani di questa Terra”, l’evento dell’Associazione culturale CheftoChef, promosso, quindi, dai migliori chef e produttori della regione Emilia-Romagna. Era dal 2019, per le note vicende pandemiche degli anni seguenti, che non si celebrava questo importante evento cultural-gastronomico.

Come sempre sarà ricco e articolato il programma della lunga giornata, fra degustazioni, analisi sensoriali, forum, cooking demo e comizi agrari.

Si parte alle 10 con l’apertura del mercato dei produttori, aziende e consorzi, che presenteranno le loro eccellenze, anche attraverso degustazioni e analisi sensoriali. Saranno presenti anche i gazebo di alcune delle Città della Gastronomia CheftoChef: Parma (città creativa UNESCO per la gastronomia), Polesine Zibello PR, Fiorenzuola PC, Borgonovo Valtidone PC, Russi RA, Cesenatico FC e Roncofreddo/Valli del Rubicone FC.

Prenderanno parte a Centomani, per la prima volta, anche gli chef e i produttori di RavennaFood/CheftoChef (l’estensione ravennate dell’associazione) con le loro proposte gastronomiche tradizionali rivisitate in chiave moderna.

In contemporanea inizieranno anche i Forum dal titolo “RistorAzioneFuturo”, che saranno condotti dal noto scrittore, autore e conduttore, anche di numerose trasmissioni gastronomiche, Alfredo Antonaros. I Forum rappresentano tre momenti di confronto e dibattito per riflettere con chef, produttori, gourmet e specialisti sul contributo dell’Emilia-Romagna nel panorama della Cucina Italiana candidata a patrimonio UNESCO.

Nella prima sessione (ore 10.30) si parlerà di innovazione in cucina. Le contaminazioni fra diverse realtà gastronomiche e diverse modalità di “fare cucina” rende indispensabile una cultura plurisettoriale degli chef. L’alleanza fra cucina, scienza e medicina per nuove frontiere gastronomiche di una qualità “salutistica”.

Alle 13 prenderà il via la seconda sessione, che verterà sulle reti permanenti di formazione/lavoro. Aggiornamento professionale e formazione continua, rotazione in stage nella rete di CheftoChef, attenzione alla formazione negli istituti agrari e di gastronomia che vanno gestiti su base quantomeno regionale. Un corso strutturato di formazione-lavoro in cui la “gastronomia scientifica” fornisca garanzie occupazionali in settori di avanguardia della Food Valley per neodiplomati, come già avviene in altri settori trainanti come la Motor Valley, rafforzando i rapporti con la Catalogna.

Terza e ultima sessione, ore 15, dedicata all’impresa ristorazione, per una nuova “coscienza di luogo”. Il successo di una “cucina d’autore” è sempre più legato a una nuova identità che tenga conto di compatibilità ambientali e sociali. Un’identità inserita in filiere gastronomiche in cui il rapporto flussi/territorio costituisca una nuova frontiera per un turismo di qualità.

Dalle ore 11 saranno attive anche le isole di cooking demo e degustazioni. Qui gli chef, intervistati dagli studenti degli istituti alberghieri, si presenteranno e proporranno una loro ricetta come contributo dell’Emilia-Romagna nel panorama della Cucina Italiana candidata a patrimonio UNESCO.

Altre cooking demo e degustazioni saranno poi curate dai main partner di CheftoChef: Consorzio del Parmigiano Reggiano, Molino Dallagiovanna e Consorzio Produttori Antiche Acetaie.

Due i “comizi agrari” in programma: Le liliacee dell’Emilia-Romagna: Cipolla Borettana, Aglio di Voghiera, Aglio Nero di Voghiera, Cipolla di Medicina, Cipolla dell’Acqua di Santarcangelo, Scalogno di Romagna, a cura di Giuseppe Pasquali, al quale parteciperanno cuochi, imprenditori, agricoltori, medici e istituzioni (ore 12.30); Vini dell’Emilia-Romagna attualità e futuro con un focus sul Lambrusco, a cura di Gianmaria Cunial, al quale parteciperanno vignaioli, sommelier, agronomi ed esperti del settore enologico (ore 14.30).

In chiusura di questa edizione 2023 di “Centomani di questa terra” la cerimonia di Premiazione Studenti CheftoChef 2023 e l’aperitivo offerto dagli chef dell’associazione.

CheftoChef emiliaromagnacuochi, è l’associazione che riunisce i più rinomati cuochi e patron, i migliori produttori e fornitori di prodotti agroalimentari e i gourmets di riferimento dell’Emilia-Romagna. Presidente è Massimiliano “Max” Poggi, vice Presidente Massimo Bottura e Isa Mazzocchi. Presidenti Onorari sono Igles Corelli e Massimo Spigaroli.
L’evento è aperto al pubblico con accesso gratuito.

info@cheftochef.eu.


Mettiamoci a dieta (non solo per qualche settimana…) una volta per tutte!

La dieta per farci dimagrire deve essere quella che ci piace di più – asserisce la nutrizionista Chiara Manzi – frequente ospite di “Medicina 33” (rubrica del Tg2 Rai) – E non ci deve fare rinunciare ai piatti che amiamo di più altrimenti non sarà sostenibile a lungo termine. E… – precisa con convinzione contagiosa – E’ sbagliato pensare al cibo come rifugio, come consolazione, perché i tre pasti al giorno, devono essere tre momenti di felicità!”. A tale proposito la dottoressa Manzi, suggerisce la ricetta di un appetitoso “risotto all’onda mantecato con burro e insaporito con funghi”, un primo piatto che erroneamente molti, tolgono dalla dieta perchè eliminano i “carboidrati”… Chiara Manzi, con la sua competenza specifica, sottolinea che non si devono eliminare i carboidrati, perché così si metterebbero in pericolo cervello, reni e fegato, oltre al fatto che aumentando la quota proteica, aumenta il rischio di tumori. Quello che fa male, non sono i carboidrati, ma i picchi di glucosio che abbiamo nel sangue dopo l’assunzione di carboidrati. Quindi, se cucinato in maniera giusta, si può mangiare anche il riso, che è elemento ad alto indice glicemico, senza però avere dei picchi dopo il pasto. L’importante nella ricetta è abbinare gli ingredienti vegetali, ricchi di fibre solubili (che riducono la velocità di assorbimento dei macronutrienti come grassi e carboidrati, evitandone i picchi dopo l’assunzione: si trovano nei funghi, nelle cipolle, nei gambi dei carciofi, in cavoli e cavolfiori, nelle melanzane senza buccia, nelle zucchine e in molti altri, tranne che nei vegetali con le foglie che hanno fibre “insolubili”, come in tutte le bucce e i semini delle verdure).  In questo caso, con il riso, utilizzeremo dei funghi: quindi per 100 grammi di riso, mettiamo 200 gr. di funghi (meglio se spellati).

Lo chef Andrea Miceli, tosta il riso in una pentola antiaderente, senza alcun tipo di grasso, vi aggiunge cipolla bianca, già stufata con un po’ d’acqua e anche i funghi. Regola di sale in questa fase di cottura del riso (anziché aggiungerlo nel brodo o nell’acqua di cottura, in modo che insaporisca tutti i chicchi di riso, prima di essere diluito nell’acqua) e così, con un solo grammo di sale, otterrà un risotto davvero saporito. Così facendo, aggiungendo le fibre solubili vegetali al riso o alla pasta, avremo anche un 20% in meno di calorie e aumenteremo l’assorbimento di vitamine, sali minerali, antiossidanti, molecole della longevità, quindi provocheremo un’azione che aiuta a dimagrire mangiando di più e con  gusto. Realizzando questa ricetta con 100 gr di riso e 200 di funghi, avremo un primo più abbondante e con meno calorie di uno con 100 gr di riso in bianco condito con solo un cucchiaio di olio, che così è pure un piatto molto triste… invece la felicità, ci deve sempre accompagnare quando facciamo una dieta, perché grazie alle tecniche della medicina culinaria, impariamo a cucinare tutto ciò che ci piace e amiamo in modo corretto, perdendo anche peso, senza rinunciare alla felicità che dà un buon piatto! Tornando al nostro risotto, alla fine, lo mantecheremo con soli 10 gr di burro, un po’ di prezzemolo tritato, lo guarniremo con dei germogli di barbabietola e… buon appetito, sempre in linea!

Chiara Manzi: titolare di “Cucina Evolution” e massimo esperto in Europa in Culinary Nutrition (la branca della nutrizione applicata alla cucina e alla pasticceria) docente di “Cucina Antiaging” presso l’Università Bicocca di Milano, ricercatrice in collaborazione con l’Università di Parma, esperta di riferimento del corso di “Medicina Culinaria” dell’Università di Ferrara. Esperta di gastronomia per il TG4 (Mediaset) frequente ospite di “Medicina 33” (la rubrica, a cura di Laura Berti, del Tg2 Rai diretto da Nicola Rao) –

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Dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18 
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collaboratori rispondono al numero 0521 1640539


Fuga last minute tra mare e campagna: a Portorose e Pirano il 29 e 30 aprile una festa e un mercato contadino per celebrare la primavera

A mezz’ora da Trieste un’ottima idea per una godere di un’enogastronomia d’autore: chi è in cerca di un’idea per una fuga last minute in occasione del ponte del I° maggio ha più di un motivo per scegliere l’Istria Slovena con tutta la piacevolezza dei borghi marinari di Pirano e di Portorose, capitale europea del wellness e delle atmosfere autenticamente country style dell’entroterra.

In particolare, il 29 e 30 aprile 2023 va in scena nel villaggio contadino di Padna-Padena l’undicesima edizione della “Festa dell’olio e della bietola”, varietà speciale locale e saporito ingrediente di squisite ricette. E come ogni festa che si rispetti pensata per rendere omaggio ai regali della terra, ospiterà il mercato contadino istriano dell’olio d’oliva e delle delizie artigianali. Immancabile un nutrito programma di attività, che oltre alle degustazioni, include visite guidate alla scoperta del patrimonio storico-culturale istriano, workshop creativi per adulti e bambini, serate musicali e performance teatrali.

Tutta la bellezza di una festa accogliente e gioiosa

In occasione di questo appuntamento, gli abitanti di Padna apriranno le porte dei loro cortili, che, decorati per l’occasione, ospiteranno le bancarelle stracolme di eccellenze del territorio. L’olio là farà da padrone, non solo nelle degustazioni dei differenti produttori e dei cultivar istriani, ma anche nelle varie ricette che si potranno assaggiare e che lo vedranno abbinato alla varietà di bietola locale. Croccante e saporita, è perfetta come contorno, saltata o bollita, o come ingrediente di piatti come quello che la unisce alle patate e alla pancetta, di strudel salati, nonché di un altro grande classico istriano quale le seppie con biete e polenta.
Nel corso di questa due giorni si potrà, inoltre, fare scorta del sopraffino sale delle Saline di Sicciole, di marmellate e composte, formaggi, sottoli e vino. Molto comoda per le degustazioni la modalità: i visitatori potranno usufruire, infatti, di pratici coupon.
Nel corso dell’evento è prevista un’escursione guidata nei dintorni di Padna, abbinata alla proiezione di un film documentario sulla località, a uno spettacolo del gruppo teatrale di Dekani e a una visita alla Galleria d’artededicata Božidar Jakac, pittore espressionista sloveno.

E per chi vuole mettere alla prova la propria creatività sono in programma un laboratorio per la realizzazione di ornamenti con materiali riciclabili e un laboratorio di ceramica. A garantire la giusta atmosfera ci penseranno l’Orchestra di fiati Banda di Buie e il Duo Kazin, mentre nel corso della serata si esibiranno i gruppi Roxy Band e Platana.
Tutte le attività saranno gratuite con grande attenzione alla sostenibilità: gli organizzatori, la Comunità locale di Padna e l’Ente per il Turismo di Portorose si impegneranno a prestare la massima attenzione alla tutela dell’ambiente con l’utilizzo di imballaggi a rendere e biodegradabili, la presenza di distributori d’acqua e un servizio di navetta gratuita sul percorso Pirano-Portorose-Lucia-Sicciole-Padna.

Padna: l’autenticità intatta del tipico villaggio istriano, affacciato sul mare e sulle Alpi, e un sentiero per esplorare la zona
Questo villaggio dalle dimensioni raccolte merita una visita anche perché ha conservato intatto l’aspetto tipico di un borgo istriano ed ha ottenuto lo status di monumento protetto. È ubicato nel cuore dei colli Savrini ed è uno splendido punto panoramico, con delle vedute che si estendono dal mare fino alle Alpi.

Il sentiero che lo raggiunge è particolarmente suggestivo e si sviluppa tra uliveti che custodiscono alberi piantati oltre 300 anni fa. E se oltre all’olio gli abitanti hanno deciso di rendere omaggio anche alla bietola è per il suo importante ruolo per l’economia locale: i proventi della sua vendita vennero, infatti, utilizzati per la costruzione del campanile.
E per esplorare le bellezze della zona non c’è niente di meglio dei sentieri dedicati al patrimonio storico-culturale di Pirano e dei suoi dintorni. Caldamente consigliato quello di Boskarin, che parte da Padna e attraversa Villanova di Pirano (Nova vas nad Dragonjo), Krkavče e la valle del fiume Dragogna, fino al monumento naturale di Stena e alle cascate di Škrline che si trovano dove confluiscono i fiumi Dragogna e Rokava.

La festa non finisce qui: un ricco calendario di eventi per l’estate in arrivo!

La Festa dell’olio e della bietola sarà il primo di una serie di eventi ambientati nella dolce campagna istriana.  I primi giorni del mese di luglio (1 e 2 luglio), a San Pietro (Sv. Peter), o Šupeter, come lo chiamano gli abitanti del luogo, si terrà la Festa del villaggio, con una ricca offerta di pietanze istriane e un variegato programma di accompagnamento. I visitatori avranno l’opportunità di conoscere più da vicino il villaggio istriano con una visita guidata e di visitare il museo etnografico Casa di Tona, tipica dimora istriana rimasta intatta. Nel museo sono presenti un antico frantoio e le camere con gli oggetti personali di Tona Gorela, ultima proprietaria della casa.

Una settimana dopo, l’8 e il 9 luglio, Villanova di Pirano (Nova vas nad Dragonjo) sarà la sede della 12° Festa del vino e dell’aglio. La Festa del Vino e dell’Aglio sarà ancora una volta incentrata su gastronomia, cultura, musica e divertimento per tutti i gusti.
L’Istria slovena, a meno di mezz’ora da Trieste, ha tutti gli elementi che possono contribuire a rendere perfetto un weekend primaverile: luoghi e borghi dall’atmosfera speciale, hôtellerie di charme, cucina gourmet a lume di candela e, a Portorose, un’offerta benessere tra le più complete d’Europa, con anche spazi wellness che offrono una vista meravigliosa sul Blu dell’Adriatico.


Per le visite guidate a Padna e dintorni nei giorni della festa chiamare il numero +386 (0)40 518 563
o scrivere all’e-mail ticpadna@portoroz.si. Per tutti i dettagli del programma: www.portoroz.si


Da Cibus Connect a Vinitaly: fioccano ordini per il Natale Loison 2023

Dal Sudamerica a Taiwan, passando per il Kazakistan: decine di clienti venuti a trovare Dario Loison per conoscere le prossime novità.

Nell’iconico stand Loison di Cibus Connect e Vinitaly si sono toccati diversi angoli del globo grazie agli incontri con decine e decine di clienti italiani e stranieri venuti a trovare Dario Loison e conoscere le novità 2023: “Sono profondamente soddisfatto dei risultati ottenuti in queste manifestazioni molto importanti per piccole aziende come la nostra focalizzate sull’export – racconta l’imprenditore pasticcere di Costabissara -. In pochi giorni abbiamo rivisto e riabbracciato clienti dal Sudamerica, Taiwan, Nord Europa, Kazakistan tanto per citarne alcuni; una connessione che ha consolidato, rafforzato e migliorato i rapporti con i nostri importatori con cui operiamo da anni“.

Ciò che è avvenuto in occasione di Cibus Connect e Vinitaly – conclude Loison – è il risultato di un grande lavoro a distanza che si costruisce giorno dopo giorno con la trasparenza dei rapporti con i propri clienti: prova ne è che è appena trascorsa la Pasqua che stiamo già ricevendo ordini per il Natale 2023, con mesi di anticipo rispetto alle normali tempistiche di ordinazioni“.

Dopo Cibus Connect e Vinitaly, Loison sarà a TuttoFood a Rho (Mi) dall’8 all’11 maggio presso il Padiglione 3 allo Stand H32.

Loison Pasticceri dal 1938
via Pasubio, 6
36030 Costabissara (VI) – Italy
Tel: +39 0444 557844
Fax: +39 0444 557869
www.loison.com
loison@loison.com
ORARI NEGOZIO
Dal Lunedì al Venerdì:
08:30 –  13:00
14:30 – 19:00
Sabato e Domenica: CHIUSO
ORARI UFFICIO
dal Lunedì al Venerdì: 8.30 – 18.00


Venerdì 28 aprile è la “Giornata della Ristorazione” anche per valorizzare la gastronomia italiana

La giornata della Ristorazione celebra un tema fondamentale per il mondo della ristorazione: l’Ospitalità italiana.
Un’iniziativa popolare, inclusiva, solidale e profondamente etica che ha come obiettivo primario quello di invitare tutti gli italiani a celebrare la condivisione di un rinnovato sentimento di comunità.
La prima edizione si svolge il 28 aprile 2023 mentre nei prossimi anni si terrà ogni ultimo venerdì di aprile.

L’idea di FIPE, in collaborazione con il Ministero dell’Agricoltura e il Ministero del Turismo, è quella di creare il primo vero grande appuntamento dedicato alla cultura della ristorazione italiana. Un’iniziativa popolare, inclusiva, solidale e profondamente etica che ha come obiettivo primario quello di invitare tutti gli italiani a celebrare la condivisione di un rinnovato sentimento di comunità. Per onorare il rito più antico dell’uomo: l’Arte del Convivio, il vivere assieme.

Il filo conduttore di questa prima edizione sarà il “Pane, Simbolo del Convivio”.

Fin dal Neolitico il pane accompagna la quotidianità dell’uomo: afferma la sua civiltà, attesta il suo ingegno e la sua creatività nel trasformare i frutti della natura in un alimento semplice ma indispensabile. È il caldo e fragrante epilogo di un lavoro meticoloso: quello di “mettere le mani in pasta”. Ogni ristorante che aderirà alla Giornatadovrà proporre una ricetta a base di pane, con la quale rendere la propria interpretazione del tema dell’ospitalità.

La Giornata della Ristorazione rappresenta prima di tutto una fondamentale occasione sociale per rifondare il senso di comunità del Paese.

L’evento vuole riunire – sotto il comune denominatore del valore dell’ospitalità – Chef e Ristoratori a tutti i livelli. Ristoranti, Trattorie, Osterie, Pizzerie, Taverne saranno gli attori protagonisti di questo evento. Vere e proprie Agenzie culturali del territorio dove rieducare l’uomo a vivere assieme.

La Giornata della Ristorazione 2023 ha ricevuto dal Capo dello Stato la Medaglia del Presidente della Repubblica quale premio di rappresentanza per l’alto valore dell’iniziativa.

In occasione della prima giornata della ristorazione – che ha come oggetto il pane – la FIPE, in collaborazione con la Federazione Italiana Cuochi ha organizzato un corso di panificazione per la ristorazione. Numerose attività hanno aderito all’evento formativo svolto dal maestro Fabrizio Fiorentini presso la Chef School.

Hanno detto:

Mi auguro che sia una delle tante iniziative per far crescere tutto il settore della ristorazione dove tutti i suoi componenti dovrebbero essere protagonisti condividendo le proprie esperienze” – dichiarazione di Fabrizio Fiorentini Presidente ASSIPAN Lazio Nord.

Questa iniziativa è l’esempio concreto dell’Associazionismo a servizio delle imprese del territorio per la crescita professionale degli operatori. Ricordo che il Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare ha avanzato la propria candidatura all’Unesco per il riconoscimento della cucina italiana come patrimonio mondiale dell’umanità e tutti i ristoratori che ne sono gli ambasciatori devono impegnarsi costantemente per accrescere le proprie competenze” – dichiarazione di Elia Grillotti Presidente FIPE Lazio Nord.  (Foto: RietiLife ©)

FIPE Ha Una Lunga Storia, Nata Nel 1945 Per Agevolare Le Imprese Della Ristorazione Nel Difficile Periodo Della Ricostruzione Del Nostro Paese: Da Allora I Suoi Obiettivi Di Crescita E Condivisione Non Sono Mai Mancati. Oggi Questa Associazione Rappresenta Oltre 330.000 Imprese Sul Territorio, Formando Una Rete Di Imprese Moderna Ed Attenta All’innovazione. Il Presidente è Lino Enrico Stoppani, che ricopre anche la carica di Vice Presidente vicario di Confcommercio Nazionale.

UNA RETE DIFFUSA DI OLTRE 330.000 IMPRESE:

BAR | RISTORANTI | PIZZERIE | GELATERIE | PASTICCERIE | DISCOTECHE | STABILIMENTI BALNEARI | AZIENDE DI RISTORAZIONE COLLETTIVA | GRANDI CATENE DI RISTORAZIONE MULTILOCALIZZATA | SOCIETÀ EMETTITRICI DI BUONI PASTO | SALE GIOCO | BUFFET DI STAZIONE | AZIENDE DI CATERING E BANQUETING.

FIPE
Piazza G. G. Belli, 2
00153 Roma (RM)
Telefono: +39 06 583921
info@fipe.it
federazioni@ascom.bo.it
giornataristorazione@magentabureau.it


“Svecchiata” la ricetta dello storico “ragù alla bolognese” (molte le riserve…)

La ricetta “aggiornata” dello storico ragù delle Due Torri, è stata depositata dalla delegazione bolognese dell’Accademia Italiana della Cucina, presso la Camera di Commercio di Bologna.

