È per questo che la “Fruit Logistica di Berlino” è l’evento internazionale più importante al mondo per il comparto della frutta fresca e la più importante d’Europa per il settore ortofrutticolo (e anche per i servizi logistici connessi) che, in nome della globalizzazione, oggi sono alla portata di tutti: grande distribuzione, grossisti, catene di vendita, compratori di negozi specializzati e ristoratori. Chef compresi che, in tanti, sono lì con l’obiettivo di vedere prodotti originali – molti mai visti prima – per conoscerne le peculiarità direttamente dai loro produttori, assaggiarli, gustarne la freschezza, la qualità e portarseli a casa… Oltre a frutta fresca, anche insalate e baby-leaf (“giovani” ortaggi a foglia) per la I e la IV Gamma.

A Berlino l’Italia si conferma il primo paese espositore con 429 stands (su 2562 in totale) oltre ad associazioni, enti pubblici e organi istituzionali, nostrani, presenti “d’ufficio” assistiti per l’occasione da “Info & Investment Desk”. Visti tra i padiglioni, anche il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida e varie autorità come il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio, il presidente nazionale di Coldiretti, Ettore Prandini, il presidente dell’ICE-Agenzia Matteo Zoppas, Massimiliano Giansanti, (Confagricoltura) e  Cristiano Fini (Cia – Agricoltori Italiani) accompagnati dall’ambasciatore d’Italia in Germania Fabrizio Bucci.

È il “Jackfruit” (o jaca o giaco) l’ultimo arrivato dal pianeta globale, è coltivato in Thailandia, ma si trova anche nell’America meridionale, cresce su alberi di 30 metri e può arrivare a pesare anche 30 chili (!) è il frutto tropicale più grande del mondo; appartiene alla famiglia delle “Moraceae” come anche fico, gelso, albero del pane; consumato crudo, ha un sapore simile a quello dell’ananas, della vaniglia, della fragola e della banana – in realtà il suo sapore assume il gusto dei cibi con cui lo si accompagna: si può gustare sia crudo che cotto (così ha il sapore della carne di maiale); è considerato l’ultima frontiera dei così detti superfood, che si trova alla fiera di Berlino, tra gli stands che espongono altri frutti, anche mai visti prima da noi “occidentali”. Abbiamo cominciato con il kiwi, poi il mango, l’avogado e la papaya, adesso, sono arrivati: il black sapote (il cioccolato del paradiso) Diospyros nigra il nome scientifico, noto
anche come “cachi cioccolato”, un sempreverde che arriva dal sud America e Messico, ha grandi foglie lucide e non teme parassiti, ma non tollera temperature sotto lo zero; la cerimoya, conosciuta come cherimoya, cirimoia o semplicemente annona, è originaria delle regioni tropicali e subtropicali di Sud America, Asia e Africa. In Europa, in Spagna e nell’Italia meridionale, l’hanno  saputa accogliere e valorizzare; il durian (in italiano anche “durione”) è il frutto del Durio zibethinus della famiglia delle Malvaceae, è originario delle foreste del Brunei, dell’Indonesia e della Malesia, è noto per il suo delizioso sapore ma va mangiato col naso chiuso… ha un odore molto intenso e fastidioso… Poi c’è il cupuaçu, originario della foresta Amazzonica, prodotto anche in Brasile, Colombia, Bolivia e Perù, è un frutto marrone e lanuginoso, lungo una ventina di centimetri e del peso di uno o due chilogrammi, è un potente antiossidante, antinfiammatorio e analgesico naturale; il castor (Ricinus communis) atrriva da La Gomera delle isole Canarie, si presenta come capsula spinosa, costituita da tre valve, quando maturo si apre liberando tre semi di circa 1 cm; la carambola italiana (Averrhoa carambola) è un frutto tropicale originario del sud-est asiatico noto per la sua forma a stella dovuta a 5 protuberanze triangolari che lo compongono, Il colore è verde da acerbo e giallo paglierino da maturo, ha un elevato contenuto di vitamina C; e il kiwano, chiamato anche “melone cornuto” (famiglia delle cucurbitacee) dall’aspetto e dal sapore inconfondibile (delicato e leggermente dolce ricorda un po’ il cetriolo e un po’ la banana) dà molti benefici alla salute.  Insomma, tanti frutti, praticamente un mondo nuovo alla ricerca di nuovi consumatori, che non mancheranno anche in Italia. A proposito, noi siamo i primi al mondo per i pomodori: oltre ai più comuni, ci sono il “nero”, il “bianco” e pure i “datterini verdi”, che sembrano aspri e acidi per via del colore verde chiaro, ma che invece sono dolci dolci! E poi anche altri ortaggi, poco conosciuti ai più ma che sono prodotti e distribuiti da attività italiane: uno per tutti? Il cavolo cinese, il “pancioy” (buonissimo al forno)… perfetto per regolare la flora intestinale (è ricco di fibre) e abbonda di vitamina C, ottimo per contrastare le malattie stagionali.

 

 

“È arrivata la stagione per la quale partendo dalle Organizzazioni di Produttori ci sia una maggior capacità di programmazione rispetto a quelle che sono le sfide che ci attendono a livello globale – dichiara Ettore Prandini a capo di Coldiretti Sotto questo punto di vista il 2024 si chiude con un segno positivo per quanto riguarda le esportazioni, noi riteniamo non ancora sufficiente – e conclude – Consumiamo ortofrutta del nostro paese che diventa un grande valore aggiunto, sia per l’economia interna ma soprattutto per una frutta e una verdura di altissima qualità… E non solo, ma sappiamo cogliere innumerevoli opportunità.”

 

Per finire il resoconto sul Fruit Logistica di Berlino, un accenno alla logistica, che nel mercato, solo in Germania, muove oltre 221 miliardi di euro con una crescita continua grazie all’espansione delle attività di e-commerce e alla crescente domanda di soluzioni di supply chain digitalizzate (processi che implementano la visibilità e il controllo della catena logistica e ne coordinano meglio i vari passaggi). Nel periodo tra gennaio e novembre 2024, la Germania ha importato dall’Italia ortaggi per un valore di 573 milioni di euro, con una moderata diminuzione dell’1,3 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le importazioni tedesche di frutta dall’Italia, nello stesso periodo, sono state pari a 1,109 miliardi di euro (+ 5,9%); il valore del Made in Italy – qualità, eccellenza e distintività – ci rende competitivi sui mercati internazionali. Per rafforzare questa identità e ampliare le nostre potenzialità, basta continuare così…


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