È di questi giorni la notizia che la casa di reclusione di Castelfranco Emilia (MO) ha aperto il portone e ha invitato “A cena dentro”… settanta ospiti tra cittadini, autorità civili, militari e religiose – compreso S.Em. il cardinale Matteo Zuppi, che ha molto lodato iniziativa e protagonisti -.
E il carcere si è trasformato in ristorante e i “residenti” in cuochi e camerieri che hanno preparato e curato in ogni dettaglio una cucina creativa e anche ricercata, servendo l’antipasto (insaporito dalle note di una valente suonatrice di arpa) con carciofi in casseruola con mousse di Parmigiano Reggiano e salse varie; il primo di tortellini tradizionali in brodo di cappone (grazie alle sfogline dell’associazione “La San Nicola”) a seguire, petto di galletto in porchetta con sformato di patate e salsa di cipollotto glassato all’aceto balsamico tradizionale, poi, ciliegie IGP e per finire in dolcezza, tiramisù alle fragole; il tutto annaffiato da un Bianco di Castelfranco “cru”: penitenziario di Castelfranco…
Beh, è stato un vero successo!
Certo a monte non è mancato uno sforzo non da poco: intanto il coordinamento di “Modena a Tavola” (Consorzio di noti ristoranti del modenese che promuove eventi e iniziative di gastronomia locale) poi della locale Amministrazione comunale (con Giovanni Gargano e Nadia Caselgrandi, sindaco e gentile vice) l’Unione del Sorbara, la Consorteria dell’Aceto balsamico tradizionale di Spilamberto, il Consorzio del Parmigiano Reggiano, le Cantine riunite Civ e la già menzionata “La San Nicola”. La gestione dell’evento con i dirigenti del carcere – in primis la direttrice dott.ssa Maria Martone – e i formatori che hanno dovuto sviluppare in breve tempo le attitudini pratiche di persone che niente avevano a che fare con il mondo del cibo, tanto meno del ristorante… Con Ermanno Casari a dirigere il traffico e gli chef Emilio Barbieri e Carlo Gozzi in cucina a curare preparazioni e impiattamento.
Comunque, a giudizio generale, la formula “detenuti cuochi e camerieri”, realizzata con grande spirito sociale per puntare ad una fattiva “riabilitazione” degli internati, è riuscita alla grande e molto probabilmente altre serate, verranno replicate tali e quali, perché l’idea è stata voluta e realizzata per gli interessati che così formati e quindi preparati, “a fine pena”, potranno inserirsi (con l’esperienza acquisita necessaria) nel mondo della ristorazione… (questo è l’auspicio…).
Quello della casa di reclusione di Castelfranco non è proprio un progetto inedito, perché ci sono stati casi analoghi precedenti, come quello del penitenziario di Bollate (MI) intrapreso nel 2004 con il ristorante “InGalera”, con mansioni di sala ed esecuzione del menù affidate ai detenuti ed allineate, per modalità e risultati, a quelle dei veri professionisti del settore: 50 posti in ambiente sobrio e accogliente, aperto al pubblico esterno e gestito dalla cooperativa in cui lavoravano i reclusi che, con un servizio curato in ogni dettaglio, offrivano piatti sia di carne che di pesce (anche se la scelta a pranzo era ridotta, ma c’era la possibilità di optare per un piatto unico): per pranzi e cene, di lavoro e tra amici, serate a tema, open day e catering per eventi vari che (come si legge sul sito dedicato) ha portato la realtà dell’Istituto, con soddisfazione, verso grandi successi e non sempre facili traguardi…
Questo è, anche se la realtà di Castelfranco Emilia è diversa da quella di Bollate: nel carcere emiliano sono 106 i reclusi, 45 i detenuti con custodia attenuata, ma 61 internati in regime casa di lavoro (con problemi diversi rispetto ai normali reclusi, a volte anche con situazioni psichiatriche complicate). E, come in tante altre simili realtà, sono meno del necessario gli agenti di Polizia penitenziaria lì di servizio, in un ambiente complesso già di suo e Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria) interpellato (qualche giorno fa in occasione di un’aggressione subita dagli agenti…) auspica che venga raccolto l’appello per supportare adeguatamente il personale di Castelfranco.