La prima ufficializzazione, fu molto tempo fa, poi, per sancire con tutti i dovuti crismi, la storia, le modalità di esecuzione e i diritti del famoso “ragù alla bolognese”, l’Accademia Italiana della Cucina ne depositò la ricetta storica, il 17 ottobre 1982 presso la Camera di Commercio di Bologna.  Oggi, a oltre quarant’anni di distanza, sempre l’Accademia Italiana della Cucina ha pensato opportuno “attualizzare” tale ricetta, per le ormai note difficoltà di trovare qualche ingrediente necessario per la preparazione e, modernizzarne alcuni passaggi basilari per la realizzazione…

La prima fonte scritta che riporta la ricetta del ragù bolognese servito come condimento per la pasta, è un manoscritto di fine settecento, redatto da Alberto Alvisi, cuoco del Cardinale  Barnaba Chiaramonti, vescovo di Imola e futuro papa Pio VII.  E’ stato poi il gastronomo emiliano Pellegrino Artusi nel 1891 a descrivere la prima ricetta ufficiale del ragù alla bolognese.

Nell’ottobre del 1982 la delegazione di Bologna dell’Accademia italiana della cucina ha depositato presso la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Bologna la “ricetta del ragù alla bolognese”, allo scopo di garantire la continuità e il rispetto della tradizione gastronomica bolognese, in Italia e nel mondo. In questi giorni (aprile 2023) la stessa delegazione dell’Accademia – capitanata dal segretario generale Roberto Ariani – ha depositato sempre presso la stessa Camera di commercio, nelle mani del suo presidente, Valerio Veronesi, la “ricetta originale” del “ragó” (in dialetto) adeguata e aggiornata alle abitudini di consumo dei “gourmet” di oggi.

Tra i motivi che hanno portato alla decisione di rivedere la ricetta, la difficoltà ai nostri giorni nel reperire, nelle macellerie e nei supermercati delle città, la “cartella” (o “diaframma”, parte anatomica della pancia, principale muscolo respiratorio del bovino, in genere venduto a parte) o, in alternativa – come prevedeva la ricetta originale – pancia o fesone di spalla o fusello, ricchi di collagene, che, macellerie e supermercati, hanno proposto – in subordine, sempre più – con il “macinato misto”. Si tratta di carni di bovino adulto e suino – parti meno nobili della spalla, quelle più muscolose insieme al petto, alla pancia e al reale – disossate e sottoposte a macinazione in frammenti (macinato che contiene meno dell’1% di sodio) carne, questa, che però a detta di molti “addetti ai lavori”, spesso risulta troppo magra, duretta e asciutta…  Inoltre, è confermato che non sono ammesse assolutamente, come varianti, la polpa di vitello, la pancetta affumicata, la carne esclusivamente di maiale,l’aglio, il rosmarino, il prezzemolo, il brandy (in sostituzione del vino) e la farina. Tra le variazioni concesse, invece, l’utilizzo di fegatini, di cuore e durelli di pollo, salsiccia di maiale sbriciolata, piselli scottati (aggiunti a fine cottura) e funghi porcini secchi ammollati.
Qualche esperto, prendendo atto delle ultime variazioni sul tema, ha scongiurato la possibilità di usare il latte. Mentre è sdoganato a pieno titolo l’uso del “dado” al posto della semplice “acqua” (si legga “brodo”) che serve per non fare asciugare il ragù mentre sta a sobbollire – dado non proprio ben accetto a tutti coloro preposti ai lavori… –.  Confermata anche la “panna” (ottenuta dalla bollitura di 1 litro di latte intero) quando il ragù è pronto (secondo l’uso di molti bolognesi) se si tratta di condire paste secche. Per le tagliatelle, o altre paste fresche all’uovo, il suo impiego è assolutamente da escludere!

In definitiva, dopo lunghe e approfondite ricerche condotte dall’apposito Comitato di studi dell’Accademia Italiana della Cucina (che annovera delegazioni in ben 85 Paesi del mondo) la ricetta del ragù alla bolognese, la “più richiesta nel mondo”, è stata fissata in un atto notarile che entra oggi (20 aprile 2023) a far parte della preziosa ed unica raccolta della Camera di commercio di Bologna.
Gli elementi stabiliti nella ricetta sonopolpa di manzo macinata grossa, pancetta fresca di maiale a fette, sedano, carota e cipolla, doppio concentrato di pomodoro e passata di pomodoro, un po’ di vino, bianco o rosso, un bicchiere di latte intero (facoltativo) brodo di carne o vegetale leggero (anche di dado); olio extra vergine d’oliva, sale e pepe.

Procedimento: in una casseruola (di ottima qualità, pesante, antiaderente o di alluminio o in ghisa smaltata o in coccio di 24-26 cm di diametro) fare sciogliere la pancetta macinata o tritata con 3 cucchiai d’olio. Quindi, aggiungere gli odori tritati finemente sul tagliere (non usare il mixer) e fare appassire il battuto lentamente a calore medio basso, sempre girando con un mestolo di legno (la cipolla non deve assolutamente prendere il sapore di bruciato).  Alzare il calore e unire la carne macinata e, sempre mescolando accuratamente, cuocerla per una decina di minuti fino a quando “sfrigola”.  NB: le carni si fanno ben rosolare a parte, da sole, e poi si mescolano al battuto degli odori anch’essi già rosolati.  Versare il vino, farlo evaporare e ritirare completamente, finché non si sentirà più il suo odore e, poi, unire il concentrato e la passata.  Continuando a mescolare, versare una tazza di brodo bollente (ma si può usare anche semplicemente dell’acqua) e far cuocere piano, a recipiente coperto, per circa 2 ore (anche 3 ore secondo le preferenze e le carni usate) aggiungendo il brodo caldo man mano che occorre. A metà cottura, secondo una consigliabile antica tradizione, si può aggiungere il latte che deve essere fatto ritirare completamente. A cottura ultimata, aggiustare di sale e pepe. Il ragù dovrà risultare di un bel colore arancione scuro, avvolgente e cremoso.

E per la serie “città dove vai… ragù che trovi!”, nel resto del nostro Paese, come sono i vari tipi di ragù?
Dopo quello “petroniano” il più autorevole, come squisitezza culinaria, è quello napoletano che deriva da un piatto della cucina popolare medioevale provenzale di carne di bue, mescolate a verdure e cotto a lungo in un recipiente di creta. Nel 1773 fu il cuoco Vincenzo Corrado a descrivere la prima variante napoletana dello stufato francese e a definirla come un semplice condimento.  A Napoli si usava la pratica di inserire durante la bollitura una foglia di alloro (che si toglieva a cottura ultimata) serviva per eliminare l’acidità in eccesso del pomodoro e rendere il sugo più digeribile.

La principale differenza tra il ragù “bolognese” e il napoletano, è la consistenza più densa del petroniano, perché tra gli ingredienti primari di quello napoletano, ci sono più pomodori. Poi i napoletani utilizzano il vino rosso, mentre i bolognesi preferiscono il bianco. Inoltre, il ragù napoletano vuole una cottura prolungata e a fuoco lento (lì si dice pippiare) che dà i caratteristici sbuffi che, mentre sobbolle, libera una bolla per volta. Il ragù napoletano si sposa magnificamente con la pasta spessa e ruvida come le pappardelle, ma anche i maccheroncini di pasta fresca si prestano molto bene, riuscendo a trattenere bene il sugo; il ragù petroniano, vuole – da sempre – le tagliatelle all’uovo (in tutto il mondo anche gli spaghetti, di semola e grano duro – leggi “spaghetti alla bolognese”-) ma qualora sia utilizzato per condire paste secche, è possibile aggiungere la panna, ma mai per le tagliatelle!

Oltre ai ragù bolognese e napoletano – i più noti per fama – è doveroso menzionare quelli che utilizzano ingredienti diversi o particolari e/o modalità di esecuzione peculiari come il ragù di castrato abruzzese, il misto alla lucana della Basilicata, il ragù di maiale calabrese, obbligatorio quando si portano in tavola i “Fileja” o  gli gnocchi di patate. Anche la cottura del ragù alla calabrese, deve essere lunga, non meno di 5 ore, e svolta ovviamente a fiamma bassa.  Quello friulano prevede il camoscio protagonista, l’abbacchio laziale, ovviamente l’agnello da latte; il ragù ligure vuole il maiale in bianco. Poi ci sono ancora il ragù d’oca alla Lomellina in Lombardia, il ragù di cervo alla piemontese: in ogni parte del Piemonte, si usa aggiungere la carne più utilizzata in quella precisa zona: nelle Langhe e nel Monferrato, si impiegano manzo e vitello, nel novarese e nel vercellese, manzo, maiale e anche salsiccia, nel borgomanerese, mettono anche trito di cavallo o asino… Il vero segreto del ragù Piemonte, è la cottura molto lenta sul “putagé”  (la stufa, così detta nell’area franco-piemontese) che è molto meglio di quella sul fornello a “gas città”) il tutto per condire i “tajarin” o i “ravioli al plin”, o la pasta al forno. Poi c’è il ragù potentino: quest’ultimo è preparato con la carne mista della cucina tradizionale della città di Potenza ed è meglio noto come “’ndruppeche”, in italiano “intoppo o inciampo”, perché mentre si mangia la pasta così condita, si inciampa (metaforicamente) nei pezzetti di carne che lo compongono. Si accosta a paste fresche, preparate, secondo la tradizione culinaria dell’Italia meridionale, senza l’utilizzo dell’uovo, nei formati tipici della cucina lucana: fusilli, ferretti e strascinati, naturalmente piatti insaporiti aggiungendo peperoncino fresco, secco o sott’olio e, tradizionalmente nel periodo di Carnevale, con rizoma di rafano grattugiato al momento.

Ragù in Veneto: si fa molto tirato e secco, e, quando pronto, è molto cremoso grazie alla panna con la quale si manteca a fine cottura. Dal gusto molto particolare a causa della presenza della inusuale carne di petto d’anatra (oltre a tacchino e a maiale) potrebbe venire servito in qualsivoglia occasione poiché è capace di adattarsi a ogni piatto. Concessa la variazione al vitello in bianco e, nelle zone costiere, approvati due tipi di ragù al pesce.

Ragù alla toscana: si mettono a soffriggere a fuoco medio gli odori con l’olio EVO, si mescola il macinato con fegatini di pollo (o salsicce private delle pelli) e si aggiunge il soffritto a piccole manciate, cuocendo tutto a fuoco alto finché non sarà ben dorato (mescolando perchè non si attacchi al fondo). Alla fine, quando è bello brunito, si aggiunge il vino (bianco) poco per volta e lo si lascia evaporare, dopo di che si uniscono i pelati frullati grossolanamente, anche un po’ di alloro e si lascia cuocere per tre quarti d’ora a fuoco medio con la pentola scoperta. Quando il ragù comincia a ritirarsi, si mette la pentola su un fornello più piccolo e si fa “sobbillire” per almeno altre due ore, sempre a fuoco basso. Quando sarà ben rosolato, sale e pepe.

Ragù nelle Marche: la tradizione vuole il ragù alle olive, olive bianche dolci e olive nere, tutte denocciolate, cipolla bianca, costa di sedano e mezzo cucchiaino di semi di finocchio, mezzo  cucchiaio di estratto di pomodoro, due cucchiai abbondanti di salsa di pomodoro, olio EVO, sale q.b. e peperoncino… Questo l’ingrediente fondamentale per i guduriosi “vincisgrassi“, piatto apoteosi del ragù marchigiano.

Ragù tradizionale di Roma: lì si chiama “sugo di carne” e può essere con gli involtini, oppure in umido o anche con durelli tagliati a pezzetti piccoli ed eventualmente funghi scolati e fegatini di pollo. Si lascia il tutto sul fuoco al minimo per un’ora e mezzo almeno. Con questo ragù si condiscono fettuccine, lasagne, melanzane alla parmigiana, risotto e si fa il ripieno dei supplì. Se è poco…  Poi, in regione (Lazio) la tradizione si rispetta con lo stesso ragù – ma con carne d’agnello – con un formato di pasta delicato: il “Fieno di Canepina”, un tagliolino sottile che si scioglie in bocca e, con il ragù d’abbacchio e un calice di buon “Frascati Superiore” (fruttato, delicato, sapido e fresco) trova il suo accostamento perfetto.

Ragù, in Puglia è quello con le bracioline baresi (involtini di carne di vitello con canestrato pugliese e pancetta) oppure il sugo della domenica, con puntine di maiale (ovvero costine) e ancora al pomodoro con manzo, agnello e maiale per condire le orecchiette (a base di farina di semola e acqua) alla barese, spolverate con Pecorino grattugiato. Gustose alternative: detto ragù con i minchiareddhi, con i troccoli, o ancora su cavatelli, strozzapreti, linguine, gnocchi, trofie.

Ragù alla siciliana: carne con piselli, è perfetto per condire lasagne, cannelloni pasta ripiena, oppure per farcire gli arancini. Si prepara sempre con un soffritto di sedano, carota e cipolla, si fa appassire e poi si aggiungono i piselli e si cuoce per qualche minuto. Poi si mette in pentola un macinato misto di bovino e suino a pezzettini (anche solo di bovino, o solo di maiale). Si cuoce con vino rosso che si sfuma piano piano. Si aggiunge il concentrato e la passata di pomodoro, un po’ d’acqua, si mescola e cuoce per almeno un’ora a fuoco lento e con il coperchio, mescolando ogni tanto (se necessario, correggere l’eventuale acidità del pomodoro con un pizzico di zucchero). Un consiglio? Il ragù con piselli alla siciliana si deve preparare il giorno prima (anche due) per gustarlo al meglio…

Ragù, in Sardegna lo fanno così: in un tegame si fa scaldare un po’ di olio con verdure tritate fino a farle appassire (circa 15 minuti a fuoco basso) sempre facendole rimanere trasparenti. A questo punto si aggiungono salsiccia spellata e sbriciolata, carne di maiale e vitello. Si fa rosolare il tutto bagnando con vino bianco e, quando evaporato, si uniscono i pomodori. Si  aggiusta di sale e pepe e si fa cuocere per circa un’ora. Se sembra troppo asciutto, si allunga con un po’ di brodo bollente. Alla fine, con due foglie di basilico tritate, questo gustosissimo ragù, può condire gli gnocchetti sardi, o i Malloreddus (tipici della regione del Campidano) o i “CigionesCiocioneddos” nei dintorni di Sassari, i “Macarones cravaos” nel nuorese, o i “Chiusoni” in Gallura e i “Cassulli” a Carloforte. In alternativa, per i bongustai… si gusta sul pane “Carasau” e… buon appetito!

Ragù “carne free” a base di “carne per vegetariani” (nelle varianti al cavolfiore, alle lenticchie, ai ceci o alla zucca, questa in “versione autunno”). Per vegani e vegetariani, in genere si usa il “seitan”, meno conosciuto del “tofu”: è alimento proteico, ricavato dal glutine del grano di tipo tenero o dal farro. Quando pronto, questo ragù, racchiude in sé tutti gli aromi classici:  carota, cipolla, sedano e pomodoro, declinati però con un’inaspettata leggerezza. Prima di giudicarlo, bisogna provarlo, magari per condire delle ottime “tagliatelle senza uova”…

Curiosità

La parola “ragù” deriva dal francese “ragoût”, da “ragoûter” che significa risvegliare l’appetito, perché originariamente indicava i piatti di carne stufata (o anche di pesce o di verdure) cotti a bassa temperatura e per molte ore, con abbondante condimento.

Quanto ragù su un piatto di pasta? Su 80 grammi di pasta si possono aggiungere 3 cucchiai da cucina di sugo, accompagnato da un paio di cucchiaini di Parmigiano grattugiato.

Un piatto di pasta al ragù abbinato a una porzione di verdure di stagione – nutrizionisti docet – può rappresentare un pasto sano e completo, in nome anche della nota “dieta mediterranea”.

Accademia Italiana della Cucina (sede)
Via Napo Torriani, 31 – 20124 Milano
Tel.: +39 02 66987018
info@accademia1953.it 

‌Accademia Italiana della Cucina
– delegazione di Bologna –
Piazza Viera de Mello 4
Tel.: 051 4159491
Cell.: 337 1551485
restaurant@laportadibologna.it
www.restaurant@laportadibologna.it


Marche&Wine: “I Piceni_Gusto DiVino” si raccontano a tavola, nei calici e nei boccali!

Enoturismo Marche, dalla vigna alla tavola: parte il circuito in undici tappe golose per scoprire il genius loci del Piceno.

Da aprile a giugno, le “Marche dei Piceni” si raccontano a tavola, nei calici e nei boccali!

In quest’estremo lembo del sud della regione si concentra una moltitudine di tradizioni, sapori, vitigni e fermenti. Il richiamo è suadente: assaggia il Piceno, rimarrai meravigliato dall’inaspettata diversità che sublimerà gli occhi, il palato e l’anima!

Un patrimonio goloso che sarà esplorato in undici tappe del gusto per tutto il periodo primaverile: appuntamenti speciali con vino, birra e cibo, per vivere da protagonisti le esclusive eccellenze del Piceno.

La ricchezza della proposta è ben riassunta dai numeri del circuito: ventisette aziende vinicole coinvolte nell’iniziativa, accanto a sei birrifici, undici locali di ristorazione e tante esclusive specialità gastronomiche tipiche utilizzate nella preparazione di piatti abbinati a vini e birre “spiegati”, rispettivamente, da sommelier ed esperti degustatori di birra.

Il calendario di aprile prevede tre appuntamenti. Il 21 è in programma la serata al ristorante “Miravalle” di Montalto delle Marche, presso il quale assaggiare i piatti dello chef accompagnati dai vini di tre cantine: Coop. Agr. La Sociale Valdaso, Saladini Pilastri e Simone Capecci. Il 27, da “Mamma Rosa” a Ortezzano, abbinamenti tra la pizza d’autore del maestro Marcello d’Erasmo e i birrifici Kulà, Jester e Mukkeller. Il 28, sempre ad Ortezzano, le proposte rurali dell’agriturismo “Il Vecchio Gelso”, insieme alle birre de Il Mastio, Maltenano e Prima Pietra.

Il circuito I Piceni_Gusto DiVino è cofinanziato dalla Regione Marche nell’ambito dell’iniziativa “ENOTURISMO MARCHE: dalla vigna alla tavola”.

“Sono convinto – ha affermato Andrea Maria Antonini, assessore all’agricoltura della regione Marche – che l’intervento “Enoturismo Marche: dalla vigna alla tavola” offrirà la possibilità di far conoscere e veicolare il nostro territorio a 360 gradi, non solo nel panorama nazionale, ma anche oltre i confini italiani!”.

Mi piace sottolineare – ha aggiunto Antonini – come si tratti di un progetto condiviso e di ampio respiro, che vede protagonisti oltre 200 ristoratori e altrettante cantine, comprese le realtà più piccole, che avranno così una vetrina importante e di riguardo per mettere in mostra i propri prodotti agricoli e i saperi della tavola“.

Per una completa fruizione della proposta, il tour operator ESITUR propone speciali pacchetti turistici finalizzati a conoscere il Piceno nella sua anima più “esperienziale”, tra vigneti, borghi storici e aziende agricole, nelle dolci colline marchigiane che si rincorrono tra il litorale adriatico e il Parco Nazionale dei Monti Sibillini.

LE TAPPE DEL CIRCUITO:

  • 21 aprile – Ristorante Miravalle/Pizzeria 4 venti. Tel. 0736 828352

Contrada Fonte Arrigo 45, Montalto delle Marche (AP)

Vini: Cooperativa Agricola La Sociale Valdaso S.p.a., Saladini Pilastri, Simone Capecc

Contrada Aso 62, Ortezzano (FM)

Birre: Azienda Kukà s.r.l., Jester Birrificio Agricolo, Birrificio Fam. Mukkeller di Raffaelli Marco

 

Contrada Casali 11, Ortezzano (FM)

Birre: Birrificio il Mastio, Birrificio Maltenano, Birrificio Prima Pietra

 

Via Giacomo Leopardi 11, Ortezzano (FM)

Vini: Cantina Vittorini, Azienda Vitivinicola Pantaleone, Az. Agricola Emanuele Dianetti

 

Via Parco della Fessa 1, Smerillo (FM)

Vini Centanni, Podere dei Colli, Ciù Ciù Tenimenti Bartolomei s.r.l.

 

Via Cesare Battisti 12, Ascoli Piceno (AP)

Vini: Az. Agricola Valter Mattoni, La Lepre e la Luna, Ama Terra Bio Fattoria Sociale

 

Piazza M. Savini 1, Ortezzano (FM)

Vini: Umani Ronchi, Maria Pia Castelli, Le Senate

 

Piazza Dante Alighieri 3, Grottammare (AP)

Vini: Clara Marcelli, Vigneti Vallorani, Tenuta Santori

 

Piazza Costantino Tamanti 3, Petritoli (FM)

Irene Cameli, Azienda Macondo, Az. Agricola Fiorano

 

  • 27 maggio – Ristorante Il Ponte. Tel. 0735 98151

Via Gallo 30, Cossignano (AP)

Tenuta Spinelli di Simone Spinelli, Le Vigne di Clementina Fabi, Tenute del Borgo

 

Via Piane 59, Moresco (FM)

Az. Agricola Le Casette, Vigneti Santa Liberata, Cantine d’Ercoli

Tel.: 071 8063759
enoturismo.marche@regione.marche.it

Cell.: +39 327 758 6714
segreteria@tipicita.it


Sotto le 2 Torri “Cibò. So good!” il Festival dei Sapori d’Italia: un appuntamento che prende per la gola!

Nella splendida cornice di Palazzo Re Enzo, nel centro della Bologna medievale, dal 22 al 24 aprile, si promuoveranno le eccellenze enogastronomiche che rendono il Bel Paese unico al mondo. La 5a edizione del Festival dei Sapori d’Italia “Cibò. So good!” (oltre 30mila presenze e 60 produttori di eccellenza nella passata edizione) accompagnerà i visitatori in un viaggio emozionante che valorizza le produzioni locali e i relativi territori, attraverso 14 regioni, 40 borghi, 10 Parchi Nazionali, 34 Parchi Regionali, 1.400 comuni e oltre 350 Prodotti Dop e Igp.

Il focus di questa edizione porterà gli ospiti alla scoperta dei Borghi più belli d’Italia, dei prodotti De.Co. (Denominazione Comunale d’Origine) e della Ciclovia dell’Appennino.

