Prevista la presenza dei ministri Ciriani, Urso, Lollobrigida e Giuli al Vinitaly 2025, con taglio del nastro della 57^ edizione, domenica 6 aprile, grazie al presidente di Veronafiere, Federico Bricolo, con gli interventi di saluto del sindaco di Verona, Damiano Tommasi, del presidente della Provincia, Flavio Massimo Pasini, e la vicepresidente del Parlamento europeo, Antonella Sberna, in rappresentanza delle istituzioni europee. Il salone internazionale dei vini e distillati si conferma evento di riferimento per la filiera strategica del settore vitivinicolo che vale complessivamente 45 miliardi di euro tra impatto diretto e indiretto, con esportazioni pari a 8,1 miliardi di euro. Il comparto dà lavoro a quasi un milione di persone e incide per l’1,1% sul Pil. L’internazionalità resta uno dei pilastri di Vinitaly ed è anche per questo che il “dazi pazzi” imposti dal presidente degli Stati Uniti, inevitabilmente surclasseranno il programma previsto della manifestazione.

Donald Trump ha imposto “dazi pazzi reciproci” nei confronti di oltre 100 Paesi di tutto il mondo: dalla Cina (34%) al Giappone (24%) al Regno Unito (10%) al Vietnam (46%) fino a Svizzera (31%) e Unione Europea (quindi anche noi…) col 20%. Si salvano dal “castigo” Russia e Corea del Nord (?). Per ora le prime reazioni hanno portato a “bruciare” 10 mila miliardi in capitalizzazioni sulle Borse mondiali… (per amor di precisione “bruciare miliardi in Borsa” non vuol dire distruggere moneta con reale perdita, ma indica quanti soldi passano di mano – NDR). Il paragone corre subito all’11 settembre 2001 e agli esordi del Covid (2020) quando prima crollò il prezzo del petrolio e poi schizzò quello dell’oro….
I settori dell’export verso gli Stati Uniti che saranno tassati pesantemente, sono quelli dei macchinari (13 miliardi) degli articoli farmaceutici (13 miliardi) dei mezzi di trasporto (8 miliardi) e dell’automotive (con aumenti fino a 20.000 dollari per alcune auto) dell’agro alimentare (con il caffè, il cioccolato e il vino…) dell’elettronica (con rincari su iPhone e TV) e dell’abbigliamento (dove marchi come Nike e Adidas subiranno duri colpi).

Per quanto ci riguarda, in totale sono stati considerati il 70% delle esportazioni europee verso gli USA pari a 370 miliardi di euro. Per la nostra prima ministra: “Basta allarmismo! Il panico è peggio dei dazi, fa molti più danni!”. Poi la Meloni ha invocato la parziale sospensione del Green Deal europeo (le iniziative strategiche per ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030 per affrontare la crisi climatica globale) perché i dazi di Trump non colpiscono solo l’agro alimentare, ma, appunto, anche il settore automobilistico. La presidente del Consiglio ha citato la “clausola generale di salvaguardia” che prevede una deroga al Patto di stabilità e ha detto che presto un ragionamento va fatto proprio su questa possibilità.

Considerando soluzioni che coinvolgono i rapporti tra le valute, i meccanismi fiscali e i dettagli secondari, parrebbe che l’aliquota del 20% affibbiata all’Europa (Italia compresa) possa derivare dal rapporto import-export del 2024 – 531,6 miliardi, il primo e 333,4 miliardi l’altro. Il deficit ammonta a 198,2 miliardi e 198,2 rispetto a 531,6 rappresenta il 35-40% che poi diventa il 39% effettivo che secondo Trump sarebbe il dazio legittimo per l’Europa. A prescindere dai metodi – empirici o meno – i “dazi trumpiani” sono diventati titoli a 6 colonne sui quotidiani, “strilli” di apertura di telegiornali e giornali radio, argomenti principali di convegni, fiere e dunque anche del Vinitaly, che proprio nel giorno della sua inaugurazione, domenica 6 aprile, più di altri, accusa il coinvolgimento, visto che proprio vino, liquori, distillati e tutto lo scibile vario correlato, sono protagonisti a Verona, alla presenza di relativo ministro (Lollobrigida) compresi i testimonial accreditati, l’Alberto Tomba nazionale e le madrine di circostanza, l’ex campionessa Deborah Compagnoni e Simona Ventura (che si è sposata il 6 luglio scorso…).  Trump, con questo atteggiamento (copywriter tutto suo, sembrerebbe) vuole proteggere l’industria nazionale dalla concorrenza straniera, con l’intenzione di “trattare poi” con i relativi interlocutori (leggi nazioni “daziate”) uno a uno, ottenendo, con la sua bravura di “negoziatore”, delle concessioni in cambio dai Paesi “castigati” (ovviamente a suo favore).

Questa ormai è una vera guerra commerciale, che coinvolge il mercato degli USA e tutti gli altri del pianeta… Chiaramente, quando ci si muove in ambito economico finanziario, i dati inseriti nel contesto, di riflesso, si modificano con effetto domino… Basti notare i numeri delle Borse di tutto il mondo in questi giorni – e quella che parrebbe una “rivalsa” (meglio vendetta?) per gli oltre 50 anni di ruberie subite dagli States (parole del tycoon) adesso, finalmente avrebbe trovato la “dovuta giustizia”…  – inflazione a parte, che già si è messa a galoppare lì, oltre oceano… (ed è solo una delle conseguenze che a cascata si stanno mettendo in moto, le altre, arriveranno non appena le nazioni “punite” manifesteranno le loro reazioni ufficiali) – .