Tornando ai cambiamenti delle destinazioni d’uso di carceri e penitenziari, in ristoranti, alberghi e molto altro, sono tanti i casi che hanno fatto storia: c’è chi gioca sul nome – Le Carceri – a Firenze, ristorante riadattato dalla vecchia (e nota) galera delle Murate – attiva dal 1883 al 1985 – ormai dismessa, dove si sono recuperate le “celle”, ora trasformate in salette da pranzo dal celeberrimo architetto Renzo Piano e oggi lì vi si propongono pizze e tipica cucina toscana.
Altra situazione l’ex carcere borbonico sull’isola di Santo Stefano a Ventotene – dove fu “ospitato” a suo tempo, pure il presidente Sandro Pertini – che, qualche anno fa, quando tutto era pronto per la trasformazione in resort a cinque stelle, il progetto fu abortito… e le 99 celle della struttura abbandonate.
In Piemonte, a Alessandria, è stato creato il bistrò Fuga di Sapori, in piazza Don Soria, famoso per il suo “menù sardonico” creato da “ Idee in fuga” (Ambasciatori del concetto di economia carceraria 2.0 produciamo libertà):
- Tagliere con salumi artigianali, formaggi e sottoli: Assaggio di Libertà
- Misto in carpione (cotoletta di vitello, uovo e baccalà): Falso e cortese
- Ravioli di radicchio e guazzetto di pesce: Evasioni gustose
- Salmone marinato, mozzarella, pomodoro confit e guacamole: Mare Fuori
- Penne alla carbonara di verdure: Taglia la corda passando dall’orto
- Tagliata di manzo cotto a bassa temperatura e insalata di stagione: Ave Cesare
- E da bere birre, come la “Sbirra” o la “Pentita” e i liquori, “Malandrino” e “Bricconcello”…
Tra altri penitenziari o ex tali, c’è anche il Clink, ristorante del Prison Brixton a Londra, al capolinea della Victoria Line, che offre il take away per via delle norme di sicurezza legate all’emergenza Covid-19 che ha deciso di non trattenere i clienti esterni nel suo locale, ma di puntare sul “prendi e vai”. A preparare le ricette, sono i detenuti stessi del carcere.
Il Malmaison Oxford Castle (GB) pare sia l’hotel più romantico del Regno Unito: i clienti sono accolti con fragole ricoperte di cioccolato…
Si può soggiornare in celle lussuose e cool dimenticando che fino al 1996 sia stato un severo carcere.
Oltre ai ristoranti, proposte di attività alternative sono state intraprese per lanciare alberghi anche di lusso: un verosimile esempio è a Zwolle in Olanda con il Librije un bellissimo cinque stelle.
Sempre nei Paesi Bassi, si trova l’Het Arresthuis Hotel, a Roermond, in quella che, fin dall’inaugurazione nel 1862, era conosciuta come la peggiore prigione dell’Europa del nord. Oggi con le sue 105 celle, trasformate in 40 camere molto grandi, è struttura e location molto trendy per liete vacanze ma anche solo per organizzare feste e volendo anche matrimoni.
Invece in Lettonia a Liepaja, da prigione del KGB usata soprattutto per pene disciplinari di breve durata (ebbe questo utilizzo fino 1997) oggi è albergo, molto spartano e con tanto di bagni “alla turca” per non dimenticare cos’era in origine quel posto. Per chi ci va, per due ore può farsi trattare come un vero detenuto: farsi insultare (all’ inizio del tour si deve firmare un documento in cui si autorizzano le guardie al “trattamento“) poi ai clienti fanno le foto segnaletiche, un realistico interrogatorio e vi si farà passare anche un po’ di tempo in cella di isolamento, al buio e, volendo, anche per dormirci, per vivere l’esperienza più realistica che mai, fino in fondo (in tal caso il prezzo sarà pure maggiorato)..
Al Best Western Premier Hotel Katajanokka a Helsinki in Finlandia, “Fuggire è necessario” è il mood per gli ospiti… Oggi, l’albergo si presenta ancora con le sue originali mura di mattoni e include il ristorante Jailbird dove alle pareti si possono vedere graffiti e iscrizioni originali dei detenuti e dove si può consumare un pasto in un’atmosfera davvero irripetibile. Le camere sono progettate con uno stile minimalista e in alcune suite c’è anche la sauna.
