Sanremo è nota nel mondo come la città del festival della musica italiana: a partire dal 1951 vi hanno partecipato come concorrenti, i più noti cantanti e compositori, oltre a molti artisti vari come ospiti.  A parte quel periodo di febbraio, durante l’anno, Sanremo è una delle città più tranquille della costiera ligure, dell’Italia nord-occidentale. Di fronte a un bel mare, i sanremaschi (coloro che da generazioni risiedono a Sanremo, diversamente dai “sanremesi” che vi vivono, ma hanno origini diverse) possono godersi molto verde – non per niente Sanremo è “la città dei fiori” –: c’è il parco di Villa Ormond, con il “giardino giapponese”, ci sono le palme e un uliveto antico. Anche eleganti palazzi e monumenti non mancano e c’è la cattedrale di San Siro del XII secolo, che ha 12 campane all’interno della torre e un imponente crocifisso sull’altare. E poi, c’è lo storico Casinò di Sanremo, che comprende un teatro, che è ospitato nell’edificio “art noveau”. Nelle vicinanze, la chiesa di San Salvatore con le sue cinque cupole a cipolla e la chiesa Ortodossa… Insomma si può dire, a ragion veduta, che a Sanremo non manca nulla, anzi, c’è di più… C’è anche la Sanremo “vecchia” (più di mille anni) chiamata “Pigna”, per le sue strette stradine e le fortificazioni medievali che ricordano le parti, appunto, di una pigna e c’è la famosa “passeggiata dell’Imperatrice” una camminata su area pedonale, col pavimento in marmo (purtroppo viste anche piastrelle rotte) al centro del quale, per un buon tratto, sono incisi i nomi delle canzoni vincitrici del festival; percorso – che deve il suo nome all’imperatrice di Russia Maria Alexandrovna – che va dalla periferia di Sanremo sino al centro cittadino, dove c’è il Casinò e il teatro Ariston e che costeggia, da una parte il lungomare della Riviera sanremese e dall’altra, i grandi e lussuosi hotel, anche storici (come il Royal e il Lolli Palace in splendido stile liberty) che si susseguono fino a un piccolo giardino con la statua della “Primavera” (simbolo della città) e il monumento a Giuseppe Garibaldi che ha lo sguardo rivolto al mare.

Non lontano, ci sono i “giardini Franco Alfano” (l’auditorium) l’unico teatro all’aperto di Sanremo, spazio dedicato alla musica all’interno del parco Marsaglia. Oggi, questa passeggiata, si raggiunge, per chi proviene da Corso Matteotti, rasentando il Casinò Municipale, per giungere dove sorge la chiesa russa e la vecchia stazione ferroviaria. Il cammino è leggermente in salita all’andata e impegna un po’ fisicamente, ma rilassa nel tornare; in sottofondo arrivano i rumori della vicina “Aurelia” strada (da circa 2 mila anni…) sempre trafficata.  Parallelamente, al di sotto, un tempo c’era la ferrovia, ma oggi, “tombata”, è diventata una delle più belle piste ciclopedonali della riviera che arriva fino a San Lorenzo al mare. La passeggiata non è molto lunga e c’è la possibilità di sedersi, non mancano le panchine. Ci sono anche delle bancarelle e qualche chiosco per bere un caffè (e pure venditori extracomunitari e mendicanti, ormai “arredamento urbano” di tutte le città…). La ciclabile invece è lunga 24 km, da San Lorenzo fino a Ospedaletti, passa per boschi e spiagge. E proprio tra le più belle e frequentate (di più in estate…): spiaggia dei Porti (perché è tra porto Vecchio e Portosole) vicinissima al centro, spiaggia dei Tre Ponti, della Cala degli Orsi, spiaggia Bussana, di Arma di Taggia e, l’ultima, di Ospedaletti.