P R O G R A M MA

                                                                                                        Venerdì 21 aprile
ARENA EVENTI 1 – SALONE DEL PODESTÀ
Talk-Show
18:30 | I biodistretti e la sfida delle rinnovabili [il biodistretto rappresenta un sistema produttivo locale a spiccata vocazione agricola in cui sono significative le produzioni biologiche e i relativi processi di trasformazione, nonché la tutela di metodi produttivi locali] a cura di Legambiente

ARENA EVENTI 2 – SALA RE ENZO
Talk-Show
19:00 | La “brazadela” tonda di Crevalcore [dolce tradizionale dell’Emilia-Romagna, a Denominazione Comunale d’Origine (De.Co.) il nome pare derivi da come l’oste la teneva infilata in un braccio (brazza) per avere l’altro braccio libero per versare il vino] a cura di Comune di Crevalcore

                                                                                                        Sabato 22 aprile
ARENA EVENTI 1 – SALONE DEL PODESTÀ
Degustazione Guidata
11:00 | Il metodo italiano di panificazione: i pani regionali [percorso storico-sensoriale tra i pani locali di tutta Italia, per sondare le differenti tradizioni e i vari metodi di impasto] a cura del Panificatore Ivo Corsini
Talk-show

12:00 | Viaggio fra i Sapori, lungo la Ciclovia dell’Appennino [il cicloturismo è benessere fisico e psicologico, scoperta di luoghi fuori dalle grandi strade di comunicazione, della loro storia e dei loro paesaggi. Vuol dire viaggiare a emissioni zero senza produrre inquinamento e gas di scarico che provocano la crisi climatica. La bici è lo strumento di uno spostamento “slow and deep” (lento e profondo)] a cura Vivi Appennino – con storycooking dello Chef Rino Duca e il Panificatore Ivo Corsini
Storycooking

13:00 | Crostone con crema di Parmigiano e Pere dell’Emilia Romagna IGP caramellate
Chef Irene Gentilini
Degustazione Guidata

14:00 | Gli spumanti metodo classico dei Colli Bolognesi [gli spumanti metodo classico dei Colli Bolognesi] a cura di Autoctona Passione, con i produttori Botti, Gradizzolo, Ghedini
Storycooking

15:00 | Cipolla di Medicina bruciata, salsa acida e nocciole [lo chef Ferrara (ristorante bolognese “Scaccomatto”) realizzerà la ricetta dedicata alla Cipolla di Medicina, eccellenza del territorio] Chef Mario Ferrara
Degustazione Guidata

16:00 | Birra, che passione! Una verticale spumeggiante [la birra Theresianer rappresenta la migliore tradizione della birra di qualità. Dal vivace Borgo Teresiano inizia la sua storia: è il 1766 e l’imperatrice Maria Teresa D’Austria concede la prima licenza a una fabbrica di birra in Italia, che si insedia proprio nell’antico borgo (quartiere di Trieste costruito attorno alla metà del XVIII secolo) che dalla sovrana ha preso il nome. E, oltre duecento anni dopo, Theresianer rinasce nello stabilimento di Nervesa della Battaglia (TV) con l’obiettivo di ispirarsi alla tradizione birraria mitteleuropea.
La gamma: Premium Lager e Premium Pils, birre a bassa fermentazione e di colore giallo paglierino, Vienna, birra a bassa fermentazione, colore ambrato rossiccio, Strong Ale, birra ad alta fermentazione, colore rosso ambrato, Pale Ale, birra ad alta fermentazione, colore dorato, Wit, birra di frumento ad alta fermentazione, colore giallo paglierino, Bock, birra a bassa fermentazione, colore ambrato Intenso, India Pale Ale, birra ad alta fermentazione, colore ambrato scuro con riflessi aranciati.
a cura di Theresianer
Storycooking e Degustazione Guidata

16:30-18:00 | Viaggio fra i sapori dei Borghi più belli d’Italia [storia, tradizione, prodotti tipici ed enogastronomia si intrecciano con i meravigliosi paesaggi che si incontrano lungo tutta l’Italia da nord a sud] a cura de I Borghi Più Belli d’Italia – con storycooking e assaggi
Talk-show

18:30 | L’Ape e l’Ambiente [con l’impollinazione le api svolgono una funzione strategica per la conservazione della flora, contribuendo al miglioramento ed al mantenimento della biodiversità] a cura di Conapi/Mielizia e Legambiente – con storycooking del pastry chef Francesco Elmi. In contemporanea: laboratorio per bambini di candele di pura cera d’api.

GIN LOUNGE NELLA LOGGIA
Gin&Pear
18:30 | Mixing time con la Pera Igp dell’Emilia-Romagna [le pere dell’Emilia Romagna IGP sono garantite dal Consorzio di Tutela che ne assicura l’origine e la tecnica di produzione secondo il disciplinare. Otto varietà differenti accomunate da un gusto avvolgente, dolce ma leggero che fonde squisitamente benessere e bontà] evento OPEN

ARENA EVENTI 2 – SALA RE ENZO (SALONE DE.CO.)
Storycooking
11:00 | Il Belsone di Nonantola [il “Belsòn” è tra i più antichi, semplici e diffusi dolci prodotti in territorio nonantolano e più in generale in tutta l’area della bassa padana. E’ caratterizzato dalla tradizionale forma ovalizzata oppure ad “S”, con la variante della farcitura con marmellata mista di prugne e amarene] a cura di Anna Chiara Zoboli – Pro Loco Nonantola
Corso di cucina

12:00 | Gli imbutini [di “imbutini” ce ne sono di verdi, agli spinaci e di rosa, alla barbabietola,  di freschi e di secchi. E’ un’invenzione di Flavia Valentini che si è trovata per le mani una macchinetta che forniva dischetti di pasta (da impasto a base di semola di grano duro) che piegati con il gesto con cui si chiudono i tortellini, diventano dei piccoli “imbuti”…] a cura di Flavia Valentini – Sapori in Forma
Degustazione Guidata

13:00 | L’oro nero di Modena, il dressing della tradizione [un esperto del Consorzio descrive l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. invecchiato almeno 12 anni, l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena D.O.P. extravecchio – invecchiato almeno 25 anni] presenta Loretta Goldoni
a cura del Consorzio di Tutela Aceto Balsamico Tradizionale di Modena IGP
Storycooking

14:00 | Il Garganello, una De.Co. di Imola da valorizzare [pasta fresca all’uovo, tirata al mattarello e poi arrotolata, le cui caratteristiche righe si realizzano con l’utilizzo di un pettine. Nella tradizione popolare, rappresentava il piatto della domenica].
a cura di Comune di Imola e Associazione compagnia del Garganello
Talk-show

15:00 | I prodotti De.Co. volano per la promozione del territorio [certificazioni del settore agroalimentare che legano un prodotto o le sue fasi realizzative ad un particolare territorio comunale. Sono prodotti e ricette tipiche del territorio, disciplinate a livello comunale. Presenta Duccio Caccioni

16:00 | Gli imbutini – KIDS – Corso di cucina per bambini
a cura di Flavia Valentini – Sapori in Forma
Degustazione

16:30 | La brazadela tonda di Crevalcore a cura di Comune di Crevalcore
Talk-Show

17:30 | L’Olio dei Colli Bolognesi [oli extra vergine di oliva di altissima qualità, suddiviso in tre Monocultivar: Claterna, Vargnano e Stiffonte] a cura della Prof.ssa Tullia Gallina Toschi, UniBO

                                                                                                       Domenica 23 aprile

ARENA EVENTI 1 – SALONE DEL PODESTÀ
Storycooking

12:00 | Sapori e Dintorni – Conad [specialità esclusive della migliore cucina italiana tradizionale prodotte con materie prime locali e metodi tradizionali. Anche preparazioni di  Marchi Locali].
Chef Francesco Orsi
Storycooking

13:00 | Frolla Vegana e Ciabattina alle fibre [esibizione di Francesco Favorito (maestro pasticcere con esperienza trentennale) specializzato in free from senza glutine. Una dimostrazione di come buono e sano possano amalgamarsi alla perfezione anche nella cucina vegan o gluten free
Chef Francesco Favorito
Degustazione Guidata

14:00 | Gli spumanti metodo classico dei Colli Bolognesi a cura di Autoctona Passione, con i produttori La Riva, La Mancina e Terre Rosse
Storycooking

15:00 | Chicche Classiche e alla birra con ragù di polpo [ricetta semplicissima con pochissimi ingredienti e senza l’uso del sale che renderà il polpo morbido come il burro e molto saporito].
Chef Francesco Orsi
Storycooking e Degustazione Guidata

16:00 – 17:30 | Viaggio fra i sapori dei Borghi più belli d’Italia
a cura de I Borghi Più Belli d’Italia
Degustazione Guidata

17:30 | Nel cuore della Pera Igp dell’Emilia Romagna a cura del Consorzio di Tutela Pera IGP Emilia Romagna
Talk-show

18:00 | Appennino e Benessere [territorio di acque che sgorgano in un contesto naturale e di prodotti alleati del nostro “stare bene”] con assaggi a cura di Associazione Castanicoltori Alto Reno Terme e Birrificio Beltaine
Degustazione Guidata

19:00 | Lo Zabaione di Simonetta [crema all’uovo che produce Simonetta Vinci da una ricetta tramandatale da una zia bolognese, tramite la distilleria Zeltico, di Cento (FE) piccolo laboratorio artigianale in grado di mantenere il più possibile le caratteristiche della ricetta originale] a cura di Simonetta Vinci – Distilleria Zeltico

20:00 | Concerto del gruppo folk lucano “Radio Lausberg”
GIN LOUNGE NELLA LOGGIA
Gin&Miele

18:30 | Mixing time con i mieli italiani di Mielizia
evento OPEN.

ARENA EVENTI 2 – SALA RE ENZO (SALONE DE.CO.)
Corso di cucina
11:30 | Gli imbutini a cura di Flavia Valentini
Storycooking

12:30 | Ceviche di ricciola con perle di aceto aromatizzato [per gli amanti del pesce crudo, e prodotti del territorio] a cura di Babbo Elio, cuoco Jean Pierre Sanchez
Storycooking

13:30 | Il Tortellino De.Co. di Bologna [preparato con gli ingredienti menzionati dalla ricetta depositata e selezionati tra le eccellenze del territorio].
Chef Lucia Antonelli
Storycooking

15:00 | La Castagnella castiglionese [prodotto moderno con ingredienti antichissimi per il rilancio dell’economia dei castagneti i cui frutti, non sono da consumo (come i marroni) ma da farina (con valori nutritivi notevoli). Mescolata al miele, rigorosamente “monoflora” di castagno, diventa un’ottima crema spalmabile sul pane] a cura Azienda Agricola Mulino del Frate di Roncobilaccio (BO)

Corso di cucina per bambini
16:00 | Gli imbutini – KIDS a cura di Flavia Valentini
Storycooking

17:00 | Il carciofo violetto di San Luca [da coltivazione dei terreni argillosi della collina bolognese, la varietà di San Luca ha un sapore fresco, erbaceo con note che tendono alla radice di liquirizia].
Storycooking

18:00 | Castagni d’inverno con Mela Rosa Romana De.Co. [forma inconfondibile leggermente appiattita, mirabile colorazione rosso-rosata, con polpa compatta e soda dal gusto dolce-acidulo e equilibrato; eccezionale alla spremitura e impareggiabile nella conservazione in ambienti non refrigerati. Buona cruda e cotta!
a cura di Maria Pia Vitali – Associazione Mela Rosa Romana

www.festivaldeisaporiditalia.it


Fügassa da record a Zêna e MSC Crociere, festeggia con l’ammiraglia “World Europa” in porto

“Pane e giochi…” dicevano gli antichi liguri e per pane probabilmente si riferivano alla “fügassa”, la tipica focaccia (o schiacciata o sfogliata o torta fritta ecc.) che, vista oggi a Genova, si presenta di ben 352 metri ed è – ovviamente – la più lunga del mondo, dal peso di una tonnellata, prodotta da 15 panificatori di Confcommercio e posizionata su oltre 600 teglie su circa 200 tavoli, per un totale di 16 mila porzioni, distribuite gratuitamente dagli allievi degli istituti alberghieri Bergese e Marco Polo ai presenti, locali e non!

Acqua, farina (Manitoba o, meglio, Farine Magiche Lo Conte) sale, olio extra vergine di oliva, lunghissima lievitazione e impasto manipolato come si deve dai panificatori genovesi, poi cotta in forno statico preriscaldato a 230° per 15 minuti, oppure in forno elettrico, sempre per 15 minuti a una temperatura di 260°/270°(distribuendo la potenza sia sopra che sotto). Per quelli di “Zêna”, la dose giusta della fügassa è una “slerfa” (unità di misura per la focaccia, proprio  a Genova) che deve essere così:

Intavolata tra piazza De Ferrari e via XX settembre per iniziativa di Msc Crociere con Regione, Comune Camera di Commercio per festeggiare l’arrivo in porto di “Msc World Europa“, la nave da crociera più grande mai accostata in banchina: lunga 333,3 metri, larga 47 e alta 68, stazza 205.700 tonnellate, può ospitare 6762 persone, con 40 mila metri quadri di spazi pubblici e 22 ponti.
Tanti
i curiosi per la nave e tantissimi per la focaccia, dai numeri straordinari…

La focaccia gareggia in lunghezza con la nave da crociera più grande mai entrata nel porto di Genova” – sottolinea il presidente della Regione Giovanni Toti – “Due bei record e soprattutto un bell’inizio di stagione che porterà soddisfazione ai nostri operatori del commercio, del turismo e dell’agroalimentare”.

Non galleggia la nostra focaccia, ma sta bene negli stomaci dei genovesi” – commenta il sindaco Marco Bucci – “Scherzi a parte è un grande spettacolo e una grande occasione di visibilità per la città”.

Chi dice ‘Genova’ dice ‘focaccia’ e la manifestazione di oggi è un modo per festeggiare il prodotto gastronomico che, insieme al pesto, ci rappresenta meglio“, afferma il presidente della Camera di Commercio di Genova Luigi Attanasio.

Genova è la nostra casa – spiega Leonardo Massa, manager di MSC Crociere per l’Italia – “Per questo abbiamo deciso di schierare in questo porto, il principale al mondo per MSC Crociere, l’ammiraglia World Europa, una nave all’avanguardia dal punto di vista tecnologico, del design e delle caratteristiche ambientali, essendo alimentata a gas naturale liquefatto”.

Nel 2023 Msc Crociere porterà a Genova un milione di turisti. La festa ha avuto anche una finalità benefica: i volontari della Caritas diocesana genovese hanno raccolto tra i cittadini fondi per le attività dello Sportello di Accoglienza a favore delle persone senza dimora. La focaccia avanzata sarà donata alle mense della Caritas genovese.


Fra salina, pineta e mare, dal 21 aprile è ARTEVENTO CERVIA!

Dal 21 Aprile al 1° Maggio 2023, sulla spiaggia di Pinarella di Cervia, 250 designer e piloti selezionati fra i più significativi interpreti di una tradizione millenaria in costante dialogo con l’ambiente, si uniscono a oltre 2000 appassionati per la 43esima edizione di ARTEVENTO CERVIA, l’originale festival dedicato agli aquiloni e all’ambiente, divenuto appuntamento di culto tanto per i promotori dell’arte eolica che per gli amanti del turismo green e della creatività sostenibile. La più completa rassegna di aquiloni d’arte, etnici, storici, giganti, sportivi, acrobatici e combattenti in volo simultaneo nelle aree dedicate, per tuffarsi nella magia di una pratica nata oltre 2500 anni fa.

 

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Nell’incantevole location alle porte meridionali del Parco del Delta del Po, fra salina, pineta e mare, dal 1981 ha luogo il primo evento al mondo dedicato all’aquilone come forma d’arte: è proprio a Cervia, infatti, che gli “artisti del vento”, voci nuove di un linguaggio poetico all’avanguardia, eppure radicato nella storia dell’umanità, hanno trovato nel corso di oltre quattro decenni la propria patria elettiva, sperimentando l’efficacia di questo originale medium artistico. Artisti internazionali che hanno fatto la storia dell’arte del calibro di Jackie Matisse, Yayoi Kusama, Tal Streeter, Mimmo Paladino, Robert Rauschenberg, Curt Asker, Niki de Saint Phalle, Emilio Vedova, Karl Otto Götz, Jean Tinguely, Tom Wesselmann, Kazuo Shiraga (il cui aquilone è stato venduto dalla casa d’aste Nagel di Berlino lo scorso febbraio alla cifra record di € 1,140,000) e molti altri hanno utilizzato l’aquilone come mezzo d’espressione artistica, creando delle vere e proprie opere d’arte. Jackie Matisse, nipote di Henri Matisse, ad esempio, era una vera e propria appassionata di arte eolica: un giorno vide un aquilone che volava sopra i tetti di Harlem a New York – una “linea tracciata nel cielo” – e si fissò “sull’idea di creare aquiloni… usando il cielo come tela”. Nel 1995 ha firmato il Manifesto Art Volant e nel corso della sua vita ha realizzato molteplici opere di “flying art” con i suoi aquiloni dai colori vivaci utilizzati per performance destinate a valorizzare la forza effimera del “caso” nell’atto artistico che dialoga con l’ambiente naturale.

Ed è proprio attraverso l’aquilone, come paradigma di un nuovo linguaggio della creatività artistica, che il festival ARTEVENTO CERVIA festeggia per la 43esima edizione consecutiva il motivo che ne ha fatto la meta di un pellegrinaggio irrinunciabile, ovvero il fatto di rappresentare la culla di una corrente artistica specifica che ha trovato sulla spiaggia di Cervia il proprio “luogo dell’anima”. Saranno 11 giorni ricchi di eventi unici, adatti a un pubblico eterogeneo e a spettatori di ogni età e abilità; in programma display di aquiloni artistici, etnici, storici e giganti, esibizioni di volo acrobatico a ritmo di musica, performance multidisciplinari di teatro-danza e circo contemporaneo, mostre, laboratori didattici, esibizioni notturne, Cerimonia delle Bandiere, Premio Speciale perMeriti di Volo, Notte dei Miracoli, campionato di volo acrobatico STACK Italia, installazioni, air sculptures, mercatino, area food e molto altro.

ARTEVENTO CERVIA E L’OMAGGIO A “IMMAGINI PER IL CIELO” CON MIMMO PALADINO E IL MAESTRO MASAAKI SATO ARTEVENTO CERVIA è il primo evento che inserisce l’aquilone nel contesto di una più ampia contaminazione fra arti visive e performative, tra arte contemporanea, teatro, danza, circo contemporaneo,teatro di figura e puppetry.
Sarà un’edizione record con ben 50 delegazioni provenienti dai 5 continenti e oltre 250 artisti invitati.

Interverranno:

Massimo Medri – Sindaco di Cervia

Michela Brunelli – Assessore Eventi Comune di Cervia

Cesare Zavatta –  Assessore alla Cultura del Comune di Cervia

Caterina Capelli – Responsabile e Art Director di ARTEVENTO CERVIA

FESTIVAL: 43°ARTEVENTO CERVIA
FESTIVAL INTERNAZIONALE DELL’AQUILONE
DOVE: Cervia, spiaggia di Pinarella e location collaterali
QUANDO: dal 21 aprile al 1° maggio 2023

 SITO: https://artevento.com/
FACEBOOK: https://www.facebook.com/festivalaquilonecervia/
INSTAGRAM: https://www.instagram.com/artevento_cerviakitefestival/
YOUTUBE: https://www.youtube.com/channel/UCCQv-5MAJEy-2DTIF57-6Fw/featured
 web: www.culturaliart.com


Grande soddisfazione per i dati sugli afflussi turistici pasquali: breve intervista al ministro Daniela Santanchè

Grande soddisfazione per i dati sugli afflussi turistici pasquali: breve intervista a Daniela Santanchè – da ottobre 2022 ministro del turismo –  al microfono di Antonio Farnè (inviato del Tg2) annuncia l’arrivo di nuovi fondi per migliorare ­­­­la qualità delle infrastrutture ricettive.

Antonio Farnè: “Ministro, Pasqua 2023, l’Italia turistica ha fatto registrare il sold out con 14 milioni di nostri connazionali in viaggio e il ritorno in massa degli stranieri. E così, il periodo buio del Covid, sembra essere alle spalle…

Daniela Santanchè: “Siamo molto contenti dei dati di questo ponte pasquale, che ci fanno ben sperare che il 2023 sia effettivamente l’anno del sorpasso. Sorpasso rispetto al 2019

Antonio Farnè: “Turismo, nuova energia per il Paese, un ruolo che sembra tornato d’attualità…

Daniela Santanchè: “C’è tanta voglia d’Italia nel mondo: noi sappiamo che abbiamo il Paese, la nazione più bella del mondo, dal punto di vista dei beni culturali, paesaggistico, delle offerte turistiche e quindi dobbiamo soltanto imparare a vendere meglio l’Italia e spesso – lasciatemelo dire –  non siamo così bravi a vendere ciò che di così bello abbiamo”.

Antonio Farnè: “Ottime anche le previsioni dal prossimo 25 aprile al primo maggio… Ci sono però ancora alcune sfide da vincere, quali in particolare?”

Daniela Santanchè: “Beh, la sfida più importante da vincere, è quella della destagionalizzazione, perché abbiamo ancora dei flussi troppo concentrati nei ponti canonici, piuttosto che nel mese di agosto.  E poi, dobbiamo alzare l’asticella dei servizi: abbiamo messo un fondo di un miliardo e 380 milioni che potrà andare alle strutture ricettive, alle terme, per migliorare la qualità della loro struttura stessa. Abbiamo un ultimo problema, che è quello dei lavoratori, perché l’anno scorso sono mancate 250mila persone e quest’anno 50mila. Stiamo lavorando con il ministro del lavoro e stiamo a vedere se riusciamo a far rimanere più soldi in tasca ai tanti lavoratori che si affacceranno al mondo del turismo”.

Antonio Farnè: “Ministro, grazie!”


Francesco Fenech: “anima nobile” di Salina

Mi attacco ai ricordi, è un atto di memoria, di pulizia mentale che mi fa dimenticare tutto il resto. Mi garba lasciare che i pensieri prendano il sopravvento sulle azioni quotidiane; forse non è altro che un delizioso escamotage per ritrovare la mia identità.  Rivedo i forti colori dell’Isola di Salina, la profondità del mare e la limpidezza del cielo, la rigogliosa vegetazione e i vigneti che si confondono con le onde.

Riassaporo ad occhi socchiusi il gusto dei piatti dell’antica tradizione dell’isola e rivedo l’arcipelago in un fine giornata del mese di settembre. La luce naturale è da dipinto mentre la brezza del mare mi penetra nei polmoni e i raggi del sole accarezzano le isole donando loro una sembianza tale da rasserenare l’anima. I colori, i profumi e i sapori, le uve poste sui graticci ad appassire, i capperi nel sale e il duro lavoro delle persone. Le isole Eolie: sette gemme che da millenni incantano i viaggiatori.

