Il Culatello di Zibello Dop è un insaccato stagionato crudo, ottenuto dalle cosce di suini appartenenti alle razze Large White, Landrace Italiana e Duroc.  Deve il suo nome alla parte del maiale che viene utilizzata per produrlo: la culatta, ossia una parte della zampa posteriore da cui sono rimossi cotenna ed osso.

È una delizia anche se semplicemente abbinato a una fetta di pane casereccio, leggermente abbrustolita e strofinata con olio o burro. Si presenta a forma di “pera” appeso nei locali sotterranei bui e arieggiati dove aspetta il suo momento…  In genere il peso medio di una pera di Culatello fresco è di 3,5-4 Kg. di PV (peso vivo) mentre il peso medio del Culatello fresco è di 5-6 Kg.. Il calo per la stagionatura è del 2% dopo la salatura, del 35% a sei mesi e del 40% a 12 mesi. Una volta “pronto”, si prende un coltello lungo e ben affilato e si inizia a togliere la pelle dalla porzione che si vuole affettare. Il Culatello è un salume piuttosto magro e senza osso: per tagliarlo non ci si deve sforzare troppo: si sceglie il verso di taglio preferito e si iniziano ad affettare delle fette regolari, non troppo spesse. Dopo di che, si degusta…
È il momento migliore: il gusto è delicato, dolce e soffice, con sentori di tabacco mielato e spezie che persistono nel retrogusto.

A seconda della sua stagionatura, acquisisce una maggiore sfumatura muschiata a cui si possono mescolare note alcoliche qualora venga immerso nel vino prima dell’affettatura.
E dopo? Per conservare il Culatello si consiglia di tenerlo in frigorifero (a + 4) coperto da un canovaccio leggermente umido. Se è sottovuoto si può tenere per mesi in un luogo fresco e non esposto alla luce. Valori nutrizionali del Culatello per 100 g.: Energia Kcal 198.0; Proteine g. 19.74; Lipidi g. 12.58; Carboidrati g. 0.0.

Sì, ma con cosa abbinare il culatello? Per la legge naturale del “terroir” (legge non scritta, ma se si può è da osservare sempre) il vino più adatto è sicuramente un buon Lambrusco
I vitigni di provenienza dei Lambruschi IGT sono: Salamino, Sorbara, Grasparossa, Marani, Maestri, Montericco, Viadanese e Oliva. Il Sorbara la fa da padrone, ma non manca la conferma del Reggiano, ma soprattutto del Grasparossa di Castelvetro e del Salamino di Santa Croce.  C’è da dire che in questi giorni ce n’è uno – proprio molto adatto –  che festeggia un “Concerto”… di 30 anni di produzioni. Auguri!).

Le nuove frontiere del Lambrusco riguardano la rifermentazione, quindi la formazione delle bollicine. Sempre più produttori lavorano con il metodo ancestrale (cioè con il vino che fermenta all’interno della bottiglia… Forse è Il metodo di produzione più antico col quale si producono vini frizzanti) ottenendo quindi un Lambrusco rosato con il fondo di lieviti, ricco di note tostate e di lievito che si aggiungono ai classici sentori fruttati. Colore: rosso rubino sui toni più scuri, spuma evanescente dagli orli violacei. Profumo: intenso, fruttato, fragrante, vinoso, fine, persistente. Sapore: sapido, armonico, delicatamente acidulo, fresco, vinoso, di corpo medio.

 

                                                      Antonio Farnè – inviato del Tg2 Rai è andato a Polesine Zibello (il comune della bassa parmense più distante da Parma, situato al confine con la provincia cremonese) e lì, ha incontrato Romeo Guarenzi, presidente del Consorzio del Culatello, per saperne di più sull’insaccato più prestigioso delle nostre norcinerie…

 

 

Una storia tipicamente emiliana nata e raccontata lungo gli argini del grande Fiume, il Po: avvolta dalla nebbia, d’inverno, scaldata dal sole, d’estate. È la storia del Culatello considerato dagli esperti il prodotto più nobile della salumeria italiana…
Si produce con il cuore del prosciutto solo dalla razza specifica padana” – a descrivere il goloso insaccato è Romeo Gualerzi, presidente del Consorzio tutela Culatello di Zibello, mentre risponde a Antonio Farnè – “È fatto solo dalle migliori cosce per maturare lentamente e avere quel profumo e quel colore che sono caratteristiche del più grande salume della salumeria italiana”.

