Con l’inviato del Tg2 Rai, Antonio Farnè, siamo andati a Verona, città d’arte, nei giorni di poco precedenti il Natale…

E’ forse il balcone più famoso al mondo reso immortale da William Shakespeare e dai tanti turisti con il naso all’insù:

“E’ qui per il richiamo di Giulietta e Romeo?” – “Si, è una tappa obbligata…” – “Siamo qui per visitare la casa…” –

Verona (curiosa l’etimologia: Brenno, mitico capo gallico acerrimo nemico dei romani, decise di fondarla con il nome “Vae Roma” (tradotto dal latino, “maledetta Roma”) proprio in sfida alla capitale; col tempo divenne Verona, oggi la città degli innamorati, ma anche della lirica e del bel canto, nel suo tempio (l’arena) che è facile immaginare gremita al tempo degli antichi romani:

“E’ di una grandezza incredibile… grande stupore e ammirazione!” – “E’ una meraviglia! Una vera meraviglia!” – “Bella, bella e maestosa!” –
“Davvero emozionante stare qui!” –

 

Dall’anno 2000 Verona è patrimonio dell’umanità Unesco, riconoscimento motivato dalla perfetta conservazione dei monumenti e dall’armonia con cui convivono elementi artistici di diverse epoche. Passeggiare tra palazzi, chiese e vicoli del centro, è come un viaggio dentro  la storia: tappa obbligata Castelvecchio, testimone della Verona medioevale, ma anche piazza delle Erbe, consueto concerto di voci e di suoni, di colori…

Are you from” – chiede Farnè prima a una coppia di turisti – “We are english” –
“Do you like Verona?” – “Yes, she’s beautiful” –
poi a una ragazza  “Where do you come from?” – e lei –  “Slovacchia…” – ancora lui – “Do you like Verona?” – “Yes it is a beautiful city!”

Verona anche città d’acqua, bagnata dall’Adige, tenuta a bada da tanti ponti edificati nei secoli, è importante attrazione turistica tanto da essere quinta provincia italiana per presenze turistiche, oltre diciassette milioni nel 2022, quest’anno punta al sorpasso…

Il trend è positivo, ma si può sempre migliorare – asserisce convinto Giulio Cavara, presidente Federalberghi Verona – “I conti li faremo chiaramente alla fine dell’anno…” – “Qual è il periodo di permanenza medio a Verona e chi è il vostro cliente?” – “Il periodo medio è attorno alle due notti. Il cliente medio, è il cliente italiano, ma Verona è frequentata da moltissimi stranieri di area Europa, ma soprattutto degli Stati uniti… E’ molto importante che siano tornati anche gli americani”.

 

Per la pausa ristoro, non mancano di certo le specialità… andiamo a conoscere il piatto tipico:
Tutte le carni bollite, unico pezzo arrosto, il prosciutto di Praga al forno – è Pietro Battistoni, noto ristoratore del centro storico che spiega – “Sono: la lingua naturale, la lingua salmistrata, il manzo, il cotechino e non può mancare la testina di vitello… Il tutto va accompagnato con una salsa tipica veronese che si chiama “Pearà” termine che vuol dire “molto pepata”… è a base di midollo di osso, pane grattugiato raffermo, brodo e una aggiunta importante di pepe”.

Nel veronese il “bollito di carni miste” con Pearà, è il piatto delle grandi feste per eccellenza. La Pearà è una salsa fatta con pane grattugiato, brodo e midollo di bue, il cui delicatissimo sapore è reso piccante con un’abbondante aggiunta di pepe nero (appena macinato). Si sciolgono in un coccio di terracotta il burro e il midollo di bue; si aggiunge il pane grattugiato e si rimesta con un mestolo in legno in modo che il pane assorba tutto il condimento. Continuando a mescolare si aggiunge il brodo bollente e si lascia cuocere per un paio d’ore a fuoco lento. A fine cottura si aggiusta di sale e si aggiunge il pepe. La salsa Pearà deve essere cremosa, quindi occorre, a seconda dei casi, più brodo o più pane grattugiato. Secondo la leggenda la ricetta fu inventata da un cuoco alla corte della regina Rosmunda, che volle alleviarle il crudele supplizio a cui venne costretta dal marito, il longobardo Re Alboino: dopo una notte di gozzoviglie nella sua reggia di Verona, Alboino bevve del vino in una coppa ottenuta dal cranio di Cunimondo – padre proprio di Rosmunda – e la costrinse ad imitarlo. Per vendicarsi, lei, gli legò la spada al fodero, così all’arrivo dei congiurati lui non poté estrarla per difendersi, soccombendo…
Un’altra salsa – in alternativa alla Pearà – molto diffusa nel veronese, sempre ottima per accompagnare le carni bollite, è il Cren. Si ricava dal rafano, una pianta erbacea perenne, le cui radici sono grattugiate e condite con aceto e sale. Da usare con cautela, perché è intingolo molto piccante.

 

Carni dai sapori forti, decisi, con che vino le accompagniamo? – chiede Farnè a Battistoni – “Le accompagniamo con un Valpolicella Classico Superiore della nostra zona… E’ un vino corposo, ventiquattro mesi di invecchiamento, le uve sono le Corvina, il Corvinone e la Rondinella. Sono uve autoctone della Valpolicella…”.
Il vino Valpolicella Classico Superiore riceve la denominazione “Classico” perché prodotto nella sottozona comprendente i comuni di Fumane, Marano di Valpolicella, Negrar, San Pietro in Cariano, Sant’Ambrogio di Valpolicella facenti parte della Valpolicella classica; “Superiore” perché l’affinamento in botte avviene per un minimo di 12 mesi a partire dal 1º gennaio successivo alla vendemmia e il grado alcolico risulta essere al consumo superiore al 12%.  Caratteristiche organolettiche: aspetto rosso granato piuttosto carico, sostenuto; aromi: frutti rossi canditi, uva spina; sapori: ottimo bouquet, vino che ha corpo, tenore di zuccheri fermentescibili pronunciato; retro-olfazione: violette; durata della persistenza degustativa: quattro secondi e poco più.

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        (Antonio Farnè inviato Tg2 Rai)