Visto che non siamo lontani dai cugini d’oltralpe, citiamo il geografo francese,Jean Brunhes: “Mangiare, è incorporare un territorio”… E nella città dei fiori e delle canzoni, tanto frequentata da turisti di ogni dove, non mancano i piatti della cucina internazionale, ma noi preferiamo e consigliamo i prodotti gastronomici di eccellenza e le gustose ricette tipiche locali, con protagonisti pesce fresco, pasta fatta in casa e dolci. Cominciamo con la Sardenaira, fragrante focaccia condita con pomodori, acciughe, capperi e olive e il Brandacujùn, antipasto tipico del ponente ligure a base di patate e stoccafisso e ancora, i Barbagiuai, raviolo fritto ripieno di zucca, riso e formaggio, di origine francese “tourtons”, antipasto, da gustare caldo ma buono anche freddo, la torta verde (con riso e verdure a farcire una sottilissima sfoglia) le trofie al pesto o alle olive taggiasche, i ravioli di borragine, le linguine alla crema di broccoli, gli gnocchi al baccalà, i tagliolini al ragù di coniglio e poi il coniglio alla ligure con le olive, scamoncino (carne di manzo/vitello tra la lombata e la coscia) di vitella al forno con sugo di Vermentino e olive taggiasche, questi, solo per citarne alcuni in ordine sparso. Invece, a base di pesce, tradizione della Liguria, la proposta comprende in genere il pescato del giorno:

sgombro, triglia e sorallo (pesce azzurro) e anche grongo, palombo, moscardini e triglie, cucinati in diverse maniere, come la Buridda (zuppa di pesce a tocchetti) e le acciughe fritte, o i gamberi rossi e ancora il polpo con patate o con fagioli, il San Pietro con olive taggiasche, patate ed erbe aromatiche, le capesante con pistacchio o zucca, i calamari grigliati e i prelibati gamberi in pasta Kadaif (“capelli d’angelo”). Da abbinare a detti piatti, le gustose verdure di stagione, fornite dai coltivatori diretti delle piccole aziende agricole locali: agretti, bietole, broccoli, carciofi, cavolfiori, cime di rapa, cipolle, fagiolini, porro, radicchio, spinaci, verza e topinambur; non mancano le erbe selvatiche e una grande varietà di profumate erbette aromatiche, sia coltivate sia spontanee, ovviamente tutte da condire con l’olio extra vergine della Riviera di Ponente.

Olio Extra Vergine di Oliva DOP Riviera Ligure Riviera dei Fiori denominazione di origine protetta: olio prezioso, che incarna una tradizione secolare. A Lucinasco, in provincia di Imperia (poco meno di un’ora da Sanremo) nel cuore del ponente ligure della taggiasca e delle colline verdi e grigie che degradano fino al mare, in un territorio da sempre legato alla coltura dell’olivo, si produce un olio che si fregia del riconoscimento DOP (Denominazione di Origine Protetta). Si tratta di un olio molto pregiato ottenuto da oliveti coltivati a oliva taggiasca, è di colore giallo verde con qualità organolettiche molto particolari: ha odore e sapore fruttato, con sfumature e sentori di mandorla e pinolo. L’acidità è sempre inferiore allo 0,5%.

Per chiudere in gloria un pranzo come si deve, sono obbligatori i famosissimi Baci di Sanremo, biscotti a base di pasta di nocciole tenuti insieme da una deliziosa mousse al cioccolato e la Stroscia di Pietrabruna (strosciare in dialetto locale “rompere”: non si divide la stroscia col coltello, ma con le mani) dolce secco dall’intenso profumo di limone e di erbe aromatiche a base di olio (taggiasco) farina e zucchero, Marsala o Vermut (anche se è tipico di Chiavari, non si può non gustarlo…); torta Ciavai, un dolce di pan di Spagna, farcito con cremoso zabaione agli amaretti, panna montata e Curaçao, ornato da lingue di gatto… E per esagerare (in calorie) citiamo anche la Spongata (“spongia” spugna) dessert con marmellata di pere e mele, pinoli, mandorle e frutta candita, tutto racchiuso in una sfoglia, tipo brisé.

