Il Monte Cucco (1566 s.l.m.) è situato in Umbria, nell’area dell’Appennino Gualdese, lungo la parte Umbro Marchigiana, non lontano da Gubbio. Comprende i comuni di Costacciaro, Scheggia, Pascelupo, Sigillo, Fossato di Vico, Gualdo Tadino e Nocera Umbra. Dal 1995 è area protetta nominata “Parco del Monte Cucco”.
Il nome “Cucco” potrebbe derivare dal fatto che la montagna al suo interno sia cava, per via di una grande grotta, oppure per essere un rilievo dalla “cima a cupola” e c’è anche chi dice che fosse già stato chiamato “monte Testa Grossa” o “monte Grande”… Forse dipende dalla sua composizione, quasi interamente calcare massiccio per via dei fenomeni di carsismo, sia per le infiltrazioni di acque superficiali, sia per risalita delle acque sulfuree che, appunto, hanno creato grotte e cavità. A oggi, la più nota, è la grotta del monte Cucco, corredata di canoniche stalattiti e stalagmiti, che si sviluppa per 35km a 922 metri di profondità e così è una delle grotte più grandi d’Italia. Per visitarla al meglio, è bene farsi accompagnare da guide speleologiche che forniscono anche l’attrezzatura necessaria per compiere esplorazioni in sicurezza. E’ possibile effettuare diversi tipi di percorsi fino a quello più “adrenalinico” il “percorso avventura”. Esplorando la grotta, si può arrivare a un terrazzamento da cui rimirare i monti dell’Appennino tutto intorno e nei giorni più tersi, anche il lontano mare Adriatico.
Il monte Cucco presenta molti altri antri, anche di grandi dimensioni, i più noti sono: la grotta di Santa Agnese, quella di San Donino e la grotta Bianca. I fenomeni che hanno creato grotte e antri, sono dovuti alle infiltrazioni di acqua, che hanno reso il monte il grande serbatoio di acque meteoriche dell’Appennino Umbro Orientale. In località Villa Scirca, vi sono le sorgenti della Scirca, acquedotto che dai primi del ’900, è stato utilizzato per fornire acqua alla città di Perugia. La conduttura attraversa per 40 km, colline e valli, fino alla sommità di Perugia, senza bisogno di stazioni di pompaggio, proprio per l’altitudine delle stesse sorgenti.
Ovviamente con tale ricchezza “orografica” tante sono le possibilità di sport e divertimento immersi nella natura, sempre nel pieno rispetto della flora (sopra i 1000m di quota, nel versante Nord-Est, faggi anche di 30m di altezza; sotto i 1000m: carpini, ornielli, aceri, frassini, ciliegi selvatici, noccioli, corbezzoli, pungitopo, anche alloro selvatico, bosso, leccio, roverella e cerro; alla base della montagna, filari di pioppi, salici, aceri e querce) e della fauna locale (caprioli, cinghiali, anche lupi, volpi, tassi, oltre a volatili come picchi, gufi, allocchi, barbagianni e sparvieri) chilometri e chilometri (più di 120 km) di sentieri per passeggiate (trekking) anche in mountain bike (vi si svolge la nota Gran Fondo Monte Cucco) e a cavallo, percorsi adatti a tutta la famiglia. Per la presenza di venti provenienti dai quadranti settentrionali e da quelli meridionali e per le termiche che vi si creano, gli appassionati di volo libero (con deltaplani e parapendii) possono decollare e atterrare in sicurezza nelle aree lì attrezzate (vi si organizzano anche campionati nazionali e internazionali). Nella vicina Forra del Rio Freddo grazie ad un imponente canyon, è praticabile il torrentismo e la discesa in forra o canyoning; in alternativa i turisti più tranquilli, possono dedicarsi alla pesca sportiva (nel laghetto “La Besciola” nei pressi di Scheggia) o, nelle aree attrezzate di barbecue, fare veri e propri picnic e poi stendersi e riposarsi sui verdi prati, pieni di fiori (anche orchidee) sempre immersi nell’aria pura di montagna. In inverno ovviamente si può esplorare il territorio su ciaspole e praticare sci di fondo al Pian delle Macinare, un anello di quasi 10km.
Per i turisti più acculturati, nel territorio sono sparse testimonianze storiche importanti come l’Abbazia di Santa Maria di Sitria, fondata da san Romualdo nel secolo XI nella Valle di Sitria ai piedi del Monte Nocria con tanto di cripta sottostante l’altare maggiore, in stile romanico e l’Eremo di San Girolamo (Pascelupo) costruito intorno nell’anno mille alla base di una parete rocciosa alta più di cento metri.
