E’ risaputo che i piatti tradizionali veneti di carne siano principalmente a base di polli, anatre, oche, tacchini, conigli, i canonici “animali di bassa corte”: ma c’è una portata (propria della cucina polesana) che va decisamente contro corrente. E’ il “mussetto con polenta”. Il “musso” altro non è che l’asino, il somarino (di sicuro un “must” invernale). A conferma della filosofia “vivere slow”… come per il baccalà – l’altro piatto della tradizione veneta, sempre in tavola per le grandi occasioni – il musso richiede la cottura molto lenta, per acquisire morbidezza, sapore e perché così si forma il “sughino” denso e succulento chiamato in dialetto “poceto“.
L’uso nella cucina veneta delle carni di asino – o appunto “musso” come si dice lì – pare risalga al medioevo e precisamente ad una battaglia combattuta da Teodorico (re degli Ostrogoti) nei pressi di Verona, tra il V e il VI secolo, quando vinse lo scontro contro Odoacre, re degli Eruli…
“Questa battaglia ha lasciato sul campo numerosi equini – spiega lo storico Riccardo Ghidotti – Tra questi il musso…”.
Per festeggiare Teodorico permise ai veronesi di mangiare la carne dei quadrupedi rimasti sul campo. Ma per via del tanfo che facevano quegli animali, si decise di annaffiare tutte le carni con vino rosso e aromatizzarle con spezie varie e cipolla. Da questo fatto, nasce il piatto tipico veronese con il nome di “pastissada de caval” e la sua altrettanto gustosa variante con l’asino, il su citato “musso con polenta (gialla o bianca)”.
“I nutrizionisti apprezzano molto la carne di musso – afferma consapevole Federica Pagliarone, giornalista enogastronomica – In effetti è un vero toccasana: è carne leggera, digeribile, ricca di grassi saturi Omega3 che contribuisce a mantenere bassi i livelli di colesterolo… è una carne delicata e saporita allo stesso tempo, è ricca di sali, di magnesio, di calcio, di potassio e anche di ferro, soprattutto ferro Eme che è facilmente assimilabile dal nostro organismo”.
“Vi presento le nostre “tagliatelle al ragù di musso” poi il “brasato di musso” e lo “spezzatino di musso” – è la chef Jacqueline Boaretti che con passione presenta le varianti a base di musso che ha approntato – Per le tagliatelle usiamo il ragù che altro non è che il macinato dello spezzatino, spadellato, appunto, con le nostre tagliatelle fatte a mano… Gli altri di carne vengono preparati con un soffritto di sedano carota e cipolla… viene aggiunto successivamente il burro, l’alloro e il rosmarino. Entrambi (il brasato e lo spezzatino) sono due pezzi molto teneri – il fiocco e il reale – vengono presentati a fette per il brasato, con la sua verdura di contorno, mentre lo spezzatino è presentato a tocchettoni”.
Cosa bere? La cottura in umido della carne e la consistenza della polenta richiamano un vino rosso pregiato di media struttura e abbastanza profumato: ottimale un Valpolicella Superiore. In alternativa, si possono considerare anche vini di grande vigore, invecchiati e più strutturati come un Teroldego trentino, ma anche un Refosco friulano, che si legheranno benissimo alla complessità di questo piatto tradizionale. Aprire la bottiglia almeno mezz’ora prima dell’assaggio e servire a una temperatura di 16-18°C in bicchiere ampio.