E per “mandare giù” tutto piacevolmente, è doveroso menzionare alcuni ottimi i vini della zona:

Rossese Riviera ligure di Ponente DOC 2017: si presenta di un rosso rubino scarico con delicati riflessi granata; il bouquet olfattivo porta freschezza e tutta la tipicità del vitigno con decise, ma non invadenti, note di spezie. In bocca è secco caldo e asciutto con un finale leggermente amarognolo. Da abbinare con primi e secondi piatti della tradizionale cucina ligure, ottimo con formaggi teneri e semi stagionati, perfetto per accompagnare una cena tutta all’insegna della Liguria di terra.

Moscatello di Taggia ottenuto dall’omonimo vitigno aromatico, tra il medioevo e l’età moderna, era definito come “nettare degli Dei, vino dei Papi e dei Re”. Colore giallo paglierino tendente al verdolino, al naso, spiccano note di salvia, muschio, garofano e rosa, che lasciano spazio a più avvolgenti sentori di miele e a un’elegante nota fumé. In bocca emerge un buon equilibrio acido zuccherino, sostenuto da un’adeguata struttura. Grande armonia complessiva e retrolfatto che ne confermano l’aromaticità. In questa versione è vinificato secco ed è ottimo abbinato a formaggi stagionati.

Pigato DOC Villà è un vino bianco vinificato dalle migliori uve dell’omonimo vitigno tipico del Ponente Ligure e di antiche origini, verosimilmente greche. Il nome Villà deriva dal quello della terra in cui crescono le viti, le terrazze dell’Azienda Agricola Ada Musso s.s. di Diano Arentino, ben esposte al sole e raggiunte dalla brezza del mare. E’ un vino secco, di colore giallo paglierino con riflessi che ricordano quelli dell’olio; ha un profumo intenso e persistente favorito dallo sbalzo termico notturno, fruttato con sentori di pesca e albicocche, floreale, vi si apprezza la presenza delle erbe aromatiche della macchia mediterranea.

Vermentino DOC è un vino bianco vinificato dalle migliori uve dell’omonimo vitigno tipico del Ponente Ligure di antiche origini greche. Caratteristica principale la sapidità. Non è altamente alcolico, ma è definito vino elegante, con un gusto fresco e persistente, di buon corpo, fine e armonico al palato, con acidità equilibrata e con un sapore secco e fruttato. E’ di colore giallo paglierino con profumi erbacei intensi e di fiori di campo con una nota di pesca gialla, caratterizzato da vena amarognola sul finale. Da abbinare a grigliate di mare e i piatti umidi di pesce, che ne esaltano il sapore intenso.

E per caci e dolci, c’è il Passito della Riviera ligure di Ponente, realizzato dalla stra-maturazione delle uve bianche di Pigato e Vermentino del Ponente ligure: è un passito molto piacevole che porta con sé i profumi delle uve di provenienza; ottimo per accompagnare il dopo pasto con dolci o formaggi. L’alternativa – corregionale – è superba: il Cinque Terre Sciacchetrà DOC  passito di grande struttura ed intensità la cui produzione è consentita solo in alcuni comuni della provincia de La Spezia (il nome deriva da “sciac”, cioè, si schiaccia l’uva, e si estrae il mosto si mette nella botte e si dimentica lì, il tempo non può che fargli bene); raro e prezioso, è perfetto come calice da meditazione. Si compone principalmente di uve Bosco e Rossese Bianco. Selezionati a mano, gli acini, vengono pigiati e vinificati in vasche d’acciaio a contatto con le bucce; poi il vino è affinato in piccole botti, in acciaio o in anfora e affina per 12 mesi in legno di ciliegio. La resa di produzione si attesta sul 25%: oggettivamente ne vale la pena, culturalmente pure, per gli appassionati non vi è alcun dubbio, ma sotto il profilo commerciale è una sfida difficile… Dorato, ambrato con riflessi cangianti, intenso al naso con sentori di miele, armonico e persistente in bocca, rivela un bouquet aromatico complesso ed elegantissimo, solcato da note di albicocca fresca e in confettura, miele, noci e frutta secca e piacevoli sbuffi salmastri. Ha ingresso ammaliante e finale sapido di mare, retrogusto di mandorla e fichi secchi, animo evocativo e poetico. (da centellinare in buona compagnia)

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