Il bosco d’autunno ha i suoi tesori e trovare un tartufo, è come trovare un diamante – recita un vecchio detto – .  “E’ un’emozione sempre forte, che provo, anche dopo cinquant’anni che vado a tartufi e… ne ho trovati tanti! – dichiara Adriano Bartolini, uno dei cavatori professionisti della zona di Savigno (BO) una delle 56 cittadine italiane baciate dalla fortuna di avere, sotto terra nei suoi boschi, preziosi tartufi bianchi, quelli più pregiati. Nel bosco però non si va da soli, fondamentale è la presenza del cane, in questo caso non solo amico ma anche alleato…

“Il cane da tartufo deve essere molto ubbidiente, resistente, con il fisico forte e con un gran naso”. – Quanto conta l’addestramento? – “Conta tanto. Si inizia all’età di due mesi e per un bel po’ di tempo il cane deve seguire tutto ciò che gli si insegna, perché poi dopo gli servirà per sempre…”.

Il periodo di raccolta del tartufo bianco va da ottobre a dicembre. L’Italia è il paese europeo che vanta il maggior numero di specie di questo fungo ipogeo, circa una trentina. La sua produzione nazionale si aggira sulle 95 tonnellate di media ogni anno. Quantità e qualità dipendono comunque dalla stagione.
“La siccità non ci ha aiutato perché praticamente ha bruciato tutto l’apparato radicale superiore degli alberi, delle piante, quindi il ritrovamento è solo in profondità” – è l’esperto di tartufi Luigi Dattilo ad inquadrare la situazione – . “Di conseguenza la quantità è scarsa ma la qualità soddisfacente”. – Come sono le quotazioni quest’anno? – “Sono proporzionate alle dimensioni: partiamo dai 3500€ al Kg. per arrivare ai 7-8000€”. (per le pezzature piccole,  fino a 20 g,  2.980 € per le medie fino a 50 g, 4.330 € per le grandi, oltre 50 g, 6.280 € poi esistono i “casi particolari”…

Re del bosco, ma anche della tavola: il tartufo bianco sprigiona un aroma inconfondibile molto intenso, capace di far fare il salto di qualità a qualsiasi piatto; decine le ricette, spazio alla creatività. Ecco l’esempio di Antonio Gasperini, ristoratore: “Un piatto tipicamente autunnale: schiacciata di zucca violina, fonduta di parmigiano reggiano e una bella grattata di tartufo nostrano… Ci piace giocare con gli abbinamenti, quindi non il solito vino rosso, ma abbiamo pensato ad un “Montuni”, un buon bianco fermo del territorio bolognese (anche del ravennate e del modenese, il Reno DOC: colore giallo paglierino, piacevole, caratteristico e al palato secco, morbido, dolce, sapido, di corpo – NDR) vino di spiccata acidità, ma dal profumo tenue per non sovrastare il profumo del tartufo”.

Quello dell’Appennino bolognese è il corpo fruttifero di un fungo Ascomycota sotterraneo, uno delle circa trenta specie italiche di “micorrizici” (che crescono vicino alle radici degli alberi) che si fa scovare dall’amico dell’uomo più specializzato per questo tipo di ricerca.  E’ a forma di tubero, composto dal “peridio”, la parte della corteccia che lo riveste e dalla “gleba”, la sua massa carnosa. E’ costituito da acqua, fibre e sali minerali, che gli sono fornite dall’albero con cui vive in simbiosi. Ne esistono di molte qualità, sia bianco sia nero: il tartufo bianco di Alba (o di Acqualagna) si merita di diritto il primo posto nella classifica generale di quelli più pregiati. Tra i tartufi neri – Tuber Melanosporum Vittadin – (detto Scorzone se estivo o tartufo Marzuolo o Bianchetto) quello di Norcia (anche di Spoleto o truffle de Perigord) conquista la vetta della sua classifica.

Il metodo più efficace per conservare il tartufo fresco è metterlo in frigorifero (senza lavarlo prima, poiché si deteriorerebbe più facilmente) avvolto in un foglio di carta assorbente e chiuso in un contenitore ermetico. Se si vuole conservarlo solo per un paio di giorni, si può mettere all’interno di un barattolo di vetro, ricoperto con del riso e riposto in frigo, ma non per più di due giorni.

Consigli utili: prima della preparazione in cucina, reidratare il tartufo in acqua tiepida con un pizzico di sale per circa 20 minuti. Consumarlo sulle pietanze in cottura o comunque calde, per consentire, con l’azione della temperatura, di fargli sprigionare al meglio tutta la propria fragranza. Per affettarlo sottilmente, in mancanza di un “affetta-tartufi” è possibile, con la dovuta attenzione, utilizzare un pelapatate.

Se puzza e sa di ammoniaca, se è morbido e gommoso, se il colore e la superficie presentano delle irregolarità rispetto agli standard della specie, buttatelo!

Curiosità: il 13 novembre scorso, presso il castello di Grinzane Cavour (CN) in occasione della ventitreesima edizione dell’asta mondiale del tartufo bianco, un tartufo di Alba, composto da due tartufi gemelli e un terzo esemplare da 250 grammi, per un peso totale di 950 g. è stato battuto a 184.000 mila euro, cifra sborsata da un imprenditore di Hong Kong, che l’ha spuntata sui rilanci di potenziali aggiudicatari da Singapore, Vienna, Seul e Doha. L’asta era partita da 10.000 euro e, a conclusione, ha raccolto oltre 600.000 euro, destinati, in beneficenza, a sostegno di vari progetti solidali sparsi in tutto il mondo.

         (Antonio Farnè – inviato Tg2 Rai)