Tra i ricordi non può mancare il vino, il vino di queste piccole terre emerse che ha dalla sua una storia antichissima; ne siamo a conoscenza grazie agli scavi archeologi che ci insegnano che proprio a Salina e a Filicudi sono stati ritrovati vinaccioli bruciati di vitis vinifera risalenti ad almeno 4000 anni fa.

Malvasia: il vino eoliano di sempre. Fin dal basso Medioevo, secondo le testimonianze. Della sua storia ne ho scritto in passato mentre oggi il mio pensiero va ad una persona che ho avuto il grande piacere di incontrare e conoscere vent’anni fa. Se il vino Malvasia vanta un trascorso millenario, Francesco Fenech e la sua famiglia ne hanno percorso ben due secoli di quei millenni. Francesco, vero e indiscusso messaggero della storia che lega l’uomo ai suoi antenati con il gusto unico dei suoi prodotti.

Io e Francesco ogni tanto ci ritroviamo, ad un evento enologico, ad una fiera, ad un concorso o proprio a Malfa, ovvero quella parte dell’isola di Salina dove ha sede la sua Azienda Agricola, e ad ogni incontro non mi ha mai fatto mancare il suo buon cuore, la sua generosità, l’amore per la sua terra e il grande senso dell’ospitalità.

Francesco lavora con immenso rispetto della natura e dei suoi cicli, opera con metodi di coltivazione biologica che, calcolando anche l’esiguità delle produzioni, produzioni eroiche in tutti i sensi, donano ai prodotti una qualità molto elevata. Vi parlo della Malvasia delle Lipari, frutto di un’antichissima tradizione radicata su queste isole fin dalla notte dei tempi. Un vino decisamente nobile dall’aroma intenso e il sapore delicatamente dolce e dal colore deliziosamente dorato.

Produrre questo incanto di vino significa vendemmiare alla fine del mese di settembre, quando le uve risultano in uno stato di maturazione avanzato, per poi esporle al sole per un paio di settimane sopra a delle listarelle di canne che a Salina vengono chiamate “cannizzi”. A seguire si procede con la trasformazione in mosto e la vinificazione mediante macerazione a bassa temperatura per una dozzina di ore circa e con la fermentazione in silos d’acciaio. Dopo un periodo di affinamento in bottiglia ne viene consentita la vendita dal primo giorno del mese di giugno successivo.

Francesco Fenech non produce solo Malvasia dolce, da qualche anno infatti ha messo a punto la produzione della versione secca dedicandola alla figlia Maddalena. Ha di fatto eliminato le nota zuccherina che da sempre identifica questa tipologia di vino e, in entrambe le versioni, non posso che dire che le trovo decisamente interessanti. La Malvasia secca evidenzia la volontà del suo autore di fare emergere tutte le note del vitigno in termini di profumi e gusto. Ne è nato un vino perfetto da abbinare agli antipasti e alle ricette a base di pesce, un vino dal sapore intenso e persistente.

Tra i vini prodotti da Francesco Fenech menziono con piacere un bianco 100% Inzolia, un rosso 100% Nero d’Avola e una piccola chicca realizzato dall’uva tipica Corinto Nero. Il vino in questione si chiama Disiato ed è una produzione veramente limitata di poche bottiglie per veri intenditori.

Viaggio ancora con la memoria mentre mi sovvengono i capperi di Salina. La raccolta delle gemme dei fiori del celebre arbusto perenne si svolge da Maggio ad Agosto, una volta raccolti devono essere sistemati in un luogo fresco sopra dei teli di juta in modo tale che se impedisca la sbocciatura. I capperi sono un ingrediente straordinario per un mare di piatti, dai più tradizionali a quelli di fantasia. Lo ammetto, amo i capperi e quelli di Francesco cerco di non farmeli mancare mai.

Come ho già detto di Salina, dei suoi vini e della sua bellezza da capogiro ne ho scritto in più occasioni, ne ho parlato alla radio e in televisione, così come ho incontrato e raccontato la storia di altri produttori, persone meravigliose che mi hanno sempre fatto sentire uno di loro. Oggi, forse un gioco della mente, ho pensato a Francesco, lui e il suo copricapo tipico dell’isola dal quale mai si distacca e che io mi sono comperato l’ultima volta che ho raggiunto le Eolie. Lui e il suo buon cuore, il suo sorriso, i suoi vini e il suo essere meravigliosamente “Anima di Salina”.

(Fabrizio Salce)


XV edizione di FIORInellaROCCA raffinata Mostra Mercato di piante e fiori rari

Un nutrito e selezionatissimo numero di vivaisti, artigiani e specialisti in oggettistica da giardino sarà protagonista Fiori nella Rocca, la raffinata rassegna primaverile di giardinaggio ospitata dal 14 al 16 aprile nella storica cornice della quattrocentesca Rocca di Lonato del Garda (Brescia). Giunta alla sua XV edizione, la rassegna dà il benvenuto alla primavera ed è ormai diventata uno fra gli appuntamenti nazionali più attesi non solo dagli appassionati del settore, ma anche da chi vuole trascorrere una piacevole giornata all’aria aperta, fra colori e profumi di piante e fiori.

Si ripeterà quindi anche quest’anno la magia di questa raffinata e colta rassegna, che unisce al fascino di piante e fiori rari quello di storia ed arte grazie alla sua stupenda cornice, la quattrocentesca Rocca di Lonato, Monumento nazionale dal 1912, dalle cui mura si gode un’incantevole vista sul bacino del Basso Garda. I visitatori avranno la possibilità di scoprire ed acquistare le novità presentate dai vivaisti per rendere incantevoli giardini e terrazze e, nello stesso tempo, potranno visitare una delle principali fortificazioni del Nord Italia e l’affascinante complesso museale della Fondazione Ugo Da Como in cui è inserita, con i giardini, la straordinaria Casa Museo del Podestà di cui si ammireranno le facciate policrome da poco restaurate.

 

Piante rare e décor per giardini

Selezionati dal Garden Club Brescia e dalla Fondazione Ugo Da Como, ideatori dell’evento, saranno presenti i più importanti vivaisti, coltivatori e ricercatori di essenze rare italiani, tra cui i più noti produttori di erbacee perenni, rose, peonie, piante aromatiche, medicinali e orticole particolari, agrumi, ulivi e palmizi, pelargoni, iris, lavande, clematis, piante acquatiche, piante grasse, tillandsie, frutti antichi, ortensie, camelie. Accanto a loro, gazebo con arredi e complementi per esterno, decorazioni per il giardino, editoria specialistica, oggetti per la vita all’aria aperta, cosmetici naturali, abbigliamento in canapa e fibre naturali per il giardino e per il tempo libero, cappelli di paglia e tessuto decorati con motivi floreali, accessori moda a tema floreale, olii ed essenze profumate, mieli e prodotti dell’alveare, decorazioni vegetali e minerali profumate.
A disposizione dei visitatori, un servizio gratuito di carriolaggio per trasportare le piante acquistate fino al parcheggio di carico e scarico della merce.

Arte contemporanea nella Casa del Podestà
Fiori nella Rocca sarà l’occasione per scoprire i tesori della Casa del Podestà, fra le più interessanti case-museo italiane, dove si visitano 20 ambienti completamente arredati con mobili e suppellettili antichi, in cui sono esposte preziose collezioni di dipinti, maioliche e porcellane. Imperdibile, la sua magnifica Biblioteca che custodisce circa 50.000 volumi tra cui importanti codici miniati, autografi e libri antichi illustrati. Dimora all’inizio del ‘900 del Senatore Ugo Da Como, ora fa parte con la Rocca (ai cui piedi si trova) del patrimonio della Fondazione che ne porta il nome.

Le antiche sale della Casa del Podestà ospiteranno per questa XV edizione la mostra “Lèggere libri e leggère libellule” di Adriana Albertini che, da oltre vent’anni, inventa forme secondo l’antica tecnica della ceramica.
Nel suo lavoro fantasia, eleganza, equilibrio, ricerca della perfezione stanno alla base di visioni interiori che prendono forma di petali di fiori, di libellule e di parole appesi a esili fili di nylon.
Le visite guidate sono prenotabili direttamente alla biglietteria del museo. Posti limitati.

Uno spazio dedicato ai più piccoli
Per dare ai genitori la possibilità di girovagare in tutta tranquillità fra gli espositori, sarà allestito anche quest’anno l’Hortus Conclusus, un’area dove – sabato 14 e domenica 15 aprile – i bambini saranno intrattenuti con giochi, animazioni e laboratori, il tutto sul tema della natura.
Per loro anche una mostra di illustrazioni a tema floreale con letture animate delle storie e delle leggende disegnate dall’artista.

Lezioni e incontri
In programma lezioni di acquerello con l’artista Alessandra Bruno e di cura di piante e giardino con Giovanni Rig, esperto e collaboratore di “Vita in Campagna” e altri professionisti del settore.

Per una pausa per un pranzo leggero e goloso, la Coffee-House della Rocca resterà aperta tutte le giornate della rassegna.

BIGLIETTO D’INGRESSO
Euro 5,00
Sotto i 14 anni gratis

Supplemento per la visita alla Casa del Podestà
Euro 5,00
Biglietteria on line www.fiorinellarocca.it

ORARI DI APERTURA
Venerdì 14, sabato 15 e domenica 16 aprile
dalle 10 alle 18 

COME ARRIVARE
In auto: Autostrada A4 Milano-Venezia – uscita Desenzano del Garda – 4 Km in direzione Lonato
In treno: linea ferroviaria Milano-Venezia – stazione di Lonato oppure da Desenzano del Garda-Sirmione, proseguendo in pullman fino a Lonato

INFORMAZIONI e PROGRAMMA DETTAGLIATO
Tel. +39 030 9130060 – www.fiorinellarocca.it – info@fiorinellarocca.it
Pagina facebook “Fiori nella Rocca”

 


“Frolla” è la Cooperativa sociale più dolce che ci sia!

Dall’idea di un pasticcere e un operatore sociale, a Osimo – a due passi dal monte Conero è famosa per le sue grotte ipogee e per le tante mostre d’arte che il settecentesco Palazzo Campana periodicamente allestisce – lì, è nata “Frolla”, la Cooperativa sociale più dolce che c’è, che dà lavoro a tanti ragazzi e sforna ogni giorno dolcissimi prodotti, fatti con amore.

Siamo una cooperativa sociale con la finalità di fare inserimento lavorativo di ragazzi con disabilità, nel mondo del lavoro” – questo è quanto dichiara Jacopo Corona, presidente di detta Società: ventinove anni, founder del micro biscottificio Frolla e presidente di CNA Panificatori Ancona, che si è appena aggiudicato il prestigioso premio di “Cittadino Europeo 2021 –.

Tutto nasce nel 2018 ad Osimo (AN) una storia che tiene insieme sviluppo, etica e solidarietà: protagonisti diciannove ragazzi diversamente abili, la loro arte, è quella della pasticceria.

Che biscotti sono?” – chiede Antonio Farnè, inviato del Tg2 Rai, ad uno dei ragazzi – “Al cioccolato, banana e crema” – e un altro, completa la risposta: “Anche al cacao e crema di menta…” –  e Farnè: “Come sono venuti?” – “Bene, benissimo!” – rispondono i ragazzi convinti.

Non ci sono macchine, non ci sono robot, qui – nel laboratorio di pasticceria della Cooperativa sociale “Frolla” –  è il lavoro umano che influenza la produttività… Ogni giorno vengono confezionati centocinquanta sacchetti di biscotti.

E’ un posto buono, mi piace quello che faccio con gli altri…” – dice un ragazzo interpellato da Farnè – che gli chiede di nuovo: “Qual è la tua specialità?  – “I biscotti all’amarena e pistacchio” – risponde lui – e ancora Farnè – : “Ti piace questo lavoro?” – “Si tantissimo!”.

Sono tutti colleghi tra loro… e siamo tutti colleghi, insieme” – precisa Sara Accoroni, maestra pasticcera:  anconetana, campionessa mondiale di pasticceria che nei giorni scorsi, a Parigi, in coppia con Bruno D’Angelis, ha portato l’Italia alla vittoria dei “Mondial des Arts Sucrés”. – “C’è condivisione e loro hanno tantissima voglia di imparare” – afferma –.

Gli ingredienti sono a chilometro zero, forniti dagli agricoltori del territorio.
Siamo orgogliosamente coinvolti nel progetto – dichiara Francesca Gironi, responsabile di Coldiretti Donne Impresa Marche“perché tutti i ragazzi condividono con noi gli stessi valori, valori che hanno portato le nostre aziende ad essere delle apripista nei progetti di agricoltura sociale, tant’è che noi deteniamo il primato, come regione, per aver legiferato in ambito di agricoltura sociale, in anticipo rispetto alla legislazione nazionale”.

Prodotti di qualità che spingono il fatturato della cooperativa fino ai 330mila euro dell’ultimo bilancio, quello del 2022, soldi che vengono poi reinvestiti per aumentare la capacità produttiva.

Loro qui, sono ufficialmente assunti da parte della cooperativa tramite progetti regionali e europei. – E’ il presidente di “Frolla”, Corona, che spiega quale sia la filosofia e la mission aziendale “L’obiettivo principale della cooperativa è espandere le proprie attività con la finalità di inserire sempre più ragazzi. Quindi tutti gli anni stiamo cercando di investire per generare nuovi posti di lavoro: a oggi abbiamo 19 ragazzi inseriti, ma presto ne arrivano altri 2

E, se i clienti sono lontani, sono gli stessi ragazzi a raggiungerli, con un pullmino che gira per strade, piazze, mercati e fiere. La nuova strategia commerciale, ”dolci sorrisi”, è voglia di vivere!

Micro biscottificio artigianale
Via XVII Luglio 16 Osimo (AN)
Tel: 349 3308058
Email: jacopocorona@frollalab.com

(Antonio Farnè inviato Tg2 Rai)


Oggi è il giorno – virtuale -  più gustoso dell’anno: il “CarbonaraDay”

il 6 aprile è il #CarbonaraDay, la spaghettata social più amata al mondo – l’anno scorso ne hanno parlato circa 1 miliardo di “pasta lovers” e i pastai italiani di Unione Italiana Food hanno celebrato il piatto di pasta più goloso su Twitter, Facebook e Instagram, per chiedere a tutto il mondo di condividere la propria versione della “carbonara”.

Una, nessuna e centomila Carbonare: migliaia di interpretazioni e, le origini controverse la confermano come la ricetta più amata, interpretata e discussa sui media e sui social in tutto il mondo. Ne è la prova la recente polemica innescata dal Financial Times sulla paternità del piatto. C’è chi è fedele all’originale, chi propone variazioni sul tema e chi la stravolge con versioni irriconoscibili: non ultima la “Carbonara al pomodoro” del New York Times che, per la seconda volta, ha fatto infuriare la rete. Per questo il tema del 7° #CarbonaraDay è #TheRealCarbonara. Per stabilire se in rete sono più diffuse le carbonare “rivisitate” o #TheRealCarbonara, i pastai di Unione Italiana Food hanno commissionato ad AstraRicerche il primo censimento della Carbonara nel mondo, analizzando sul web i trend più virali delle carbonare reinterpretate.

In tutto il mondo, nel 36% dei casi si tratta di ricette “sbagliate”, che è addirittura un po’ azzardato chiamare Carbonara (e che vivono prettamente all’estero). Il 61% delle preparazioni restano fedeli alla purista #TheRealCarbonara o aggiungono ingredienti e variazioni sul tema accettabili (4%). È negli USA e in UK che crescono le ricerche più strane. Guardando a casa nostra, 7 italiani su 10 conoscono gli ingredienti necessari, considerando come imprescindibili guanciale (e, con una discreta tolleranza, pancetta), uova, pecorino oparmigiano e pepe. E se 6 italiani su 10 rispettano l’utilizzo degli ingredienti giusti, anche in casa nostra non manca un certo estro interpretativo: 1 italiano su 5 (soprattutto uomini) si avventura nelle “diversamente carbonare” con un ingrediente fuori dagli schemi. Mah…

#CARBONARADAY (6 APRILE): UNA VOLTA SU 3 LA RICETTA È “SBAGLIATA”   ECCO LA TOP TEN DELLE CARBONARE PIÙ STRAVAGANTI (E DOVE SI CUCINANO)

I pastai di Unione Italiana Food hanno realizzato il primo censimento della Carbonara nel mondo, analizzando sul web i trend più virali sul piatto di pasta più interpretato al mondo, a volte fino all’eccesso…
Le versioni “sbagliate” si concentrano maggiormente all’estero (USA e UK sul podio) mentre 6 carbonara lover nel mondo restano fedeli alla ricetta originale (circa il 61%) o aggiungono ingredienti accettabili (4%)
Sei italiani su 10 la preparano classica, mentre 1 su 5 declina il piatto in versioni regionali con ‘nduja, pistacchio e tartufo.
Maratona social il 6 aprile, alle ore 12.00, in diretta sui canali social WeLovePasta con i pastai di Unione Italiana Food con gli hashtag #CarbonaraDay e #TheRealCarbonara

Una, nessuna e centomila Carbonare: migliaia di interpretazioni e le origini controverse la confermano come la ricetta più amata, interpretata e discussa sui media e sui social in tutto il mondo: ne è la prova la recente polemica innescata dal Financial Times sulla paternità del piatto. C’è chi è fedele all’originale, chi propone variazioni sul tema e chi la stravolge con versioni irriconoscibili, non ultima la Carbonara al pomodoro del New York Times che, per la seconda volta, ha fatto infuriare la rete. Per questo il tema del 7° #CarbonaraDay è #TheRealCarbonara: ovvero quanto è consentito modificare una ricetta per poterla chiamare ancora Carbonara? Torna il 6 aprile il #CarbonaraDay, la spaghettata social più amata al mondo – l’anno scorso ne hanno parlato circa 1 miliardo di pasta lovers e i pastai italiani di Unione Italiana Food celebrano il piatto di pasta più goloso su Twitter, Facebook e Instagram, per chiedere a tutto il mondo di condividere la propria versione della “carbonara”.

“Una, nessuna, centomila carbonare”: ecco il primo censimento delle carbonare globali
Per stabilire se in rete sono più diffuse le carbonare “rivisitate” o #TheRealCarbonara, i pastai di Unione Italiana Food hanno commissionato ad AstraRicerche il primo censimento della Carbonara nel mondo, analizzando sul web i trend più virali delle carbonare reinterpretate. La ricerca è stata condotta nel mese di marzo sui contenuti creati dagli utenti sui social (Twitter, Facebook e Instagram) e sul web (attraverso Google Trends): oltre 4.600 i contenuti tracciati con l’hashtag #carbonara, pubblicati in più di 20 differenti lingue, accompagnati dalla fotografia o persino da un filmato di un piatto di carbonara, per un totale di oltre 4,5 milioni di visualizzazioni (per la Top Ten delle Carbonare più creative, vedi Focus 1).

Felicetti: “Pasta un piatto che unisce. bene le fantasia, ma se si esagera non chiamatela carbonara”
Secondo Riccardo Felicetti, Presidente dei Pastai di Unione Italiana Food, “L’equazione della Carbonara perfetta è una sfida che appassiona milioni di foodies e chef di tutto il mondo. Abbiamo voluto festeggiare questo piatto per andare oltre l’idea di ricetta ideale. La pasta ha così successo nel mondo perché è buona e versatile e esistono ottime Carbonare che includono anche ingredienti ‘sbagliati’. Le tante versioni di questo piatto ne sono la prova. Con questo censimento vogliamo provare a tracciare un confine invalicabile della ricetta originale, per cui se lo si supera non è più una Carbonara. Ma, così come il mondo, questa ricetta è bella perché è varia: l’importante è godersi il piatto, magari in compagnia di amici ed affetti cari”.

Se questa è una carbonara: ecco le 10 ricette più estreme
Gli estremisti della carbonara spaziano dall’audace, al gourmet, allo scriteriato: dal Kenya arriva la “no cream” Carbonara, mentre è indiana la Almost Carbonara, che toglie l’uovo ma aggiunge broccoli, mais, latte di soia e salmone scottato. Dalla Francia, dove 7 anni fa partì il carbonara-gate, la propongono col prosciutto (ma l’uovo è stracciato). Gli scienziati del CERN, in Svizzera, la mangiano con pancetta bollita e contorno di verdure grigliate, e la pasta sembra irrimediabilmente scotta… dal Texas arriva la Udon Carbonara, dal Delaware la variante Paleo, zucchine e cipolla, ma senza formaggio e uova… e con pasta di farina di kassava. In Missouri la preparano con pancetta, scalogno e bacon croccante, in Florida con le capesante. Dall’Italia arriva la variante al pistacchio e burro, mentre il primato degli orrori arriva dalla California, come la carbonara con cavoletti di bruxelles viene servita con pane all’aglio, pollo e gamberi.

