Acqua turchese, fauna ricchissima, effetto di una posizione geografica strategica, incrocio tra i due rami del Mediterraneo, quello orientale e quello occidentale…

“Nelle Pelagie troviamo una fauna marina molto diversificata – spiega Antonella Di Gangi,  biologa Area Marina Protetta – c’è anche il passaggio della balenottera comune, in estate gli squali grigi formano un’aggregazione e sia Linosa che qui Lampedusa, sono siti di nidificazione per la tartaruga marina, la Caretta caretta e poi le Pelagie sono anche un importante punto per la riproduzione degli uccelli marini. Noi – area marina protetta – stiamo sviluppando un progetto che si chiama “Pelagie isole blu” (percorsi di turismo sostenibile per la corretta fruizione del mare) anche per cercare di destagionalizzare il turismo sull’isola e quindi, per non concentrarlo soltanto durante la stagione estiva”.

Lampedusa e le Pelagie sono anche questo, lo scrigno naturale di un inestimabile tesoro legato al mare. Volàno per un turismo sostenibile, attento all’ambiente, importante per l’economia dell’isola. L’obiettivo è quello di promuoverlo sempre di più. Le sue acque cristalline e mai troppo affollate, l’incredibile biodiversità, sono l’ideale per le immersioni e per lo snorkeling praticamente con qualsiasi condizione climatica, grazie anche all’interessante fondo marino dove è possibile incontrare qualsiasi tipo di pesce. Il punto più famoso in cui poter fare snorkeling è la “spiaggia dei conigli”, conosciuta e frequentata da tutti. Ma qualcosa di più particolare, è “Mare Morto”, una caletta ricca di grotte e insenature che accolgono numerose specie di flora marina. Altri punti da visitare sono Cala Creta (bellissimo il giardino arabo del Borgo) e Cala Pisana, con numerosi pesci in banchi, Cala Francese, Cala Maluk, Cala Spugne e Cala Galera, che ospitano sia flora che fauna marina da poter ammirare; a proposito di acque turchesi e bellissimo fondale, doverosa la menzione speciale per Cala Pulcino, davvero da non perdere. Per i più preparati e capaci, nella zona di Taccio Vecchio (parte nord dell’isola) si accede a una grotta profonda otto metri, dalle limpide acque blu-turchesi con una gola secca, profonda circa 30 metri, dove con un po’di fortuna si possono scorgere, nascosti tra le insenature, dentici e cernie. Tra i punti dell’isola, accessibili solo tramite barca, la caletta di Grottacce e Tabaccara, dove le acque sono talmente trasparenti e cristalline da poter vedere chiaramente l’ombra delle barche ormeggiate. Dopo la giornata al mare o un bel giro dell’isola (sul catamarano “Respiro”) tutti con le gambe sotto al tavolo…

Trattandosi di terra siciliana, ma che nel corso del tempo è stata molto influenzata da altre culture, qui il cibo è davvero qualcosa di unico. Comunque, protagonista di ogni piatto della cucina lampedusana, è, senza ombra di dubbio, il pesce!

Uno spazio a parte merita l’”alaccia” di Lampedusa che è pesce azzurro molto somigliante alla comune sardina, ma più tozza e più grande, con un’alta concentrazione di grassi insaturi (Omega 3).  Vive in grandi banchi, nel Mediterraneo meridionale e nel Canale di Sicilia e si pesca, da maggio a novembre, con i pescherecci che lasciano il porto di Lampedusa al calar del sole (fino agli anni ‘80 erano almeno una ventina le barche lampedusane usate per questa pesca, oggi, solo due)… e pescano con la lampara e il “cianciolo” (rete che non danneggia i fondali come invece quella a strascico). La ricetta tradizionale la vuole appena pescata e semplicemente fritta (come fanno a Lampedusa). Se no, sono messe a riposo sotto sale per 3/4 mesi circa; una volta estratte, lavate con una salamoia e messe sott’olio in vasetti di vetro o in scatole di latta. Ottime per antipasti o per arricchire i sughi, quelle sottolio, sono reperibili (e consigliate) tutto l’anno perché proprio gustosissime, come tutti i menù lampedusani…. Dunque: insalata di gamberi e menta, per antipasto e tra i primi, basta scegliere: spaghetti alla bottarga o ziti con sarde e finocchietto oppure pasta con le triglie alla Lampedusana o linguine ai frutti di mare e ancora il famoso Cous Cous di pesce e verdure. Per secondo il pesce spada all’acqua di mare o l’immancabile grigliata con il pescato del giorno e da non perdere, la “ghiotta” una stupenda zuppa di pesce!

Per innaffiare il tutto, le vigne autoctone, offrono strepitosi vini: tra i bianchi, da provare il Lighea (versione dry dello Zibibbo) ottimo con crudo di pesce, fritture e insalate gourmet e abbinato a tutto il pesce azzurro: vino 90% Nero d’Avola e 10% di varietà miste, viene affinato in barrique francese 14/16 mesi e ancora 12 mesi in bottiglia. Colore giallo paglierino brillante con riflessi verdognoli, al naso offre un bouquet ricco e fragrante dove alle classiche note di zagara si uniscono sentori agrumati (cedro e bergamotto) e di frutta esotica (litchi). Tra i rossi, il Sedàra, vincitore di premi Oscar qualità, prende il nome da uno dei protagonisti del romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Don Calogero Sedàra, la cui figlia Angelica va in sposa al nobile Tancredi, nome di altro vino locale)  ottima fusione fra i vitigni Cabernet Sauvignon, con un pizzico di nota mentolata. Il Sedàra (cantina  Donnafugata) denominazione Sicilia IGT, uvaggio Nero d’Avola in prevalenza, gradazione 13,5% vol., caratteristiche: fresco, fruttato, sapido, speziato. E importanti sono i vini liquorosi (malvasia, moscato passito di Pantelleria, marsala, zibibbo) il più speciale dei quali è il “Miscela di Zibibbo” (vinificato a Pantelleria) e Ansonica e Catarratto,  grado alcolico di 12,5% – 13% (che deve il suo nome a Lighea, la sirena incantatrice sempre del romanzo di Tomasi di Lampedusa)… Certo sono tutti ottimi per gustare i famosi cannoli o una granita e brioche e per concludere un pranzo in dolcezza – mai dimenticare –  Liquore al finocchietto o Rosolio alla cannella!

(Antonio Farnè inviato Tg2 Rai)