Bruno Damini ha dedicato gli ultimi sei anni trascorsi ad oggi per rievocare la storia di Giuseppe Masotola (fu Gaetano e Fava Angela – 1889/1970) “monsù Peppino” (il monsù era il capocuoco delle case aristocratiche) cuoco (e non chef) dalle cento vite, anche “cuoco errante” perché si trovò sempre in situazioni diverse dalla tipica cucina del classico ristorante: cominciò il suo itinere da lavapiatti e, imparando “assorbendo in silenzio e osservando come si muovevano le mani degli altri…”  arrivò a prestare i suoi servigi finanche a noti rappresentanti del mondo dello spettacolo della prima metà del secolo scorso, come Beniamino Gigli (e per lui fu un piacere anche perché melomane dichiarato) e pure per Ingrid Bergman e Roberto Rossellini e ancora per Eduardo De Filippo. I suoi piatti – da cui trapelavano sempre gusti e caratteri napoletani, suo paese d’origine – li aveva preparati per molti nobili partenopei (per la principessa Rosina Pignatelli e anche per il conte Caetani) o a bordo delle navi della Regia Marina e addirittura sull’Elettra, il mitico yacht laboratorio di Guglielmo Marconi… Insomma un soggetto dalla vita certamente dinamica, anzi, proprio avventurosa, che ha vissuto in prima persona tanti avvenimenti riportati dai libri di storia e non dalla trincea, ma tra pentole e fornelli, fondamentali ausili per chi invece era proprio in prima linea…
Lui c’era anche durante il terremoto di Kanto del 1923 nell’isola giapponese di Honshū (150 mila vittime) imbarcato come “cuoco borghese” sull’incrociatore Calabria, lì per portare soccorso ai terremotati giapponesi. E c’era anche per la colonizzazione della Cirenaica, nella allora Libia italiana e in tante altre occasioni, monsù Peppino, comunque si faceva notare per la sua notevole bravura professionale. Tanto era conscio delle proprie capacità che, riferito alle sue ricette (che non amava trascrivere…) sosteneva: “Chiunque tenti di eseguirle non ripeterà mai il mio piatto, quello creato da me…”, perché (Masotola sic docuit) diceva che, come le opere d’arte sono irripetibili, anche un piatto, per simile che sia al mio, non avrà mai la consistenza (la tenerezza o meno) il colore, il gusto e il profumo uguali, non darà mai le sensazioni identiche al piatto fatto da me… – e non parlava senz’altro con alterigia -.

Damini
racconta che Masotola era uomo piuttosto passionale, dal carattere impulsivo, al punto che, al culmine di una crisi interiore, decise di chiudere col suo passato: “Sono morto prima di morire quando ho smesso di cucinare…” e arrivò, per questo, a bruciare lettere, fotografie, attestati e diplomi, tutte le testimonianze che avevano segnato la sua vita, perché per lui, non sono necessarie cose, oggetti per mantenere la memoria, questa, resta dentro noi e finisce con noi…  Gesto, il suo, fatto forse più per richiamare l’attenzione che per annullarsi realmente – a parere di Damini – e, nel contesto, a prendere fuoco, la prima cosa fu una sua foto con l’attore Totò (da cui fu a sevizio) e che aveva conosciuto bene…. “Il primo a prender fuoco fu Totò” diventa così, a ragion veduta, il titolo del bel romanzo (Minerva Edizioni) presentato nei giorni scorsi a Bologna (alla Coop Zanichelli di piazza Galvani) con tanto di “timbracopie” (o “sigillo ex libris” o ancora “firmacopie” che dir si voglia) incluso per i presenti. Ma i ricordi, quelli non prendono fuoco, così come tanti avvenimenti – che Masotola avrebbe voluto cancellare – e che sono rimasti abbastanza in quantità, tanti che Damini ne ha potuto scrivere addirittura una biografia romanzata…  Una narrazione sgranata tutta in prima persona, come fosse il diario dello stesso protagonista, perché lui – l’autore – che ebbe modo di incrociare il protagonista a Napoli da ragazzo, ha sentito il bisogno di entrare nello spirito di quel grande cuoco che, in modo lapidario, citava come suo mantra: “A morire, come a vivere, nessuno te lo insegna…”, che davvero è molto indicativo di chi, in tutti i modi, ha saputo ben vivere….  (GfL) 

                             

BRUNO DAMINI (da www.minervaedizioni.com): giornalista e scrittore, parmigiano di nascita, infanzia e adolescenza fra Parma e Napoli, bolognese d’adozione. Fino al 2014 direttore comunicazione e marketing di Nuova Scena – Arena del Sole – Teatro Stabile di Bologna. Predilige frequentare i ristoranti dalla parte delle cucine e agli inviti nei salotti preferisce quelli nelle cantine. Nella sua cucina e nella pratica yoga trova equilibri altrimenti inarrivabili. Da quando ha fatto il baciamano a Jeanne Moreau ha ricordi sfocati di tutto il resto. Fra le sue recenti pubblicazioni, i racconti Tarabàcli, Cose di case che non vale la pena ricordare (CasadeiLibri, 2014); Bologna ombelico di tutto (Minerva, 2016); L’uovo di Marcello. Fame e fama dalla voce di grandi attori (Minerva, 2019), da cui sono state tratte 18 puntate per Rai Radio3; Buttami in pentola. La cucina degli avanzi per trasformare le zucche in carrozze (Pendragon, 2019); I Fagioli Ribelli (Minerva, 2021), da cui è nato l’omonimo progetto nazionale di educazione terapeutica all’alimentazione per i pazienti pediatrici con Malattia Renale Cronica approvato dal bando “Scienza Partecipata” dell’Istituto Superiore di Sanità; Borìdola! Ai bambini che saremo. Favoletta morale, con la postfazione di Moni Ovadia (Minerva, 2023); Il mondo dei Fagioli Ribelli. Il diritto alla normalità dei bambini con MRC (Minerva, 2024).