Più di una carbonara su 3 nel mondo è “sbagliata”, soprattutto all’estero: ecco i macro gruppi di creativi
Estremismi a parte, la ricerca dei pastai italiani ha analizzato come il mondo interpreta la carbonara. Nel 36% dei casi si tratta di ricette “sbagliate”, che è addirittura un po’ azzardato chiamare Carbonara (e che vivono prettamente all’estero). Il 61% delle preparazioni restano fedeli alla purista #TheRealCarbonara o aggiungono ingredienti e variazioni sul tema accettabili (4%). Partiamo da una premessa fondamentale: secondo la tradizione condivisa, la ricetta originale è composta dal “quintetto di solisti’ (pasta, uovo, pecorino, guanciale, pepe) che esperti e chef più o meno autorevoli, in mancanza di documenti inoppugnabili, ritengono oggi gli unici ingredienti ammessi. Partendo da questo riferimento, il censimento ha individuato quattro gruppi di “creativi”:
Il team di chi aggiunge: i creativi con giudizio. Si parte dalla ricetta tradizionale per aggiungere 1 o 2 ingredienti “vicini”, in genere di natura vegetale come zucchine, fave, asparagi, carciofi o cipolla di tropea. Ci sono anche le aggiunte che fanno virare il piatto verso nuovi sapori come pistacchi (o crema di pistacchio) o tartufo nero. Non manca poi chi usa la panna per un effetto più cremoso o la variante panna e noci e quella con cardi, latte e peperoncino.
La squadra che toglie, soprattutto per versioni veg. Un’alternativa è limitare gli ingredienti base come il guanciale/pancetta o le uova, spesso con l’obiettivo di impiattare una carbonara vegetariana/vegana: qui gli ingredienti che prendono il posto degli eliminati sono zucchine, olio e aglio, per arrivare a ricette molto elaborate di carbonara veg con zucca, nocciole, curcuma e salvia.
Il focus group che sostituisce. Spesso la sostituzione del guanciale/pancetta è con lo speck, oppure le uova vengono sostituite con lo zafferano e un formaggio cremoso; alcuni, al posto della pasta secca, scelgono il riso o paste fatte con particolari grani/cereali, come la carbonara con pasta di riso e carciofi.
I rivoluzionari, che mantengono solo il nome. Infine, si trova in rete anche la carbonara che della ricetta originale conserva solo il nome, come le “carbonare di mare”: cozze, lupini, vongole, gamberi, calamari, capesante oltre che olio, aglio, prezzemolo, limone. Insomma, della ricetta che dà il nome al piatto conservano di fatto solo la mantecatura con le uova.
C’è poi chi dalla carbonara toglie proprio l’ingrediente top, la pasta: in molti propongono la carbonara in “forme” del tutto differenti, dalla frittata alla pizza, dal supplì alla focaccia, persino la carbonara in stecco, in burger o tramezzini.

A USA e UK (Regno Unito) va il primato delle ricerche più strane sulla carbonara
Paesi nordici (in particolare Svezia, Norvegia, Danimarca e Romania) e Sud-est asiatico sono le zone in cui si registrano picchi alti di fantasia, spesso arrivando ai limiti o oltre della ricetta originale. È negli USA e in UK che crescono, però, le ricerche più strane: dalla vegetariana “halloumi carbonara” a quella con aggiunta di mais, fino alla “popia carbonara” (una sorta di involtino primavera ripieno di carbonara) che del nostro piatto conserva ben poco. L’approccio all’estero è decisamente spericolato: compaiono ingredienti come udon e noodles, mais, broccoli, cavolini di Bruxelles e funghi, latte di soia. È proprio dalle ricerche in lingua inglese che emerge, poi, un “carbonara trend” con funghi, miso e spezie piccanti. Sempre oltreoceano ritroviamo ricette e immagini di piatti di pasta letteralmente ricoperti di panna o salsa e decorati con broccoli o altri vegetali. Non si lesina sugli elementi decorativi: dalle frittatine di albumi alle fette di pane tostato all’aglio. Molto fotografata all’estero la “carbonara rossa” con pomodoro, panna e aglio.

E in italia? 6 su 10 si dichiarano puristi ma a 1 su 5 piace sperimentare
Guardando a casa nostra, da un’indagine condotta da AstraRicerche su un campione di 1.000 italiani (18-65enni) emerge che 7 su 10 (i Millennials guidano il filone, con il 77%) conoscono gli ingredienti necessari, considerando come imprescindibili guanciale (e, con una discreta tolleranza, pancetta), uova, pecorino o parmigiano e pepe. E se 6 italiani su 10 rispettano l’utilizzo degli ingredienti giusti, non mancano i dubbi su come usare le uova (solo tuorli o uova intere) e in quale quantità, se integrare/sostituire il pecorino romano con il parmigiano reggiano o utilizzare l’olio per far sfrigolare il guanciale/pancetta. Anche in casa nostra, non manca un certo estro interpretativo: 1 italiano su 5 (soprattutto uomini) si avventura nelle “diversamente carbonare” con un ingrediente fuori dagli schemi: panna (6.5%) o latte (3.1%), peperoncino (5.2%), prezzemolo (4.4%), pomodoro (3.8%). Non solo: c’è chi utilizza il prosciutto al posto del guanciale (3.5%) o componenti ‘veg’ (funghi 2.5%, pisellini 2.2%, zucchine 2.1%). Gli ingredienti di troppo sono più diffusi nel Sud Italia, con una passione per peperoncino e prezzemolo (23%). Non mancano, infine, le declinazioni regionali di (non) Carbonara, utilizzando le eccellenze del territorio come la roveja (il tipico legume umbro), la ‘nduja (il salume calabrese), passando per il cardo gobbo (piemontese), per lo Speck Alto Adige IGP (la ‘carbonara tirolese’) o il prezzemolo (la carbonara siciliana o ‘pasta cu riquagghiu’) e il pistacchio siciliano.

Maratona social il 6 aprile; come partecipare
Per partecipare all’evento virtuale le regole sono semplici: il 6 aprile, a partire dalle ore 12 (CET) basterà seguire gli hashtag #CarbonaraDay e #TheRealCarbonara e cimentarsi nella propria versione in dirette video, condividere opinioni, foto e consigli su Instagram, Facebook e Twitter.

Unione Italiana Food
Viale del Poggio Fiorito, 61  Roma
Tel: +39 06 8091071
E-Mail: unionfood@unionfood.it


CINQUE VIAGGI CULINARI NEGLI STATI UNITI PER VERI FOODIES

Profumi, sapori e tradizioni culinarie sono elementi di connessione con la cultura di un luogo e permettono di immergersi appieno nell’esperienza del viaggio. Visit The USA ha riunito cinque destinazioni gastronomichealla scoperta dei sapori degli Stati Uniti, a partire dai dolci aromi dei peperoni arrostiti di Santa Fe (Stato del Nuovo Messico) passando per la cucina tradizionale del New England e con un tocco di innovazione a Boston (Massachusetts).

Un viaggio piccante a Santa Fe, New Mexico

La maggior parte delle strade di questa città nelle Rocky Mountain è dedicata al peperoncino. Gli abitanti del luogo si tramandano i semi come cimeli di famiglia e nella valle del Rio Grande si trova Hatch, la “Capitale mondiale del Cile“.

Il peperoncino Hatch, noto per il suo sapore dolce-piccante
Provate le varietà verdi, da quelle medie fino alle più piccanti, utilizzate in piatti come i chiles rellenos, peperoncini ripieni, in pastella o fritti, oppure sperimentate il peperoncino rosso, più dolce, spesso essiccato o in salse. La maggior parte dei venditori arrostisce i peperoni sul posto e quando viene posta la domanda “rosso o verde?“, i viaggiatori possono rispondere “Christmas” per assaggiarli entrambi.  Non perdetevi la specialità del New Messico, il cheeseburger al peperoncino verde, oggi così apprezzato che è stato realizzato un percorso ad hoc per scoprirlo in tutte le sue versioni. Tra le altre specialità locali troviamo i food truck messicani nella piazza del centro, il ricco “posole” (stufato di maiale e mais macinato), il gustoso barbecue e il Santa Fe Chocolate Trail, dove i golosi possono provare antichi elisir in stile meso-americano. A settembre avrà luogo la Santa Fe Wine & Chile Fiesta, che celebra la scena culinaria della città con spettacoli di cucina, banchetti di chef ospiti, cene a base di vino e un tour in bicicletta tra le tappe gastronomiche.

Zuppa di vongole a volontà a Boston, Massachusetts
La prima tappa di ogni viaggio culinario nel New England inizia con il più antico ristorante degli Stati Uniti, la Union Oyster House di Boston, dove i buongustai possono assaporare specialità regionali come la zuppa di vongole, l’aragosta e le ostriche fresche. Il ristorante vanta un “wall of fame” con i suoi ospiti più celebri, tra cuiMeryl Streep e Al Pacino, oltre a essere tra i preferiti del presidente John F. Kennedy, che amava accomodarsi nella privacy della sala al piano superiore. Tra i piatti forti del menù, il famoso involtino di aragosta o i maccheroni all’aragosta. Non avete voglia di frutti di mare? Dirigetevi verso il North End, anche noto come Little Italy, per esplorare il quartiere più antico di Boston, che ospita più di 100 ristoranti, caffè e panetterie di ispirazione italiana. Cenate al Bricco, all’Assaggio o al Quattro – tutti di proprietà di Frank Depasquale – per un mix di tradizione italiana e raffinatezza moderna. Qui consigliamo vivamente il sugo di pomodoro e polpette, una ricetta di famiglia. Il Caffè Paradiso, in fondo alla strada, è perfetto per un espresso e un cannolo dopo cena, aperto tutti i giorni fino alle 2 di notte.

Cena nel deserto a  Scottsdale, Arizona
Sullo sfondo delle Camelback Mountain, Scottsdale ospita una serie di chef all’avanguardia che da tempo guidano la scena culinaria del posto. Lo chef Charleen Badman è considerato il protagonista della gastronomia locale, conosciuto per far risaltare la comunità agricola e contadina dell’Arizona con i menù stagionali del suo ristorante in centro, FnB. Charleen offre anche il primo assortimento di vini prodotti esclusivamente in Arizona per accompagnare i piatti di ispirazione locale. Al The Mission, lo chef Matt Carter propone i sapori di Spagna, Messico, Centro e Sud America nella Old Town di Scottsdale. Il freschissimo guacamole viene preparato direttamente al tavolo e non andate via senza aver provato i tacos di spalla di maiale arrosto o i margarita al cetriolo e lo jalapeno. Per un clima più casual, Diego Pops propone ai clienti i sapori messicani tradizionali in chiave creativa con i nachos ai cavoli di Bruxelles, uno dei piatti più popolari del menù.

Il trionfo del Gumbo a Lake Charles, Louisiana
Se siete in viaggio nel Sud, il Lake Charles – nel sud-ovest della Louisiana – merita sicuramente una sosta. Celebrando il patrimonio e la cultura cajun e creola, questa città serve i migliori gumbo, boudin e étouffée e il suo paesaggio culinario aspetta solo di essere scoperto. Dirigetevi verso il ritrovo locale, Steamboat Bill’s on the Lake, per il gumbo di gamberi e granchi e per i gamberi jumbo del golfo delle farfalle; per un buffet a base di carne, Famous Foods offre morbidi ciccioli di maiale e salsicce boudin (tradizionalmente preparate con una miscela di porto, riso, cipolle, peperoni e condimenti insaccati). I più golosi possono scegliere poi tra una selezione di torte della tradizione, sfornate ogni mattina dalla Mrs Johnnie’s Gingerbread House. Vale sicuramente la pena di prendere una o due fette di torta di more in più per il viaggio. Per la prima volta in assoluto, Lake Charles ospiterà il Louisiana Food & Wine Festival (14-17 settembre), che riunirà le migliori esperienze gastronomiche della Louisiana e del Sud.

Rivoluzione culinaria del Bluegrass a Lexington, Kentucky
Immergetevi nel fascino del Sud a Lexington, in Kentucky, dove vi attendono gli aromi dolci e salati della classica cucina del Sud. Iniziate il percorso in una residenza storica del 1800 trasformata in ristorante, l’Holly Hill Inn. Si tratta di uno dei sei ristoranti di Lexington di proprietà della celebre chef Ouita Michel – soprannominata la “Martha Stewart del Sud” – e ha dato il via a una rivoluzione culinaria del Bluegrass quando è stato aperto nel 2001. Con prodotti provenienti dalle fattorie locali del Kentucky e un menù basato sulla stagionalità, il ristorante trasmette il calore della vera ospitalità del Kentucky. Un viaggio nella terra famosa per i cavalli, non sarebbe poi completo senza il bourbon, distillato originario americano. Scoprite le 18 più grandi distillerie del Kentucky lungo il Bourbon Trail, a Lexington e Louisville, per assaporare la ricchezza storica e il gusto distintivo del bourbon, sbirciando dietro le quinte della sua produzione. Per una perfetta combinazione food & beverage, recatevi alla Bardstown Bourbon Company. A poco meno di un’ora da Lexington, qui i commensali possono gustare una combinazione di comfort food del sud e un’ampia cantina di distillati che ospita più di 400 whiskyamericani d’annata.

Visit The USA si propone di ispirare i viaggiatori a sperimentare la vivacità, la cultura e le infinite possibilità del Paese, come in nessun altro luogo al mondo. Estensione di Brand USA, l’organizzazione di destination marketing per gli Stati Uniti, Visit the USA accompagna i consumatori in viaggi intensi attraverso la vasta geografia degli Stati Uniti grazie a una narrazione coinvolgente e a una programmazione che include diversi punti di interesse. Utilizzando l’intrattenimento per presentare attrazioni uniche, divertenti viaggi su strada ed esperienze a tema che spaziano dalla musica all’arte, dalla gastronomia all’avventura e non solo, Visit The USA offre una visione innovativa delle guide di viaggio, mettendo in evidenza le grandi promozioni stagionali come ulteriore risorsa per i consumatori.
Per saperne di più sugli Stati Uniti e sull’infinita varietà di esperienze di viaggio e di cultura autentica e ricca, si prega di visitare il sito https://www.visittheusa.com/ e di seguire gli account social di Visit The USA su Facebook, Twitter e Instagram.


La Pasqua in Italia si festeggia con uova e colombe, anche “molto gourmet”…

Quando arriva Pasqua gli italiani più golosi – non rinunciano al gusto e alla qualità – spendono circa mezzo miliardo di euro (!) ogni anno, in uova di cioccolato, colombe pasquali e altri prodotti sia lievitati che non, dolci pasquali, oltre alle tantissime specialità regionali. Tra tutti, si consolida il primato delle “colombe” soprattutto grazie a quelle artigianali che per tradizione, compaiono sulle tavole di cattolici e pure miscredenti. La colomba è un dolce per il quale non tutti sono disposti a fare follie, perché, magari al sud, si è più propensi a spendere per “pastiera” e “cassata” dolci anche questi simbolo della primavera e della Pasqua.
Come per le colombe, che troviamo artigianali e addirittura “firmate” da chef e persino da “stilisti” e finanche da una nota influencer (…).

Anche per le uova di Pasqua, la scelta si allarga a prodotti di alta qualità – senza arrivare all’uovo Choccy-woccy-doodah Easter Eggs da oltre 25mila sterline (30mila euro) perché uovo creato sul modello Fabergé… (il più costoso al mondo) – pure di designer e comunque col prezzo commisurato alla “sorpresa” plus che manca ai lievitati…
Si parla di manufatti in vendita dai 40/50 euro in su (anche molto in su…) e la scelta è vastissima, approfittando dell’infinito spazio che esiste in rete, dove le uova (come le colombe) si possono acquistare tranquillamente e far recapitare direttamente a casa.
Comunque il mercato è molto diversificato e non esiste più l’uovo o la colomba al singolare, ma tante uova e tante colombe in base alle zone o allo stile del pasticcere: qualche esempio?

Anche a Pasqua, Baci® Perugina® ha tante idee per sorprendere: l’uovo di cioccolato fondente Luisa di Perugina® è l’uovo di Pasqua classico, che sposa l’eleganza dell’incarto al gusto autentico del cioccolato fondente. Un guscio di cioccolato fondente Luisa racchiude al suo interno un’esclusiva sorpresa realizzata da Maestri Orafi Toscani, 100% Made in Italy.

L’uovo di Pasqua artistico del maestro Iginio Massari davvero prezioso l’uovo che sembra ricoperto di velluto; ha un costo tutto sommato accessibile, considerata la firma: 58 euro per 500 gr di finissimo cioccolato, fondente o al latte

Uovo di Pasqua Lavoratti – Carlo Cracco: cioccolato fondente Ecuador monorigine 60% e Pesca di Volpedo a 60,00 € oppure: cioccolato bianco, cremino e granella di pistacchio verde di Bronte DOP a 55,00 €

Anche chef Cannavacciuolo ha in gamma l’uovo pasquale: cioccolato di copertura al latte (39% minimo di cacao, puro burro di cacao) oppure fondente. Nasconde una sorpresa inaspettata, dolcissima e dai sapori variegati. Fatto con zucchero, burro di cacao, latte intero in polvere, fave di cacao, emulsionante: lecitina di girasole, estratto naturale di vaniglia (può contenere frutti con guscio, soia).Peso: 200 gr. 36€

E poi ci sono i soliti noti: Caffarel Cremì Fondente, Kinder GranSorpresa Maxi Stranger Things, Ferrero RocherPasqua d’oro Fondente, Lindt Emozioni Golose Bianco pistacchio mandorle e Dolci Preziosi Uovo di Pasqua Chiara Ferragni.

La storica pasticceria milanese Marchesi 1824 celebra la Pasqua con il Pastry Chef Diego Crosara che mette in bella vista le sue proposte nelle vetrine dei negozi in Galleria Vittorio Emanuele, in via Monte Napoleone e in via Santa Maria alla Porta. Tra le altre, la colomba classica della tradizione pasquale, simbolo di pace ed emblema della rinascita primaverile, ottenuta da sapiente lavorazione, lenta lievitazione con lievito madre di 48 ore e materie prime italiane di eccellenza, come i canditi di arancia siciliana.

Per noi la Pasqua è alla frutta, quindi proponiamo una colomba alla pesca, glassata con nocciole IGP – è Dario Loison, titolare del laboratorio di pasticceria fondato nel 1938 a Costabissara (VI) che parla – e la nostra peculiarità, la colomba al mandarino tardivo di Ciaculli, che è un presidio Slow Food (calibro medio-grande, forma rotondeggiante, buccia sottile, polpa succosa e una carica di vitamine B1, B2 e C).

Al centro-nord, in Emilia e Romagna, non possiamo fare a meno di riferirci al maestro Gino Fabbri, già pasticcere dell’anno e presidente dell’Accademia dei maestri pasticceri italiani, specifica che per il simbolo della Pasqua, l’importante sono, la lievitazione e l’impasto, un po’ come per il panettone tutto ha origine dal lievito madre. Ma a differenza del panettone, per la colomba occorre una maggiore presenza di aromi di agrumi messi in infusione nel burro di cacao per aiutare a donare all’impasto più fragranza ed eleganza, poi scorze di arancia candite a mano e ben 5/6 ore di lievitazione prima di andare in cottura… Per Gino Fabbri, l’impegno maggiore è la manualità per realizzare la classica forma della colomba. Non si tratta di mettere l’impasto in uno stampo, ma di plasmarlo partendo da una forma simile a una mandorla, da cui si ricavano “le ali” allargandone le due estremità laterali.

Per il riminese Roberto Rinaldini sono tre le varianti di colomba: la versione classica, con lievitazione a lunghissima durata (per dare all’impasto gran fragranza) con scorze di arancia candita e con vaniglia Bourbon. Infine, sulla superficie, zucchero e mandorle croccanti. La versione primaverile si presenta con fragoline di bosco e albicocche semi candite. L’impasto in questo caso è con “fave di Tonka”, meno dolce della vaniglia e più fragrante, dona alla colomba una componente moderna e accattivante. Versione al cioccolato, amarene e pistacchio: impasto profumato alla vaniglia Bourbon, amarene semi candite, gocce di cioccolato fondente del Venezuela 73% e glassa al pistacchio.

Spostandoci più a sud, troviamo le colombe di Matteo Dolcemascolo (da Frosinone) lievitista italiano specializzato nella produzione di “grandi lievitati da ricorrenza” e nominato nel 2021 “Miglior Pasticcere Emergente” dal Gambero Rosso.
Quest’anno abbiamo pensato ad una colomba particolare – ci spiega Matteo – ovvero ai fichi e cioccolato bianco: i fichi bianchi sono molto pregiati e molto dolci, infatti la canditura che facciamo è molto lieve. Poi abbiamo scelto di fare una glassa molto croccante, in modo che si possa sposare bene con la morbidezza dell’impasto”…

Per Ciccio Sultano e Fabrizio Fiorani, una colomba fa primavera… ed è messa in una scatola che ha per tema i fiori di mandorlo. Il primo impasto lievita ventiquattro ore e il secondo altre dodici. In tutto sono trentasei ore di lievitazione. Una colomba fatta a mano e soprattutto viva, senza additivi né conservanti, fatta con canditi, farina, burro, vaniglia e glassa di mandorle, perchè senza mandorle non sarebbe siciliana e senza la Sicilia non ci sarebbero le mandorle. Un chilo di sapore e leggerezza, firmato Ciccio Sultano e Fabrizio Fiorani.

 

 

Per chi può, se vuole….

E allora, uova o colomba? Comunque… Buona Pasqua!

NESTLÉ ITALIANA S.P.A.
Via del Mulino 6 Assago (MI)
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Tel. +39 051 969 157 r.a.

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Turismo d'arte e di storia: nelle Marche c'è “Palazzo delle cento finestre”

La sua sagoma maestosa domina l’orizzonte e le dolci colline che si specchiano nel mare di Senigallia, davvero inconfondibile, è palazzo Castracani Augusti detto delle “cento finestre” (sito nella frazione di Brugnetto di Trecastelli AN). Edificato nel XIII secolo sui resti di una villa romana, il palazzo acquisì l’attuale fisionomia a metà del ‘700 e da allora è divenuto crocevia di storie, di incontri, di suggestioni, che si possono ancora scoprire varcando il portone d’ingresso…

Da questo scalone, disegnato dall’architetto arceviese Andrea Vici, allievo di Luigi Vanvitelli, il gotha del ‘900 italiano, scendeva a fianco del conte Augusti, l’eroe della prima guerra mondiale, generale di Cavalleria – è Giovanni Martines Augusti, nipote di cotanto eroe, che, in veste di padrone di casa, descrive a Antonio Farnè, inviato del Tg2, i trascorsi dell’edificio – Il 24 agosto del 1944 il primo ministro sir Winston Churchill, venne qui nel palazzo per una missione molto speciale e dormì in questo letto quella notte e qui, c’è anche la poltrona dove Churchill si riposò. Sul muro sopra alla poltrona, è appesa una fotografia dell’epoca, di mio nonno (Col. conte Gino Augusti) con Churchill qui fuori, davanti a questo palazzo”.

Entrando in un’altra stanza del palazzo, Giovanni Martines, racconta un altro aneddoto: “E qui ha dormito un grande della letteratura mondiale, anche grande amico del conte Augusti: Ernest Hemingway e qui c’è la fotografia di Hemingway in divisa da sottotenente dell’American Red Cross” e poi quando nel 1948 viene nel palazzo, regala il suo bastone da passeggio di Pamplona (in ebano, argento e corno di toro) cimelio unico al mondo e dice di avere scritto “Addio alle armi” ispirandosi alla sua (del conte Gino) magnifica “carica di Monastir (del 1916)”.