Quanto costa il Culatello al chilo?” – domanda Farnè al presidente Gualerzi – “Si va dai 50 ai 100 € a seconda del tipo di prodotto (varietà di suino e tempo di stagionatura)”.

Il rapporto con la sua terra diventa simbiosi: la produzione del Culatello è circoscritta da sette piccoli Comuni che punteggiano la provincia di Parma e Zibello, ne è la capitale.

L’umidità per le nebbie fredde d’inverno e poi una grossa afa e l’umidità estiva calda” – è Gualerzi che spiega – “Creano un microclima molto molto particolare nella pianura bassa vicino al Po, dove si creano delle cantine in cui questo salume può ottenere il massimo del suo pregio con la sua maturazione”.

Lavorazioni antiche attente alle tradizioni guidate da un rigido disciplinare.

Si parte dalle genetiche, dal tipo di nutrimento, dall’età dell’animale, dai tempi di macerazione e di preparazione della coscia” – è ancora… Gualerzi docet – “La stagionatura dura un minimo di 10 mesi che è il minimo per la caratterizzazione per il controllo qualitativo, fino ad arrivare a oltre i 3 anni a seconda della personalizzazione della maturazione”. 

 

 

(produzioni di Culatello in stagionatura a Zibello, per importanti clienti fissi…)

Una qualità che diventa valore aggiunto sul mercato – puntualizza Farnè… –

Siamo a livelli storici” – precisa il Presidente del Consorzio – “Viaggiamo sugli 80 mila pezzi, arrivando al massimo sui 100 mila di produzione annuale del prodotto che è apprezzato in tutto il mondo” – conclude Gualerzi – “Stiamo organizzandoci per renderlo reperibile dovunque… È già molto affermato in Europa”.

La qualità e lo scrupoloso rispetto del disciplinare di produzione, hanno fruttato al Culatello il riconoscimento Dop (Prodotto di origine protetta) che serve ad indicare il massimo della qualità. L’Emilia Romagna d’altronde, detiene il primato nazionale di Dop e IGP (Indicazione Geografica Protetta) in tutto 44 (!) Sapori naturali, unici e inconfondibili di cui il Culatello è parte integrante.

Origini semplici, ma illustri estimatori: questo insaccato viene citato la prima volta in un documento del ducato di Parma: era il 1735. Amato da Giuseppe Verdi e Gabriele D’Annunzio e anche oggi è ingrediente prezioso per piatti prelibati.

A parlare adesso è il noto chef Massimo Spigaroli: “Vi presento un raviolo con una fàrcia fatta di Culatello, con una grande percentuale di Culatello, quasi il 50% di prodotto…” – e lo chef concede una ricetta della sua prelibata cucina –  “Facciamo una leggera fonduta, appena un po’ di Parmigiano e lo lasciamo così, naturale, perché è già un prodotto di altissimo livello… Poi qualche erbetta e la julienne sempre di Culatello sopra… Il Culatello, dove lo metti, fa buono!

    

 

E Farnè gli chiede: “E qual è il vino che si abbina meglio col Culatello?” – Chef Spigaroli risponde: “C’è il nostro (emiliano NDR) Lambrusco che ha quella bella acidità che serve per sgrassare il cibo. Sicuramente questo è un cibo che va sgrassato, ma più che altro… con la sua bella schiuma, che riempie il bicchiere, si dice che ispirasse il maestro Giuseppe Verdi quando componeva…

 

(servizio a cura di Antonio Farnè – inviato Tg2 Rai)