Naturalmente, per un turismo “consapevole” l’aspetto goloso ha la sua importanza: l’enogastronomia del monte Cucco propone da sempre una cucina semplice e genuina che si ispira alla più antica tradizione contadina e montanara: primi piatti preparati con pasta fatta in casa (con i ragù classici, cotti a fuoco lento, ai funghi o alla boscaiola, di anatra, componente fondamentale della pasta al forno, come lasagne e cannelloni cotti nel forno a legna) per secondo gli arrosti profumati cotti in forno a legna (compresa la cacciagione come il cinghiale) e ricche grigliate, tutte ricette proposte con ingredienti a “km zero”… (qui si allevano alla “vecchia maniera”, la razza Marchigiana, ovini e caprini, galline, oche, anatre, capponi, tacchini e, naturalmente, i suini, dai quali si ottiene una grande varietà di salumi) non mancano i classici contorni, proposti a seconda della stagionalità.
Importante prodotto del territorio è il formaggio e, in primis, parlare di caci del Parco del Monte Cucco vuole dire riferirsi al “Caseificio Facchini”: formaggi e pecorini della tradizione Umbra a Sigillo (PG). Davvero memorabile il metodo di produzione del suo “Pecorino”: dopo la cagliatura del latte, il pecorino è salato a secco e sistemato in locali a 10°/15 gradi, così da permettere lo sviluppo di tutti gli aromi e di tutti i sapori più autentici. Con le prime muffe bianche, il cacio è trattato in superficie con olio di oliva aromatizzato con erbe; dopo 5/6 mesi è sistemato nella cella di infossatura e quando raggiunge la temperatura di 40 gradi è finalmente pronto per dare origine ai “formaggi conciati” o di fossa. Al Caseificio di Walter Facchini (www.caseificiofacchini.com tel.: 0759177090) si producono pecorini umbro-etruschi conciati di tutti i tipi: stagionati in fossa, con tartufo, granino, cenerino, di botte, ubriaco e vinacce, con foglie di fico e noci, puzzone, con peperoncino fresco, con tartufo bianco e nero e stagionati in vinacce di Merlot, anche con vinacce di noce e pure di fico… senza dimenticare la ricotta salata e affumicata. Naturalmente è consigliato abbinare tutti i formaggi ai prodotti tipici locali, quali miele, confetture, salse e prodotti biologici.
I vini della “Montecucco DOC” sono quelli tradizionali dell’area geografica considerata: gli autoctoni Sangiovese, Ciliegiolo, Trebbiano toscano, Vermentino, Malvasia bianca lunga e Grechetto, affiancati da varietà come Canaiolo nero, Colorino, Syrah, Alicante, Merlot, Cabernet Sauvignon, Petit verdot e Montepulciano. La DOC Montecucco è riferita alle tipologie Bianco e Rosso, al Rosso “Riserva”, al Rosato, al Vermentino e ai tradizionali Vin Santo e Vin Santo Occhio di Pernice. I vini rossi presentano un colore rubino intenso con riflessi violacei che sfumano al granato nei vini più maturi come i Riserva. I vini bianchi sono di colore giallo paglierino, con profumi delicati, freschi, note floreali e fruttate più o meno accentuate. Il Vin Santo è di colore dal giallo dorato fino all’ambrato intenso, con profumo ricco e complesso, etereo, intenso, con evidenti note di frutta matura, di uva passa e candita, mentre al gusto è vellutato, rotondo e persistente. Il Vin Santo “occhio di pernice” è di colore tra l’ambrato ed il topazio intenso e scurisce col tempo; ha profumo intenso e di frutta matura con note di cioccolato e liquirizia, al palato è morbido, vellutato, rotondo con retrogusto dolce e grande persistenza delle note retro olfattive.
E’ doveroso ricordare che se il monte Cucco oggi è così “naturale” e tutelato, lo si deve all’Università degli Uomini Originari di Costacciaro, entità che costituisce l’enorme proprietà collettiva dello stesso Monte, uomini che, nel 1291, acquistarono la montagna dai feudatari della zona e, a tutt’oggi, se la sono tramandata per oltre sette secoli, tra i discendenti diretti di quelle famiglie, salvaguardando così il territorio (specie durante gli anni ’50 e ’60) dai rischi della cementificazione e dagli abusivismi, custodendolo e preservandolo in maniera integrale a beneficio delle generazioni future. Esempio da perseguire…