Martines entra adesso nella camera che ospitò anche Gabriele D’Annunzio: “Ci troviamo nella suite dedicata al Vate d’Italia: l’amicizia col conte Gino, si sancisce con la venuta, più volte qui del poeta, nel “palazzo delle cento finestre”. Adesso vi faccio vedere alcune cose straordinarie: questo è il “bastone del comando”, bastone da passeggio che D’Annunzio regalò a mio nonno  – continua Martines – che riporta incisa la frase “io ho quel che ho donato” e le sue iniziali. Sulla parete c’è una fotografia, che è stata dedicata dal Vate, ormai morente, al nonno – siamo nel Natale del ’37 – e poi questa bellissima sciabola di Cavalleria con il motto inciso: “Memento Audere Semper” (ricorda di osare sempre) che D’Annunzio regalò al conte con la dedica: “Al conte Augusti, l’eroe del solstizio”. 

Martines continua a muoversi tra le stanze del palazzo, descrivendo i momenti vissuti dal nonno più di un secolo fa: “Qui ci troviamo nella “stanza del trono”, cosiddetta, gotico-bizantina, che funge anche da sede della nostra Associazione “Arma di Cavalleria Settimo Lanceri Milano” e siamo circondati da memorabilia straordinarie: parliamo di Francesco Baracca, grande amico del conte Augusti… Vi faccio vedere la sella che regala quando decide di andare dalla Cavalleria in aviazione, il frustino, meraviglioso, con le sue iniziali e con il cavallino rampante inciso e il testamento ante litteram di Baracca; c’è anche una fotografia con la didascalia di Baracca: “Dall’alto sorvolo le tue imprese e le proteggo”… 48 giorni dopo Francesco Baracca morirà (mentre infuriava la Battaglia del Solstizio tra italiani e austroungarici NDR) 19 giugno del 1918.

Da qui sono passati tanti altri personaggi famosi di cui il visitatore può trovare traccia”… è Antonio Farnè che parla rivolgendosi a Giovanni Martines Augusti che gli risponde: “Sicuramente almeno tre papi, poi Voltaire, il grande Giacomo Puccini, Luigi Pirandello e l’ultimo, il re del Regno Unito, Carlo III d’Inghilterra
Qui (in questo palazzo) si vive la grande storia – chiosa Martines, proprio come disse Voltaire (e come si vede su un’iscrizione sul muro): “Uscendo da questo palazzo, qui non si usano complimenti si vive in libertà

Palazzo Antonelli Castracani Augusti
Via Gino Augusti, 1
Località Brugnetto Trecastelli AN
Tel.: 071 796 1181

  (Antonio Farnè inviato Tg2 Rai)


A VeronaFiere l'appuntamento più importante dell'anno: Vinitaly 2023

A Fiere Verona ha preso il via la 55ima edizione della principale rassegna mondiale dedicata al vino e ai distillati: su 100mila mq, 17 padiglioni espositivi, oltre 4mila aziende da tutta la Penisola e, nella sezione internazionale, operatori provenienti da oltre 30 Paesi. Un’edizione speciale che catalizza diversi temi di attualità: business, internazionalizzazione e posizionamento.  Mille i top buyer (+43% sul 2022) da 68 Paesi selezionati, invitati e ospitati da Veronafiere in collaborazione con Ice Agenzia. Chiuso il 2022 con un giro d’affari consolidato di 65,4milioni di euro (+4%) e con un MOL (margine operativo lordo) di 8 milioni. Negli USA (primo mercato per l’esportazione per i nostri vini) il valore è aumentato del 10% pari a una quota di mercato del 23%.

Il presidente di VeronaFiere, Federico Bricolo, afferma: “Definita la mappatura dei nuovi top buyer”Maurizio Danese, l’amministratore delegato, dal canto suo: “Grande ritorno di Asia con Cina e Giappone in testa, Nord America e nord Europa sono saldamente presidiati”

Nella festa dell’anteprima, “Opera wine” folla delle grandi occasioni per l’evento esclusivo che offre agli operatori del settore di tutto il mondo, la possibilità di conoscere i 130 migliori

vini rossi, bianchi, rosé e spumanti, tra tutti gli italiani. Sono gli esperti di Wine Spectator (testata riconosciuta a livello internazionale del mondo vitivinicolo) che hanno scelto, dopo un attento esame visivo e gusto-olfattivo, le etichette dei vini italiani, assegnandone il relativo punteggio. Dopo il tasting, che rappresenta l’anteprima della fiera veronese, sul podio – ancora una volta – la Toscana (Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Bolgheri e Supertuscan) con 35 cantine selezionate, poi il Piemonte (Barolo, Barbaresco) e Veneto (Prosecco, Amarone della Valpolicella e Soave) si inseriscono Sicilia e Campania e si rivalutano le Marche (Verdicchio). Aumenta l’appeal dei vini del sud, come il Passito di Pantelleria, ormai un vero classico.

Dieci nuovi ingressi e venti uscite rispetto al 2022. Le regioni del nord trionfano con 57 etichette, il centro si attesta a 44 e il sud a 29.

Dopo i rumors delle scorse settimane su quanto sono dannosi gli alcolici, il discorso “vino e salute” sarà approfondito proprio al Vinitaly.
Il ministro Francesco Lollobrigida ha già fatto sapere a Bruxelles: «Ci stiamo ragionando e lo faremo ascoltando gli operatori e le organizzazioni di rappresentanza del comparto. Credo nel ruolo della sussidiarietà della politica, e il nostro metodo di lavoro è ascoltare chi ne sa più di noi per poi assumersi la responsabilità di fare scelte politiche».
Lollobrigida ha annunciato tutta una serie di iniziative all’interno dell’area Masaf, che vedranno coinvolte associazioni di settore, rappresentanze europee, ministri del Governo (ben 5 quelli coinvolti, dal Turismo al Made In, dalla Salute alla Cultura che affiancheranno l’Agricoltura).

E inoltre…

Saloni co-located

Sol&Agrifood
Il Salone Internazionale dell’Olio EVO e dell’Agroalimentare di Qualità

Enolitech
Il Salone Internazionale delle Tecnologie Innovative applicate alla filiera del vino, della birra e dell’olio

VeronaFiere
Vinitaly and the City
Martina Valea
Tel.: +39 045 8298233
valea@veronafiere.it
T +39 045 9691220
customercare@vinitaly.com


Gli Italiani, vermi, larve e cibo in provetta nel piatto… non li vogliono!

Gli alimenti ad uso umano, in questo 2023 sono molto attenzionati dalle autorità competenti: proprio nei giorni scorsi, con il via libera dell’UE – per ragioni di sostenibilità alimentare – si è deciso di liberalizzare gli insetti ad uso alimentare e le farine fatte dagli stessi, che così (già dal 26 gennaio scorso) troviamo in commercio sugli scaffali della grande distribuzione (in posizioni ben distinte e con precise indicazioni in etichetta) come, tra l’altro, larve di verme della farina minore (Alphitobius diaperinus) addirittura in vari formati: sia congelate, sia essiccate, che in pasta o in polvere, per soddisfare diverse esigenze…

Per gli “insetti” è bastato fissare regole commerciali, mentre per il cibo sintetico (anche in base a un principio di precauzione) la scelta è stata quella del divieto assoluto di produzione e commercializzazione. Divieto che però non si potrà estendere anche ai cibi sintetici prodotti in altri paesi che, in virtù del provvedimento appena ratificato, dovranno trovare autonomi canali di distribuzione nel nostro paese.

Ciò perché, con l’entrata in vigore del regolamento sui “novel food” – dal gennaio 2018 – gli “insetti a scopo alimentare” (grilli, scorpioni, cavallette e coleotteri vari, usati come ingredienti per salse, piatti a base di legumi e verdura, pasta, minestre e prodotti sostituitivi della carne) e relative “farine” (per la produzione di pane, panini, cracker, grissini e altri prodotti da forno) sono consentiti in Europa.

Non sono escluse le bevande (birra) né prodotti come la frutta a guscio e semi oleosi o prodotti a base di cioccolato. L’aspetto più positivo dell’introduzione di fonti proteiche a base di insetti, è la riduzione dei costi e dell’impatto ambientale della filiera alimentare europea.

Dal Consiglio dei ministri arriva il divieto di produzione e di immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici, di produrre e commercializzare cibo sintetico (no a carne, latte e pure al sushi in vitro…). Previste multe salate.

E’ dunque un no tassativo quello dell’Italia al cibo sintetico. «È infatti vietato agli operatori del settore agroalimentare e a quelli del settore dei mangimi impiegare nella preparazione degli alimenti, bevande e mangimi, vendere, detenere per vendere, importare, produrre per esportare, somministrare oppure distribuire per il consumo alimentare alimenti o mangimi costituiti, isolati o prodotti a partire da colture cellulari o da tessutiderivanti da animali vertebrati». E, correlate alla perentoria decisione, anche le pene per gli eventuali trasgressori “chi finanziasse, promuovesse, agevolasse in qualunque modo…” che potrebbero essere chiamati a corrispondere migliaia di euro in sanzioni, addirittura finanche a coprire il 10% del fatturato dell’operatore che violasse il divieto (se avesse un fatturato superiore a 60mila euro): la sanzione massima, comunque, non eccederà i 150mila euro. È quanto previsto dal disegno di legge sugli alimenti sintetici approvato il 28 marzo u.s. che, per tutto quanto non previsto da detta legge, si riferirà alle disposizioni di cui alla legge n. 689 del 1981.

L’Italia è la prima nazione libera dai cibi sintetici” – è il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida che ha dichiarato – “In base al principio di precauzione, previsto anche dall’Unione europea, l’ambiente e la salute pubblica vanno salvaguardate. Ecco perché io e il mio collega Schillaci abbiamo condiviso una proposta di legge che vieta l’utilizzo, la produzione, l’importazione e la vendita di prodotti realizzati in vitro“.

Comunque, su insetti a tavola e alimenti sintetici, l’opinione pubblica italiana, in grandissima parte, condivide (l’84%) e un evidente consenso per l’iniziativa del Governo è stato espresso anche dalla Coldiretti, il cui presidente, Ettore Prandini, ha considerato che il disegno di legge del Governo risponde alle richieste di mezzo milione di italiani che hanno firmato la petizione per salvare il Made in Italy a tavola dall’attacco delle multinazionali, petizione sottoscritta anche dalla premier Giorgia Meloni e dal ministro Francesco Lollobrigida. Attacco che si è acuito proprio nei giorni scorsi con fandonie esageratamente irreali, provenienti dagli USA (da “Yankees” del Wisconsin) che pretendono di arrogarsi l’origine del nostro “Parmigiano Reggiano” – la cui nascita è “certificata” il 7 agosto 1612 grazie al Duca di Parma, Ranuccio I Farnese che ufficializzò anche la denominazione d’origine con un atto ufficiale per tutelare commercialmente il prodotto. Senza considerare che del Parmigiano già Dante prima e Boccaccio poi, ne avevano incensato i pregi, diversi secoli prima, quando ancora l’America non era stata scoperta… -. Vaniloqui contro le eccellenze italiane, che hanno coinvolto anche il panettone e il “tiramisù”, che come “la carbonara”, sarebbero stati inventati da emigranti italiani – divenuti americani – nei primi anni del ‘900…

Doverosa chiosa sull’intervento del presidente Prandini ospite della trasmissione Agorà di Rai 3 di giovedì 30 marzo – talk show condotto dalla bella e brava Monica Giandotti – Prandini, ha educatamente (anche troppo…) resistito agli attacchi davvero ostinati e insistenti… (chissà perché?) di Sabrina Giannini (ex “Report” e “Indovina chi viene a cena” sempre di Rai 3) che interveniva via web, insistendo a condannare le decisioni di Coldiretti (leggi Prandini)  perché lei non condivideva l’idea dello stop al cibo sintetico deciso dal Governo che salva 580 miliardi di euro di valore della filiera agroalimentare nazionale, che è diventata la prima ricchezza dell’Italia nonostante le difficoltà legate alla pandemia e alla crisi scatenata dalla guerra in Ucraina. Il Made in Italy a tavola, messo a rischio dalla diffusione del cibo sintetico, vale quasi un quarto del Pil nazionale e, dal campo alla tavola, vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740mila aziende agricole, 70mila industrie alimentari, oltre 330mila realtà della ristorazione e 230mila punti vendita al dettaglio e 10mila agricoltori in vendita diretta con Campagna Amica.

Ringraziamo il Governo – ha commentato Ettore Prandiniper aver accolto il nostro appello a fermare una pericolosa deriva che mette a rischio il futuro della cultura alimentare nazionale, delle campagne e dei pascoli e dell’intera filiera del cibo Made in Italy e la stessa democrazia economica. Le bugie sul cibo in provetta confermano che c’è una precisa strategia delle multinazionali che con abili operazioni di marketing puntano a modificare stili alimentari naturali fondati sulla qualità e la tradizione. La verità è che non si tratta di carne, ma di un prodotto sintetico e ingegnerizzato, che non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare e, inoltre, non è accessibile a tutti poiché è nelle mani di grandi multinazionali”.

Tra l’altro c’è da considerare che non solo il cibo sintetico è dannoso per l’ambiente, ma può anche essere dannoso per la salute umana.

NB: Bill Gates ha investito circa 50 milioni di dollari nella produzione di alimenti sintetici. In un’intervista con il MIT Technology Review, Gates afferma che “tutti i paesi ricchi dovrebbero passare al consumo esclusivo di carne sintetica come mezzo per combattere il cambiamento climatico“… (forse è parte in causa?)

La situazione inerente i “cibi di sintesi” richiedeva una decisione rapida perché la Food and Drug Administration Usa ha recentemente dato l’autorizzazione al consumo umano di “filetti di pollo creati in laboratorio”, per cui in tempi stretti, tali alimenti saranno presto diffusi anche in Europa.


Anche sotto le guglie della Madunina c’è “A Stagh Ban”, la cucina tipica emiliana…

A Stàgh Bàn”, nasce da un progetto familiare che si è spinto fino all’apertura di ben quattro ristoranti: dopo tre aperture in Emilia Romagna – Casalecchio di Reno, Riccione e San Lazzaro di Sàvena – approda in zona piazza Cordusio, a cinque minuti dal Duomo di Milano, con la sua cucina tipica emiliana, realizzando primi piatti con pasta fatta in casa (da “vere” sfogline) come le tagliatelle al ragù, secondi come la cotoletta alla bolognese e imperdibili dolci “bologneis“: torta di riso e zuppa inglese!
Menù della tradizione, dunque, nato dal ricordo dei momenti vissuti in famiglia sotto le Due Torri, in cui il buon cibo faceva da cornice a un’atmosfera conviviale indimenticabile!
E pensare che all’inizio erano tigelle e crescentine con affettato tipico del territorio emiliano, poi, con i risultati – più che lusinghieri – la proposta si è evoluta nel panorama enogastronomico!

Nel locale meneghino gli interni riprendono le peculiarità dei materiali originali e sono frutto di antichi ricordi abbinati a un design che non dimentica gli arredi tipici reinterpretati in chiave moderna e il restyling passa attraverso un design moderno: persino i muri sono arricchiti da foto che ritraggono scorci di Bologna antica e frasi di canzoni, per enfatizzare le emozioni e il calore respirato nelle vecchie case rurali delle campagne bolognesi.

La cucina è “a vista” (come in tutti gli A Stàgh Bàn) così da dare la possibilità di vedere da vicino come gli chef creino le varie preparazioni, in ambienti sempre puliti e ben organizzati.

L’illuminazione della sala recupera la semplicità delle lampade delle vecchie cucine con un cappello diffusore in metallo semplicemente appeso al cavo elettrico. Nella sala principale il punto luce è in cristallo, proprio per ricordare il lampadario del soggiorno di casa. Anche le porte dei servizi sono realizzate in profili di ferro grezzo, con avvitate tavole di legno a semplice taglio di sega, per ricordare le porte classiche delle case rurali del secolo scorso.

Aspetti semplici ma concreti, di grande attenzione nei confronti dell’ambiente perchè tutti gli A Stàgh Bàn sono “eco-sostenibili” il più possibile: la preparazione dei piatti in menù (impasti per pane, pasta, crescentine e tigelle fino a primi, secondi e dolci) è curata nei dettagli e attenta alle statistiche di affluenza, al fine di ridurre al minimo gli sprechi, sempre prestando attenzione al consumo di energia, allo smaltimento degli imballaggi (packaging plastic free) e adottando pratiche eco-responsabili, ove possibile (anche per l’asporto) e osservando comportamenti etici, nel pieno rispetto del Pianeta, considerando anche l’installazione di colonnine per la ricarica di mezzi elettrici a servizio della clientela.

Menù

Prima – Tant Par Tachèr:
Polenta fritta con caciotta di Monte San Pietro, Radicchio di campo con uovo strapazzato, pancetta croccante e riduzione di aceto balsamico,
Sformatino alle verdure di stagione con crema di Parmigiano Reggiano

Minestre – Mnestra:
Tortellini in brodo classico, Tagliatelle al ragù, Strette alla cipolla gialla di Medicina, Tortellone di ricotta burro e salvia,
Passatelli asciutti con crema di piselli e guanciale croccante, Balanzoni in crema di parmigiano reggiano

Per Dopo – Par Ddåpp:
Zucchine ripiene in umido, Cotoletta #bàn con patate al forno, Cotoletta alla bolognese, La Carnazza con patate al forno, Tagliata di manzo da 250gr al sale di Cervia e rosmarino, Pollo con verdure saltate

Insieme – Insàmm:
Verdure alla griglia, Spinaci saltati, Verdure al vapore, Insalata mista di stagione, Patate al forno

Colpo di grazia – Caulp dal radisen (gräzia):
Zuppa inglese, Torta di riso,  Mascarpone con tenerina al cioccolato, Gelato di crema antica Bologna,
Gelato di crema antica Bologna con Amarena Fabbri, Sorbetto al Limone

Il nome A Stàgh Bàn – dal dialetto bolognese “sto bene” – è stato reso attuale con l’introduzione del più conosciuto # e…
…se hai mangiato bene all’A Stàgh BànDighel ai to amis!

Da lunedì a domenica:
12:00/15:30 19:00/22:00
Via San Prospero, 4
Tel.: 02 6717 3562
www.astaghban.it


Full immersion nella natura del Delta del Po

La bellezza è ovunque basta scoprirla – dice Antonio Farnè inviato del Tg2 interloquendo con alcuni turisti in loco – “Per chi come noi arriva dalla città, dalla confusione, qui è veramente un altro mondo…” – “Tanta calma e tranquillità, qui è tutto splendido!” – dice un altro.

Delta del Po tra Emilia e Veneto, là dove il Grande Fiume dopo 652 chilometri sfocia nell’Adriatico. E’ la seconda zona umida più vasta d’Europa, dopo la Camargue francese. Natura a perdita d’occhio, che ospita un delicato e ricco ecosistema.

Farnè interpella Aida Morelli (presidente Parco Delta del Po Emilia Romagna) che illustra il territorio: “Ci sono circa 350 specie di uccelli diversi, tra questi spicca il fenicottero rosa. Ce ne sono circa 10 mila esemplari. Per la flora, abbiamo specie acquatiche di ogni genere”.

Fra terra e mare il Delta si può viverlo su piccole imbarcazioni lungo il dedalo di tanti corsi d’acqua: “Con la barca si può arrivare dappertutto e si vedono cose bellissime…” dice un barcaiolo che guida la sua “batana” (l’imbarcazione tipica del Delta). Ma si arriva ovunque anche a piedi, immersi nella natura, oppure a cavallo, in sella ai cavalli razza Delta, docili e resistenti, cugini diretti dei Camargue francesi: “Sono angeli bianchi che ci rimettono in sesto sia nel corpo che nell’anima” – dice una ragazza a cavallo –.

Il Parco del Delta del Po (52.000 ettari) si trova al confine orientale della Pianura Padana, dove il grande fiume Po apre il suo delta sul mare Adriatico. L’origine dell’attuale territorio deltizio può ricondursi orientativamente all’anno 30 mila a.C., quando la linea di costa cominciò a protendersi verso il mare. Oggi il comprensorio deltizio della Regione Emilia Romagna comprende il “delta fisico” nell’area nord e il “delta storico” nel territorio più a sud ed è suddiviso in Po di Pila, Po di Maistra, Po di Tolle, Po di Gnocca, Po di Goro, Po di Volano e Po di Levante. In area veneta, da Porto Tolle (Cà Tiepolo) navigando sul ramo principale del Delta, prima di  arrivare al mare, si dirama in tre foci: Busa di Tramontana, Busa Dritta e Busa di Scirocco.

Cosa vedere sul Delta del Po: Sacca di Scardovari, ponte di barche Santa Giulia, isola di Albarella, il faro di Punta Maistra, Porto Levante, il museo regionale della Bonifica, quello dell’Ocarina del Po e il campo di lavanda del Delta. Per vedere i fenicotteri da vicino, c’è un bellissimo itinerario naturalistico di circa 2 ore nel Parco del Delta, che si chiama “La Finestra dei Fenicotteri” attivo da luglio a settembre (per prenotazioni Servizio Informativo del Parco del Delta del Po – tel. 0533/314003). Da vedere anche la vegetazione: la più diffusa è quella palustre, contraddistinta da piante come salici e pioppi e dai tipici canneti. Sono presenti anche zone boschive, pinete e dune ricoperte da muschio e arbusti.
Il periodo migliore per visitare il Delta del Po è da ottobre a maggio. In estate le alte temperature e l’assenza di zone ombrose (e le zanzare) scoraggiano le camminate. La zona è vastissima e si potrebbe camminare per anni lungo gli argini dei vari rami del grande fiume.

Cosa mangiare nel Delta del Po? Riso alla “canarola” (perché chi andava a far canna nelle valli, era chiamato “cannarolo”) minestra di fagioli, risi e zucca, oltre a primi come: spaghetti alle vongole, tagliatelle al tartufo, crema di mais, tartufo e funghi piopparelli e zuppetta di cozze, per finire in dolcezza con la “smegiassa” o pinza di zucca (dolce della tradizione veneziana/chioggiotta).
Ma, la cucina e i prodotti del Delta del Po sono semplici ed essenziali: verdura, riso e pesce di fiume e di mare e soprattutto mitili, che sono caratterizzanti della zona. Proprio il Po negli anni, ha reso fertile il territorio innalzando la qualità di prodotti come il riso, coltivato da sempre, l’aglio e una produzione di nicchia come la patata americana, riscoperta ultimamente anche dalla cucina più raffinata. Non si può però venire nel Delta senza mangiare cozze e vongole, branzini, orate, anguille, sgombri, tutto alla griglia o in altre preparazioni più o meno elaborate, come sono serviti abitualmente nei ristoranti e nelle trattorie tipiche. Chi volesse  conoscere veramente il Delta, potrebbe affrontare una giornata di “pesca-turismo”, nei canali e nelle valli del Delta del Po e lì vedere il lavoro degli allevatori di mitili e dove potrà fare una bella battuta di pesca e pranzare con il pesce pescato nelle “cavane” i casoni tradizionali dei pescatori.