A Sultanahmet, nei pressi di Istambul, da un antico carcere classico, sono state ricavate sessantacinque stanze extra lusso con prezzi che arrivano a 1700 euro a notte… Lì si offre un soggiorno “one-of-a-kind” (unico nel suo genere) nella zona più antica di Istambul a cinque minuti di cammino dal museo della Santa Sofia e dal Palazzo Topkapi.
Poi ancora in Svezia, sull’isola di Lângholmen a pochi passi della spiaggia, immersa in un oasi verde e di pace, c’è un piccolo ristorante con tanto di museo della prigione dove scoprire i 250 anni di storia del penitenziario. Se poi non si cercasse proprio il relax, si potrà partecipare ad alcune attività proposte dall’organizzazione che faranno vivere il soggiorno, come i detenuti di una volta…
In Spagna, invece di destinazione ricettiva o per la ristorazione, i famosi architetti Ángel Sevillano e José María Tabuyo, hanno ristrutturato i due plessi del penitenziario della Castilla León, costruito alla fine del XIX secolo, mantenendone lo stile originario “neomudéjar” creando il “Centro Cultural di Palencia“, con biblioteca e auditorium.
Hostel Celica a Ljubijana in Slovenia era un carcere militare “titino” e ora è un particolare albergo con le celle ridisegnate e attrezzate da 80 artisti e architetti che – dal 2003 – con a disposizione un budget di 2600 euro per camera, hanno rinnovato ogni ambiente per portare a termine il progetto in modo davvero artistico.
L’Alcatraz Hotel – a Kaiserslautern in Germania – è stata una prigione dal 1867 fino al 2007 quando fu ristrutturata dando vita a 56 camere. Si può scegliere se dormire in una cella totalmente rinnovata o in una con meravigliosa finestra con tanto di sbarre, un caratteristico letto a castello e l’emozione di un bagno senza porta…
Negli States, a Boston, la vecchia Charles Street Jail, abbandonata l’originale destinazione d’uso, è diventata hotel di lusso del New England.
E in Canada, a Ottawa, c’è l’Ottawa Jail Hostel, luogo di detenzione dal 1962 al 1972 nota per le condizioni disumane con cui venivano trattati i detenuti: 150 celle senza acqua né elettricità. Il piano superiore era destinato alle esecuzioni e molti ospiti giurano di aver visto i fantasmi dei prigionieri uccisi all’interno del carcere durante il loro soggiorno. Ad ogni modo gran parte della superficie della struttura è rimasta originale con le pareti in pietra e le sbarre davanti alle celle…
L’Hotel de la Paix Luang Prabang a Luang, in Laos, è oggi patrimonio dell’Unesco ed è sicuramente un soggiorno che chi può, non deve perdere…
Il resort si trova vicino al centro di Luang Prabang e offre 23 lussuose suites con tetto di argilla caratterizzate da alti soffitti e arredi eleganti. Alcune camere sono con giardino e piscina privata. Solo le torrette di guardia conservano l’impronta del passato, per il resto si è immersi in un luogo da favola, circondato da un parco botanico in cui è piacevolissimo perdersi ammirando piante e fiori.
Per vivere certe situazioni – con l’alibi del turismo esperienziale – non c’è che la difficoltà della scelta: in tutto il mondo si è trovata l’ispirazione per trasformare luoghi tristi e tetri, dove a esseri umani, pur se colpevoli di qualche misfatto, era riservata ogni genere di brutalità, financo torture e supplizi, fino alla pena capitale… L’alternativa a questi trattamenti consisteva (raramente) nella liberazione, per grazia ricevuta. Pare che ai nostri giorni sia proprio trendy soggiornare in ambienti scomodi e “particolari” o anche trasformati in locali lussuosi, ma pur sempre là dove i muri grondano di ricordi cupi e lugubri… forse qualcuno lo fa per gratificarsi, per poi considerarsi persona veramente fortunata!
Via Forte Urbano, 1 Castelfranco Emilia MO – Tel.: 059 926404
www.giustizia.it/giustizia/it/dettaglio_scheda.page?s=MII173237
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