Mangiare nei dintorni: con la passione per la cucina e il legame con il territorio del Delta del Po, valorizzando i prodotti delle lagune dell’Alto Adriatico e degli orti sabbiosi, ogni giorno, a seconda della stagione, da In Marinetta (via Po di Levante, 2 Rosolina RO tel.: 345 031 8387 – info@inmarinetta.it -) si gusta la cucina che affonda le radici dove il grande fiume incontra il mare e dove si coltivano le famose e gustosissime vongole veraci, che con cozze, seppie appena pescate e il miglior pesce azzurro dell’Adriatico, diventano delizie trasformate dalle sapienti mani dello staff di Isi Coppola, splendida padrona di casa, che poi porge i vari piatti ai fortunati clienti. In Marinetta è anche “Bistrot del mare” (dal mese di maggio) dove apprezzare un aperitivo con un buon calice di vino o un venetissimo Spritz, anche una merenda non impegnativa, un pranzo o una cena ben curata.

Ente di Gestione per i Parchi e la Biodiversità
Delta del Po
Corso Mazzini 200 Comacchio (FE)
Tel. +39 0533 314003
servizioinformativo@parcodeltapo.it
www.parcodeltapo.it

DELTA 2000 soc. cons. a r.l.
Strada Mezzano 10  Ostellato (FE)
Tel. +39 0533 57693 – 4
info@deltaduemila.net
www.deltaduemila.net

        (Antonio Farnè inviato Tg2 Rai)


Torna la “Primavera” nei piatti de Les Petites Madeleines

Penso: scrivo. Scrivo dell’ironia della vita, di quegli amori che non giungono mai al momento giusto, di tragedie che tali non dovrebbero essere e di passioni che si rincorrono e al tempo stesso si evitano a vicenda. Gentilezza e crudeltà. E di ogni volta che ti appare la conclusione dietro l’angolo ed invece è solo una mera illusione. La conclusione, che si presenta con un altro bivio da affrontare.

Le meraviglie e i piaceri del cibo, e non intendo quel cibo fotografia, quei piatti che prima di raggiungere i commensali devono affrontare almeno una seduta di make-up per essere poi digitalmente immortalati, postati e condivisi: quasi mai assaporati come dovrebbero essere.

Scrivo del tempo in cui vivo, di quest’era incomprensibile ai sensibili, odiata dal buon senso e dal buon gusto; di chef improvvisati che quando ti servono al tavolo, spesso con arroganza, una ricetta spazzatura se solo osi un tantino accennare che trovi il piatto come un lassativo semi farmaceutico, ti dicono che non sei pronto a quei sapori.

Non sei pronto, capisci? E tu, io, che da oltre 25 anni lavoro con le filiere produttive dei più grandi prodotti tipici italiani non dono risposta a co tanta arroeleganza; ma mi chiedo dove mi sono seduto?

Ma poi arriva un barlume di luce, di sapore, di amori che si trovano, di voglia di lavorare anziché apparire, di concludere…pour arriver au but.

E allora scrivo. Scrivo ancora di un ristorante torinese e del suo chef Giuseppe Lisciotto, lo faccio con gioia perché se c’è un giovane ai fornelli con la capacità di donarmi ogni volta l’impressione che ci siano ancora speranze è proprio lui: e non è solo una sensazione. I piatti che crea sono tutt’altro che banali, pur racchiudendo al loro interno una buona dose di semplicità; parlo di squisita ricerca, sperimentazione, giochi di ingredienti e tecniche di cucina. Rifletto. Avendo sempre e solo goduto delle preparazioni culinarie di Giuseppe seduto al tavolo del ristorante, non l’ho mai osservato mentre lavora ai fuochi, ma sono quasi certo che se lo facessi non mi mostrerebbe il minimo senso di irritazione, al contrario: credo che mi sorriderebbe invitandomi a restare con lui per fare quattro chiacchiere.

A Torino a Les Petites Madeleines ci sono tornato per la presentazione di alcuni piatti programmati per la bella stagione, e ho trovato ancora l’autenticità dei sapori che hanno marcato il percorso degli ultimi anni dello chef e della sua brigata.

Seduto comodo all’interno delle deliziose sale del celebre Hotel percepisco che la primavera è la stagione della rinascita e la assaporo grazie ad alcune proposte della Carta.

Posso così concedermi portate che si contraddistinguono dalla riconoscibilità dei gusti, idee gastronomiche diventate ormai delle icone del locale, come l’insalata russa abbinata all’uovo di quaglia e alla ventresca di tonno, il Risotto con crema di topinambour, aglio nero, liquirizia e ‘Nduja. E ancora l’anguilla affumicata, con Daikon (ravanello invernale) e Dashi (leggero brodo di pesce)”.  Mi gusto la versione del Lisciotto della zuppa Borsch che per quanto sia curata nella sua variante ricorda l’originale Ucraina; segue un delizioso agnello al barbeque e infine un delicato semifreddo alla mela verde con bergamotto e nocciole: ‘Nduja e bergamotto sono la firma indelebile che contraddistingue le origini calabresi dello chef.

La Carta di Primavera non si esaurisce con i piatti che ho provato, spazia tra tipicità e contaminazioni ed è impreziosita dal desiderio della direzione del celebre Hotel di percepire nel piatto in modo ben distinto i sapori degli ingredienti, unitamente alla valorizzazione del territorio. Si possono trovare ricette come la lingua di manzocon le sue salse della tradizione, il royal di carciofo con Pecorino e menta, il vitello tonnato impreziosito dalla salsa all’antica, sedano e acciughe del Mar Cantabrico. Non mancano gli Agnolòt del Plin al sugo di arrosto e crema di nocciole, e il carpaccio di scampo con caviale di Pisani Dossi.

Non mi garba farvi l’elenco competo, mi preme invece segnalarvi le creazioni della cucina dedicate al mondo vegano con un menù di assaggi che si presenta come un vero gioco per il palato: Royal di carciofo, Risotto Matisse “Arrosto di sedano rapa, Frolla alle castagne, ribes nero, lampone, spuma al tè Oolong originario della Cina: ma volendo si può anche optare con delle singole portate.

Che siano emozioni gastronomiche per la cena, oppure piccole degustazioni piemontesi all’ora di pranzo, o un menù specifico da gustare al Bistrot il ristorante Les Petites Madeleines si distingue sempre per la piacevolezza dei piatti, l’eleganza degli ambienti, la gentilezza del suo personale.

E allora: benvenuta Primavera.

(Fabrizio Salce)


A San Leo, ogni anno, migliaia di turisti vanno in cerca di storia, personaggi e gastronomia

San Leo nel cuore del Montefeltro, si trova nell’omonimo comune in provincia di Rimini.  E’ situato sulla cima della cuspide rocciosa che sovrasta l’abitato “leontino” e domina la Valmarecchia (valle tracciata dall’omonimo fiume, ricadente nel bacino padano). Fu costruita dai romani. Nel corso del tempo quel territorio fu conteso dalle più potenti famiglie italiane: Montefeltro, Borgia, Malatesta, Medici, Della Rovere; ospitò personaggi come Dante Alighieri e san Francesco d’Assisi.  Nel suo forte, sulla cima del monte – meglio conosciuto come rocca di San Leo –  furono imprigionati Felice Orsini e Cagliostro.  E spesso fu rifugio per il re d’Italia Berengario II.  Oggi richiama migliaia di turisti da tutto il mondo.

Vista da lontano San Leo sembra un vascello fantasma, sospeso tra cielo e terra, per raggiungerlo si sale fino a 800 metri di altitudine lungo una strada che taglia la roccia. Varcata Porta di sopra, si entra nel borgo storico, un piccolo mondo antico, dove non mancano i tesori…

Nel centro, si affacciano edifici che vanno dal 1200 fino al 1700 – spiega Romana Ferrini dell’Ufficio Turistico di San Leo tra l’altro San Leo è annoverata tra i Borghi più belli d’Italia…”.

I turisti che sfilano per le stradine ammettono che: “E’ davvero tutto molto bello!” – “Non c’ero mai stato e, è davvero bella da visitare!” – “C’eravamo stati anni fa e siamo tornati perché merita il bis…” –  “Dopo tanto che non la vedevo, noto che è cambiata, ma è sempre bella!” –  “E’ veramente uno spettacolo unico!

Storica capitale del Montefeltro – colline riminesi – per secoli bastione inespugnabile, dominata dalla sua fortezza, maestoso edificio del ‘400, dove finì i suoi giorni un personaggio ancora avvolto nel mistero, Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro… “Morì in una angusta cella il 26 agosto del 1795, ma chi era veramente Cagliostro?” – chiede Antonio Farnè inviato del Tg2 della Rai – “Mago, avventuriero e alchimista,  imprigionato dall’Inquisizione della curia pontificia, colpevole di eresia, finì i suoi giorni all’interno della cella del pozzetto” – gli risponde sempre Romana Ferrini –.

Ancora oggi quella piccola cella richiama migliaia di visitatori e si torna indietro nel tempo per trovare un’atmosfera che trascende la realtà e altri turisti, così commentano: “Tutto qui dà emozione!” – “La solita atmosfera magica che si trova sempre, bellissima…” –

Il nome di San Leo è legato anche a altre importanti figure storiche: Dante Alighieri passò di qui e lo citò nel quarto canto del Purgatorio, poi san Francesco d’Assisi che attraversando il paese durante un pellegrinaggio, qui si fermò e ricevette in dono il monte della Verna (dove si dice che abbia ricevuto le stimmate). “Questo è il fascino irresistibile della storia“ – chiosa Farnè rivolgendosi ancora alla signora Ferrini: “Cosa cerca il turista a San Leo? “ – e lei  –    “Scoprire quelli che sono gli usi e costumi, quindi, qui abbiamo la nostra offerta culturale storica e unica. Noi siamo sempre aperti e sempre pronti ad accogliere persone che vogliono divertirsi e acculturarsi”.

E per accogliere tanti turisti, le strutture ricettive non mancano: a San Leo, per esempio, più di trent’anni fa, nacque la formula dell’albergo diffuso: quattro diverse strutture sparse nel centro storico, per un totale di cinquanta posti letto. Ma questa, come tutta la Romagna, è una terra che punta a farsi conoscere e apprezzare anche attraverso la gastronomia

Partiamo dai ravioli alla Cagliostro” –  è Daniele Succi, lo chef “filosofo” che descrive le squisitezze locali –  “Pasta ripiena con ricotta di pecora e radicchio rosso, con un sugo di carciofi e olive nere; a seguire, i nostri affettati tipici: fiocco, lonza, salame e del lardo con i nostri Pecorini di varie stagionature; logicamente non può mancare la piadina romagnola… In abbinamento, un Sangiovese superiore romagnolo dai suoi colori intensi e dal tannino che pulisce bene la bocca…”.

Il menù non si esaurisce così: qui si può assaporare la carne di maiale, con il suo sapore inconfondibile, piatto sempre presente sulle tavole leontine, spesso abbinato alle patate della Valmarecchia. Da berci dietro, stavolta… un buon Trebbiano di Romagna, le cui uve, con quelle del Sangiovese del territoriosono la base di molti dei più importanti vini d’Italia. E a fine pasto, dopo avere gustato le tipiche ciliegie della zona, per digerire meglio (o per meditazione, magari scrutando il panorama) si può sorseggiare il liquore alle erbe prodotto nel pieno centro storico del borgo di San Leo, dedicato al già citato conte di Cagliostro.

Ufficio Turistico IAT
Piazza Dante Alighieri, 14
San Leo (RN) ITALIA

Orario ufficio::
Lun – Ven: 10.30 – 12.00
Sab – Dom: 10.00 – 12.30
Tel 0541/926967
WhatsApp 339/5497576
info@sanleo2000.it

(Antonio Farnè inviato Tg2 Rai)


Si inaugura a Verona il “Muraless Art Hotel”, prima struttura ricettiva dedicata alla Street Art

E’ al Muraless Art Hotel (si pronuncia Muralèss, senza mura) che in occasione dell’evento di apertura ufficiale, il 23 marzo p.v. si terrà il GRAND OPENING COCKTAIL PARTY, un appuntamento riservato a sponsor, addetti ai lavori, influencer, personaggi del mondo dello sport, dello spettacolo e dell’imprenditoria.

L’Hotel, grazie alle sue novantaquattro stanze, agli spazi comuni e alla facciata esterna, tutti  interamente dipinti in stile Street Art, è un vero e proprio tempio dell’Arte Urbana e, con i principali suoi protagonisti – i 52 street artist coinvolti nel progetto – questo albergo si presenta come un vero e proprio museo.

Le camere sono divise in 12 temi: dall’arte alla cucina, passando per design, scienza, motori e moda. Non resta che sceglierne uno e immergersi nello spettacolo che il Muraless Art Hotel di Verona è in grado di regalare.

L’inaugurazione di giovedì 23 prossimo, consisterà in un momento conviviale con aperitivo in abbinamento a finger food, con open bar, degustazione di vini e cocktail fino alle ore 23:30, con  deejay, artisti lirici e musicisti che fonderanno note classiche con ritmi e sonorità house, tutto dedicato alla prima struttura ricettiva in Europa dedicata alla Street Art che consentirà di compiere un viaggio e vivere un’avventura in un mondo fantastico, creativo e davvero unico nel suo genere, alla scoperta dell’arte e della cultura italiana che, sarebbe bene, sempre, condividere al meglio.

Per farsi un’idea: la facciata porta la firma di Mr. Brainwash e rappresenta la prima opera muraria dell’artista americano di origine francese in Italia, poi 94 stanze e spazi comuni realizzati da 52 street artist di fama nazionale e internazionale.  Un progetto unico, pensato per esaltare attraverso i codici della “pittura di strada” la ricchezza del Made in Italy in tutte le sue sfaccettature: un esempio? Appena si entra, nella hall dell’hotel, ecco il pavimento realizzato da @galleria_hoti, ineguagliabile…. (da calcare!) e da lì si va negli altri ambienti e nelle camere: la stanza più rappresentativa, senza dubbio è quella dell’artista @savethewall dedicata proprio alla Street Art con scritte, tag, stickers, graffiti – sui muri – come se si trattasse  della vera stanza di un albergo abbandonato e diroccato, ma l’ambiente è bello, pulito, lussuoso seppure sobrio.

Poi le altre “rooms” a tema con scene che spaziano dalla vendemmia, quella “punk”, per un elogio al Brunello di Montalcino, alla raccolta dell’uva in Toscana, nel cuore dell’arte etrusca o con scene dedicate alle opere come “madama Butterflay” (Puccini) o l’opera di Verdi, il Rigoletto. Ci sono ambienti rivolti alla musica italiana, con Mina, o al cinema con Sophia Loren, l’attrice italiana più sensuale, iconica ed emblema inconfondibile della femminilità mediterranea. C’è la stanza dedicata al Pandoro, il tipico dolce veronese che @ascaniocuba ha magistralmente interpretato. Anche temi più “seri” sono trattati con illustrazioni e soggetti inerenti all’ambiente del Vaticano, a cura dell’artista Skah, fino alle stanze dedicate ai pittori, agli architetti e ai designer come Bruno Munari rappresentato da forme, immagini e fantasie mai viste… Nell’ambito “motori” ci sono camere Ferrari, Maserati e Lamborghini e pure, per le due ruote, Vespa, Lambretta, Moto Guzzi e Ducati) camere della pasta fresca, o della pizza, questa, in modo da far sentire l’ospite proprio in mezzo a una pizza appena sfornata (stanza 342).  Ancora, tra le altre, anche una camera (la n. 248) con l’“elogio alla semplicità” e una, la 268, dove si può ammirare l’espressione di @indacowalldesign, un insieme di forme che avvolgono le pareti con stile futurista di movimento e continuità. Nella stanza 322 @encs18 è rappresentata l’invenzione del telefono di Antonio Meucci, con alcuni suoi bozzetti e la camera dipinta da Ale Puro, che caratterizza la sua arte con personaggi e forme fanciullesche che lo hanno reso famoso al pubblico nazionale e internazionale.

Doveroso precisare che il progetto nasce dal sogno di Gianmaria Villa (presidente di Velox Servizi) di ridare vita all’ex Hotel Cristallo, avviando una radicale riqualificazione nel segno del linguaggio e dei caratteri espressivi dell’Arte, per esaltare l’eccellenza italiana.

Grazie all’amicizia con l’Art Advisor Luigi Leardini (@le_art_dini) – general manager di Byblos Art Hotel, in Valpolicella – si è intrapreso un percorso che ha portato allo studio e allo sviluppo di questo progetto legato alla Street Art. Un viaggio tra strumenti e tecniche creative (dall’aerosol art allo stencil, dal paste up alla pittura a mano libera), tra stili e forme espressive (dal lettering al modelling 3D, dalla grafica alla fotografia digitale, dal fumetto all’illustrazione), tra linguaggi e codici moderni (dal figurativo all’astratto, dall’iperrealismo fino all’anamorfosi).

Il progetto, interamente coordinato dalla project manager Laura Sancassani (www.mood-eventi.it), nella fase di interior (personalizzazione camere) è stato elaborato dalla curatrice e critica d’arte Chiara Canali in collaborazione con la Galleria d’arte di Milano “Deodato Arte”.

Grazie a questa formidabili energie professionali in unione, l’Hotel Muraless può vantare opere dei principali writers e, fiore all’occhiello, di Mr. Brainwash, che ha realizzato un’opera unica, “site specific”. Dopo il successo del documentario candidato agli Oscar “Exit through the gift shop” (2010), realizzato in collaborazione con Banksy, la domanda sorge spontanea: “Mr. Brainwash è Banksy?”. Per molti la risposta è… sì!

Per info e immagini: https://degusta.it/muraless-art-hotel-il-primo-in-europa-interamente-decorato-con-le-opere-dei-piu-famosi-esponenti-mondiali-della-street-art/


“Cilento Tastes”: cento piccoli artigiani del gusto uniti per promuovere il Cilento territorio leva del turismo enogastronomico

In Campania, tra il golfo di Salerno e il golfo di Policastro, fino ai confini con la Lucania, si estende il Cilento. Terra incontaminata che si dipana tra piccoli promontori, spiagge, grotte scavate nella roccia, colline puntellate da ulivi e i monti Alburni, le “dolomiti del sud”. Una terra ancora selvaggia, dove lo sguardo si perde tra borghi di pescatori e maestose testimonianze archeologiche, come la Certosa di Padula e i Templi di Paestum.

In tutta questa bellezza, il cibo è una roccaforte della biodiversità campana: qui dove il tempo sembra dilatarsi all’infinito, in controtendenza con la velocità imposta dai tempi moderni, il Cilento guarda all’enogastronomia come traino per le nuove offerte turistiche sempre più focalizzate sulla tipicità e sulla riscoperta dei piccoli, grandi territori.

Da queste ispirazioni nasce Cilento Tastes per dar voce al “brand Cilento” con i suoi piccoli artigiani del gusto. Una voce, finalmente, unica, forte e chiara: dal 22 al 25 aprile 2023, andranno in scena gli antichi mestieri e le produzioni di eccellenza in una location unica, si tratta di NEXT “Nuova Esposizione Ex Tabacchificio” oggi un polo dedicato all’esposizione di eventi a Capaccio Paestum, situata in quella che una volta era un’area industriale e che ha tratto nuova linfa grazie all’ importante lavoro di recupero e valorizzazione realizzato dal Comune di Capaccio – Paestum.  L’evento organizzato insieme a “Terra Cilenti”, società impegnata nella valorizzazione e promozione dei prodotti artigianali, degli antichi mestieri, e in modo più ampio nella divulgazione dello “stile di vita sano” che caratterizza il Cilento, già ha aperto le iscrizioni a favore di aziende, ristoranti, chiunque contribuisca a diffondere la cultura della gastronomia cilentana nel migliore dei modi. Infatti, solo 100 saranno gli artigiani con i requisiti giusti che rappresenteranno il territorio nel corso dell’evento e che faranno parte della selezione “CilentoPerCento”.

L’evento intende generare un nuovo flusso turistico, che non a caso si svolgerà durante l’atteso ponte del 25 aprile. Nel contempo, si offrirà visibilità ai piccoli produttori, portandoli all’attenzione di buyer internazionali, giornalisti, blogger e opinion leader. Eventi e convegni faranno da cassa di risonanza alle piccole economie locali. Non solo nei 4 giorni di kermesse, ma anche e soprattutto dopo, esportando il “brand Cilento” fuori regione e nazione, attraverso la piattaforma di e-commerce permanente, che prenderà forma subito dopo l’evento. Anche il biglietto d’ingresso è stato pensato come volano per gli acquisti: genererà, infatti, una moneta elettronica che permetterà di degustare velocemente i migliori prodotti cilentani.

Con Cilento Tastes, gli artigiani del gusto avranno modo di farsi conoscere attraverso aree di degustazione, ma anche attraverso laboratori della cultura mediterranea, cooking show e spazi riservati ai bambini per imparare giocando. Proprio questi ultimi vivranno un’esperienza unica, diventando ristoratori per un giorno.

In un momento in cui “tipicità” e “stile di vita sano” sono temi caldi, puntare i riflettori sul Cilento è la scelta più naturale possibile, non a caso è qui che nasce il paradigma della “Dieta Mediterranea” di Ancel Keys, fisiologo americano, trasferitosi per circa quarant’anni a Pioppi per studiare gli effetti benefici di una corretta alimentazione. Proprio nel Cilento, scoprì la ricetta dell’“elisir di lunga vita”: cibo sano, pochissimi grassi saturi, il consumo regolare di verdura, frutta, cereali, olio extra vergine di oliva, e una buona attività fisica. Nel 2010, la dieta è stata riconosciuta dall’UNESCO come bene protetto ed è stata inserita nella lista dei patrimoni immateriali dell’umanità.

Per info e iscrizioni
Tel segreteria (Alessia): 3428325228;
Mail: info@cilentotastes.it
Sito: https://terracilenti.com
Social: @terracilenti


A Mezzano di Primiero, le cataste di legna si fanno arte, fra architetture contadine, affreschi, acque e orti

All’ombra delle dolomitiche Pale di San Martino, in Trentino, esplode discreta e incantevole una nuova forma d’arte, unica nella sua semplicità. Tanto semplice che nessuno ci aveva pensato prima.  Mezzano di Primiero, fra i Borghi più Belli d’Italia, si sta popolando di meravigliose cataste artistiche di legna (canzei in dialetto locale). Lungo i vicoli, sui ballatoi, nelle piazzette e nei cortili del paese, la tradizionale scorta di ceppi per l’inverno si fa bella grazie a “Cataste e Canzei”, che ogni anno richiama in paese artisti affermati e studenti degli istituti d’arte perché realizzino le loro grandi installazioni, utilizzando la tecnica dell’accatastare la legna, un tronchetto sopra l’altro. Ecco allora la fisarmonica in tensione che pare una stella, la clessidra chiusa tra sole e luna a segnare il trascorrere del tempo, la grande parete che ricorda l’alluvione che colpì il paese nel 1966, gli uomini intenti a tagliare l’albero, la catasta instabile che cede a un coreografico crollo… In tutto sono 27 le cataste artistiche già sparse per il borgo, a cui se ne aggiungono di nuove, di anno in anno.  Un dono quello dei canzei, che ha fatto di Mezzano uno straordinario museo en plein air.

I segni sparsi del rurale

Entrato a gran merito nella schiera dei Borghi più Belli d’Italia, Mezzano manda in scena uno spettacolo tutto suo, di quelli che incanto nella loro disarmante semplicità. Il passato altrove dimenticato, legato a doppio nodo alla ruralità montana, qui non si limita a sopravvivere, ma è vivo, si fa presente. Rinasce non solo nelle cataste di legna che qui si fanno arte, ma anche nelle antiche case contadine in pietra e legno sapientemente ristrutturate; nel campanile a cipolla della chiesa di San Giorgio, dai chiari richiami tirolesi, che nell’800 fu dipinto a due colori; nelle piazze abbracciate alle fontane; nelle facciate impreziosite di iscrizioni e affreschi; nella storica lisièra (il locale dove si produceva il sapone e si faceva il bucato secondo rigidi rituali e precise gerarchie) restituita al paese da un attento restauro; negli orti – che sono circa 250 fra Mezzano e frazioni, su circa 1.600 abitanti – che secondo la tradizione trentina uniscono l’utile al dilettevole spartendo la terra tra ortaggi, fiori, odori e piante da frutto; nei tabià (le vecchie stalle in disuso) che narrano ancora il rito del filò (le storie narrate dagli anziani del paese nelle lunghe serata d’inverno), recuperati a nuova vita per ospitare un commuovente  museo etnografico fatto di reperti e amore, l’esposizione di prodotti di artigiani e produttori agroalimentari locali, oppure per diventare una sorta di piccolo teatro e altro ancora; nei vicoli a salesà, ovvero minuziosamente acciottolati; negli stoli, piccoli  acquedotti in cunicoli pensati per captare l’acqua dalla sorgente e condurla in paese al coperto, al riparo da contaminazioni: Mezzano ne conserva tre, restaurati e visitabili.

Mezzano Romantica

Oggi il borgo è una sorta di serbatoio di vita alpina, i cui segni si svelano via via al visitatore che passeggia fra vicoli e piazzette. L’invitò è quello di scoprire Mezzano Romantica seguendo le indicazioni di una piacevole cartellonistica turistica dal fresco design accattivante (e di una App), che conduce i visitatori alla scoperta degli angoli più interessanti del borgo. Rosso, simbolo dell’amore, è il colore scelto per il logo di Mezzano Romantica e per la cartellonistica, per ricordare che a Mezzano tutto si fa con il cuore, che il romanticismo è nella sua natura e che qui gli ospiti vengono accolti come amici.

La sedia rossa

Rossa è anche la sedia che viene posizionata di volta in volta negli angoli più suggestivi del borgo. Quando un turista suona la campanella appoggiata sul suo sedile, una persona del paese arriva e si mette a disposizione per dare informazioni, aiutarlo a scoprire grandi e piccoli tesori locali e rendere più piacevole e interessante possibile la sua permanenza. Un modo genuino ed autentico di dare il benvenuto, in cui sono coinvolti una ventina di volontari di tutte l’età, dai bambini agli anziani.

Trentino Music Festival per Mezzano Romantica

Piccolo borgo virtuoso, Mezzano è stata scelta da qualche anno dalla Music Academy International di New York per i propri corsi di perfezionamento estivi, riconosciuti tra i migliori a livello internazionale, a cui prendono parte – fra docenti ed allievi – decine di musicisti, cantanti d’opera, strumentisti, artisti di musical, formazioni corali provenienti da tutto il mondo. La prestigiosa accademia musicale statunitense, palestra di straordinari talenti internazionali, dal 19 giugno al 29 luglio dà vita anche quest’anno al Trentino Music Festival per Mezzano Romantica, fortunata rassegna che anima la stagione estiva del Primiero ed è ormai diventata uno degli appuntamenti consolidati e di maggior prestigio dell’estate culturale trentina (www.trentinomusicfestival.org).

Il ponte tibetano e gli abeti giganti

Mezzano è circondata da una natura forte e rigogliosa, che accoglie il quotidiano della gente di montagna e si fonde con esso. I numerosi sentieri che partono dal paese portano alla scoperta, a piedi o in mountain-bike, di un ambiente ancora inalterato e di grande bellezza. Ci sono luoghi che si godono meglio su due ruote come la pista ciclabile del Molaren, una passeggiata illuminata anche la sera con diverse soste per godersi il panorama in completo relax. Altri che conquistano i più avventurosi, come gli orridi di Val Noana, in uno dei quali si fa anche canoyng, o il ponte tibetano che fa da collegamento tra rifugi Caltena e Fonteghi. Altri che conquistano per l’assoluta bellezza dei boschi, come il Parco Naturale di Panveggio e il Sentiero degli Abeti Giganti in Val Noana, con i suoi alberi secolari che svettano fino a toccare i 50 metri ed hanno il diametro del tronco che può arrivare a misurare un metro di larghezza.

Mezzano di Primiero in pillole
Nel Trentino orientale, a 90 km da Trento, nella Valle del Primiero. Altitudine: 640 metri s.l.m. Storia: In medio stat virtus, la virtù sta nel mezzo. Lo sanno bene a Mezzano di Primiero, borgo-gioiello che del suo passato di paese conteso da Italia e Austria ha saputo far virtù, non tradendo nulla della propria storia. Oggetto nei secoli di continue dominazioni, dagli Scaligeri ai Lussemburgo, dai Tirolesi agli Asburgo, da quella napoleonica a quella bavarese, ha saputo conservare ogni esperienza, ogni influsso per rielaborare una propria, forte e fiera identità culturale. Nome: Siamo nella valle del Primiero, non lontano da Fiera, tra i centri di Imer e Siror. C’è chi vuole che l’origine del suo nome sia latina e derivi da medianum, in mezzo per l’appunto; chi invece fa risalire il nome alla nobile casata feltrina De Mezzan. Certo è che la versione tedesca del nome –Mittelsdorf– avvalora la prima tesi. Personalità: Riccardo Schweizer (1925-2004), tra i più apprezzati artisti trentini, e Davide Orler (1931-2010), pittore e tra i maggiori esperti e collezionisti al mondo di icone russe e greco-bizantine.

 

Per informazioni: Ufficio Turistico Comune di Mezzano di Primiero
Tel. +39 349.7397917 – info@mezzanoromantica.it – www.mezzanoromantica.it


Weekend di Pasqua in crociera nelle città d’arte con il "Treno di Dante"

Tutti sulle tracce del “Sommo Poeta” tra Firenze, Faenza, Ravenna, Ferrara e Bologna a bordo dello storico “Centoporte” (il treno delle ferrovie italiane che prestò servizio tra il 1928 e gli anni ottanta). Non un treno “qualsiasi”, ma il Treno di Dante!  Si ripete così l’iniziativa che l’anno scorso raccolse quasi 7mila passeggeri e 260 operatori (13 musei, 3 società di promo-commercializzazione dei territori come IF – Imola Faenza Tourism Company, Ravenna Incoming, Mugel Travel, pro loco e comuni della tratta, 16 ristoranti, 25 hotel, 64 tra tour operator e agenti di viaggi di ben 13 regioni italiane).  Un’iniziativa che vuole  promuovere il turismo lento e d’esperienza (+37,5% rispetto al 2021, oltre mille pacchetti/escursioni giornalieri venduti e 367 pacchetti con hotel)

Una crociera di 3 giorni in treno tra le città d’arte prende il via nel lungo weekend di Pasqua, 8, 9 e 10 aprile, con la novità della Crociera delle Città d’Arte. Un viaggio a bordo del treno storico “Centoporte”, messo a disposizione dalla Fondazione FS italiane, alla scoperta di alcune delle città d’arte più belle e suggestive dell’Emilia-Romagna, oltre ovviamente al capoluogo toscano da dove la crociera avrà inizio e si concluderà.

Un’esperienza che arricchisce la full immersion nei luoghi toccati da Dante nel suo esilio con la scoperta di due città intimamente legate al sommo poeta. La dotta Bologna è la città in cui, ventenne, Dante trova e legge le novità filosofiche provenienti da Parigi e i romanzi del ciclo arturiano che circolavano tra gli studenti. Quanto a Ferrara, si ipotizza che gli “Alighieri”, anticamente Aldighieri, fossero una nobile e rinomata famiglia ferrarese, che lasciò uomini illustri e, dalla quale, un ramo, trasferitosi in Firenze, diede origine alla stirpe di Dante.
Al di là di questa ipotesi, il sommo poeta ha lasciato, soprattutto nell’arte ferrarese, una traccia straordinaria e opere di indiscusso valore.

L’intenso programma di viaggio prevede la partenza dalla stazione Santa Maria Novella di Firenze alle ore 8.50(ritrovo passeggeri alle 8.15) per arrivare a Faenza (RA) alle 10.57 (dopo 136 chilometri) lì ricevuti al Palazzo del Podestà dal sindaco, nella centrale piazza del Popolo. A seguire, il tour della città alla scoperta di alcuni luoghi simbolo, come il teatro Masini, la pinacoteca e il MIC Museo Internazionale delle Ceramiche (che in tal periodo ospita la mostra “Galileo Chini. Ceramiche tra Liberty e Déco”, dedicata a uno dei massimi pionieri italiani del Liberty), nonché le tante botteghe storiche di quella ceramica artistica che ha reso Faenza famosa in tutto il mondo. Alle 15.51 partenza del treno alla volta di Ravenna dove è previsto il tour guidato “Tra Dante e i Mosaici”. A conclusione della visita, tempo libero per visitare il centrale mercato coperto e per usufruire dei numerosi benefit inclusi nel biglietto della crociera. Pernottamento in città.

Domenica 9 aprile, il Treno di Dante lascerà Ravenna alla volta di Ferrara, dove è previsto l’arrivo alle 12.34. Dopo il pranzo, alle 15.30 dal cannone di bronzo in piazza Castello partirà il tour con guida per scoprire le bellezze del centro storico. Pernottamento in città.

L’ultima giornata del tour, porterà i passeggeri a Bologna, dove l’arrivo è previsto per le ore 10.30 di lunedì 10 aprile. Dalla centralissima piazza Re Enzo partirà il tour guidato “Dante e il Medioevo”. Il treno ripartirà alla volta di Firenze alle 17.00, con arrivo previsto alla stazione di Santa Maria Novella alle 18.11.

Il trasporto bagagli e i transfer treno/Hotel e viceversa sono sempre a cura dello staff del Treno di Dante. Due i pacchetti disponibili: standard da 399 euro (3 giorni, per adulto in camera doppia Hotel 3 stelle con trattamento BB, viaggio in carrozze standard, 4 escursioni guidate) e charme da 489 euro (3 giorni, per adulto in camera doppia Hotel 4 stelle con trattamento BB, viaggio in carrozze di prima classe, 4 escursioni guidate).

In entrambe le soluzioni sono previsti numerosi benefit nelle località attraversate dal Treno di Dante. Ogni titolare del biglietto di viaggio ha quindi la possibilità di visitare gratuitamente alcune delle eccellenze del patrimonio socio-culturale, paesaggistico e artistico delle varie tappe, come di usufruire di convenzioni con ristoranti e trattorie selezionate presenti sul territorio.

La crociera verrà poi replicata in occasione del “ponte” del 2, 3 e 4 giugno, con sosta nel borgo medioevale di Brisighella, uno dei borghi più belli d’Italia, anziché a Faenza. Invariato il resto del programma.

Dal weekend del 15 aprile, poi, ogni fine settimana fino al 14 maggio (con una corsa speciale il 1° maggio) il Treno di Dante propone le “classiche” corse giornaliere lungo l’Appennino attraversato da Dante Alighieri nel suo esilio in Romagna, partendo da Firenze e arrivando a Ravenna, lungo un originale percorso che coniuga cultura, artigianato, enogastronomica tipica e slow tourism, completamente immersi nella natura.

Corse che poi riprenderanno dopo la pausa estiva, dal 2 settembre al 1° novembre.

Informazioni, biglietti e pacchetti al sito www.iltrenodidante.it.

Il progetto Il Treno di Dante è finanziato dalla Regione Emilia Romagna e sviluppato da Apt Servizi Emilia-Romagna, Toscana Promozione Turistica e organizzato dalla società Il Treno di Dante

Per informazioni:
tel. 0546.70095 – 337.1560535
www.iltrenodidante.it
info@iltrenodidante.it


Stati Uniti d’America: viaggio tra i sapori sulle orme degli Chef locali

Il cibo e il bere, è risaputo, costituiscono una parte fondamentale della tradizione italiana: anche all’estero o in vacanza cerchiamo il luogo perfetto per soddisfare i nostri palati e immergerci nella cultura del posto. Nel corso degli anni, ogni chef sviluppa una propria filosofia e un proprio stile: c’è chi si concentra sulla sostenibilità, chi coltiva personalmente i prodotti che poi propone, chi associa il mangiare a una vera e propria esperienza e anche chi si cimenta nella creazione di piatti e bevande.
Visit The USA propone una serie di ristoranti e locali guidati dai loro chef, per un viaggio culinarioindimenticabile in giro per gli Stati Uniti.

Perry Raso, Rhode Island
Perry Raso è il proprietario e fondatore del Matunuck Oyster Bar, che serve prodotti locali e frutti di mare allevati internamente. Originario del Rhode Island, Raso ha sempre portato avanti la sua passione: dal raccogliere ostriche per qualche dollaro all’età di 12 anni fino a gestire questo ristorante, noto per la sua cucina “pond-to-plate”(letteralmente da stagno a piatto) che promuove pratiche di acquacoltura sostenibile. Da Matunuck Oyster Bar lavorano attualmente più di 200 persone, e il locale è stato nominato uno dei 10 migliori oyster bars al mondo. Prima di aprire il Matunuck Oyster Bar, Raso era un coltivatore di ostriche; ha poi conseguito una laurea e un master presso l’URI in acquacoltura e tecnologia della pesca. É orgoglioso di coltivare personalmente le verdure nella fattoria biologica del ristorante, e ha inoltre aperto un allevamento di molluschi, per far conoscere ai viaggiatori le delizie dei frutti di mare locali del Rhode Island. Ha fondato la Matunuck Oyster Farm nel 2002, e aperto il Matunuck Oyster Bar restaurant nel 2009. Il ristorante serve prodotti locali, biologici e freschi. L’educazione e la solidarietà sono sempre state al centro dell’attività di Perry Raso; dal 2002 offre visite didattiche presso il suo allevamento di ostriche e si è recato in diversi Paesi in via di sviluppo per fornire consulenze su varie operazioni di acquacoltura.

 

Bourbon Distillers, Kentucky
1.  Tia Edwards – Tia e suo marito sono i primi afroamericani a produrre Kentucky bourbon dai tempi della schiavitù, con un nuovo approccio. Insieme         hanno fondato Fresh Bourbon, e la filosofia dietro il brand è che il bourbon è per tutti, sia per chi lo beve per la prima volta che per i “connoisseurs”; sia per chi lo beve liscio che per chi preferisce un cocktail. Tia ha conseguito una laurea in Arts Degree in Integrated Strategic Communicationall’ University of Kentucky College of Communication, con una specializzazione in African American Studies. Ha inoltre più di 15 anni di esperienza professionale nel settore delle vendite, di cui 13 anni con il massimo riconoscimento nel settore sanitario, che vale un miliardo di dollari.

  1. Jade Colwell è la responsabile del Bourbon Steward allo Smoke Justis in Covington, Kentucky. Insieme al suo team, si impegna a creare un’esperienza unica con carni affumicate e bourbon. Con cinque anni di esperienza allo Smoke Justis, ha sviluppato il Bourbon Program, che comprende la creazione di menu con cocktail incentrati sul bourbon. Jade ha l’obiettivo di far crescere un’attività che metta in mostra il meglio dell’offerta del Kentucky.
  2. Dan Callaway – un sommelier certificato che è ora Vice President of Product Development and Hospitalitypresso Bardstown Bourbon Company. Dan combina il suo amore per l’ottimo whisky e l’ospitalità di alto livello con la sua esperienza in campo artistico: ha infatti suonato come membro della Louisiana Philharmonic a New Orleans e in tutto il mondo con la Hollywood Concert Orchestra. Supera i confini dell’innovazione nell’industria del bourbon tramite la sua conoscenza del vino e delle pratiche di miscelazione. A Callaway piace creare esperienze uniche e coinvolgenti per gli ospiti, che mettono in risalto la cucina e la distillazione. Ha creato whisky innovativi e partecipato a collaborazioni globali con brand come Plantation Rum, Amaro Nonino e Blackberry Farm. Per la prima volta, sotto la guida e la creatività di Callaway, la Bardstown Bourbon Company ha ricevuto il doppio oro al San Francisco World Spirits Competition per le sue Fusion Series, Discovery Series e Collaborative Series.
  3. Penny Noe Stevens – si è dedicata per più di 30 anni all’ospitalità. Master Bourbon Taster, certificata anche per il galateo e l’oratoria professionale, fa vivere esperienze uniche. Grazie al suo stile inconfondibile e alla sua creatività, viene incaricata dalle aziende di ricercare l’essenza strategica del brand, e per questo è stata inserita nella Bourbon Hall of Fame 2019 e nella Whisky Magazine Hall of Fame 2020. È l’unica donna al mondo a essere stata inserita in entrambe le Hall of Fame.

Zoya Vora-Shah, Scottsdale
The Wine Collective of Scottsdale punta i riflettori sui vini dei vigneti dell’Arizona.
Scottsdale è diventata un polo di attrazione per gli enofili curiosi di esplorare il territorio dello Stato: The Wine Collective of Scottsdale, inaugurato ad aprile, è l’unico spazio che propone sia degustazione sia vendita al dettaglio del centro città e che presenta quasi esclusivamente una varietà di prodotti di qualità dell’Arizona. E proprio per l’estate offre una serie di promozioni per i locali.

La proprietaria Zoya Vora-Shah è una veterana del settore vinicolo, che seleziona personalmente ogni bottiglia e propone un’esperienza educativa e divertente. Il suo obiettivo è quello di far conoscere agli appassionati di vino il meglio che l’Arizona ha da offrire, mantenendo i prezzi ragionevoli: un calice parte da 8€ e la maggior parte delle bottiglie si aggira intorno ai 30€.

Ci sono tanti vini eccellenti in Arizona“, ha affermato Vora-Shah. “Ma non tutti li conoscono o sanno quali provare. Volevo una tasting room che servisse quasi al 100% vini locali. Per questo ho aperto The Wine Collective“. (Le uniche selezioni che non provengono dall’Arizona sono gli spumanti di Gruet in New Mexico).

Vora-Shah è immigrata negli Stati Uniti da Mumbai e ha lavorato come rappresentante di vini in Florida, Washington, D.C., Phoenix e New Mexico negli anni 2000. Nel 2011 ha acquistato My Wine Cellar adAhwatukee (ora The Cellar) dal precedente proprietario e nel 2013 ha aperto un locale gemello, MWC Wine Bar aGilbert. Alla fine ha venduto entrambe le attività per concentrarsi su altre opportunità.

Contro ogni previsione, ho avuto successo“, afferma Vora-Shah. “Sono arrivata qui a 18 anni. L’inglese è la mia quarta lingua. Ho girato molto e Phoenix è l’ottavo posto in cui ho vissuto da quando sono arrivata negli Stati Uniti. Sono qui da 16 anni. Penso di potermi definire una persona del posto“.

Dopo aver cambiato direzione, prima nel settore immobiliare e poi in quello della cannabis terapeutica, l’uva l’ha attirata di nuovo e ha accettato un lavoro nella sala degustazione di un’azienda vinicola di Scottsdale. “Quel lavoro ha cambiato tutto per me“, ricorda. “Ero così entusiasta dall’emergere di tanti vini dell’Arizona. Ho ricominciato a pensare di lanciare la mia attività“.

Ora, Vora-Shah è già impegnata presso The Wine Collective of Scottsdale, dove organizza feste e una serie di incontri mensili con i produttori, il primo dei quali è andato sold out a maggio. È entrata a far parte dello Scottsdale Wine Trail, una mezza dozzina di sale degustazione di vini dell’Arizona a pochi passi dalla sua attività. A gennaio 2023 Zoya ha avviato il suo  Wine Club, solo per gli abitanti del luogo.

The Wine Collective of Scottsdale
Cosa: The Wine Collective of Scottsdale è una sala degustazione, un wine bar e un negozio di vino che vende prodotti originari dell’Arizona.
Dove: 4020 N. Scottsdale Road, No. 104, Scottsdale AZ 85251.
Orari di apertura: 12-20 Domenica, Lunedì, Martedì, Mercoledì. 12-21 da Giovedì a Sabato
Social media: segui The Collective su Instagram e Facebook.

VISIT THE USA
Visit The USA si propone di ispirare i viaggiatori a sperimentare la vivacità, la cultura e le infinite possibilità del Paese, come in nessun altro luogo al mondo. Estensione di Brand USA, l’organizzazione di d