Nello specifico, il mondo enologico accusa il colpo e questi sono i numeri del coinvolgimento dei vini per regione – percentuale valore esportato (negli USA) contro valore in milioni di euro:
rossi dop piemontesi 31% – 121,10; bianchi dop trentini (Alto Adige) e friulani 48% – 137,80; rossi dop toscani 40% – 289,50; Prosecco dop 27% – 491,30; spumanti 24% – 568,00; fermi e frizzanti imbottigliati 25% – 1349,10; liquori 26% – 142,90.

Mentre la riffa continua con cifre esponenziali, proprio nei convegni nel contesto del Vinitaly, si ufficializzano i numeri che danno l’idea dei volumi del mercato italiano dopo il crollo del 2023, visto che la produzione è ripartita con vigore riguadagnando le posizioni che meritava: le esportazioni sono aumentate del 6% – fonte Nomisma – (meglio di Francia e Spagna) con il Prosecco aumentato di oltre l’11%. L’export del solo Veneto, sfiora i 3 miliardi di euro, la Toscana 1,248, il Piemonte 1,184, il Trentino Alto Adige 611,3, l’Emilia Romagna 464,5, la Lombardia 312,5, l’Abruzzo 268,6, la Puglia 231,7, il Friuli Venezia Giulia 226,2, la Sicilia 154,9, il Lazio 78, le Marche 61,1, la Campania 43.3, l’Umbria 32,7, la Sardegna 25, il Molise 9,3, la Calabria 5,4, la Valle d’Aosta 3,5 e la Basilicata 1,9. Per categoria l’export dall’Italia – variazione valori 2024 su 2023 (fonte Unicredit per Nomisma): spumanti8,9%; fermi e frizzanti imbottigliati 4,8%; grandi formati -10,6% (negativo); sfusi 2,9%; per un totale di 5,6% che in miliardi – solo export – corrisponde a 8 (8mila milioni!) e solo le etichette portabandiera del Made in Italy negli USA sono 131 (36 della Toscana, 19 del Piemonte, 18 del Veneto, 13 della Sicilia e 7 dellaCampania; e per tipo, Barolo 16, Brunello 11 come Chianti classico e Amarone Valpolicella.

Per la 57^ edizione dell’evento principe degli eventi viti vinicoli, nei 18 padiglioni, 4000 aziende dall’Italia e, da 140 nazioni, 30mila buyer internazionali (Stati Uniti compresi) 1200 sono i top buyer accreditati da 71 paesi (6 in più rispetto all’anno scorso) selezionati da Veronafiere SpA e Ice (Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane). Tra le delegazioni più numerose dei super operatori selezionati dall’area extra Ue, in pole position ci sono quelle da Usa e Canada, seguite da Cina, UK, Brasile, ma anche da India, Singapore, Giappone e Corea del Sud. Mentre, per il continente europeo, primeggiano Germania, Svizzera, Nord Europa e l’area balcanica. Tra le novità specifiche sull’enoturismo, debutta il numero zero di Vinitaly Tourism, con la partecipazione di tour operator nazionali ed esteri specializzati da Stati Uniti, Spagna e Germania. Un progetto che, in prospettiva, potrebbe entrare anche nei palinsesti delle tappe estere della manifestazione in Asia, Sud e Nord America. Alla conferenza stampa di presentazione del Vinitaly, oltre ai vertici di Veronafiere con il vicepresidente Matteo Gelmetti, sono intervenuti Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, Sovranità alimentare, Alessia Rotta, assessore al commercio e attività produttive del Comune di Verona e Matteo Zoppas, presidente Agenzia ICE.
3mila buyer americani hanno confermato la loro partecipazione alla manifestazione, professionisti che provengono da importanti aree degli Stati Uniti (tra cui Texas, Midwest, California, Florida e New York) e rappresentano circa il 10% del totale del piano di incoming 2025: “La presenza di un così numeroso contingente di operatori statunitensi è un segnale positivo per le aziende e per Vinitaly” –  ha dichiarato Adolfo Rebughini, direttore generale di Veronafiere – “In un contesto economico incerto, ciò potrebbe influenzare la geografia del nostro export, ma mettiamo a disposizione la nostra piattaforma per facilitare eventuali accordi diretti tra imprese italiane e importatori e distributori, specialmente per il nostro primo mercato di destinazione extra-Ue”.

Da tenere in considerazione il programma del Vinitaly che prevede, oltre agli incontri b2b, una serata di networking dedicata agli operatori americani (martedì 8 aprile presso il Palazzo della Gran Guardia). Il mercato statunitense è fondamentale per il vino italiano, rappresentando il 24% dell’export enologico nazionale. Con l’introduzione dei nuovi dazi, i produttori potrebbero essere costretti ad assorbire parte dell’aumento dei costi per rimanere competitivi, con conseguenze negative sia per le aziende che per i consumatori. Il rischio è anche quello di perdere quote di mercato a vantaggio di competitor internazionali come Spagna (che ha già stanziato 14 miliardi per attutire il primo colpo dei dazi) Cile e Australia, appena meno colpiti dalle tariffe commerciali.

Intanto nei prossimi giorni del Vinitaly di tutto questo, se ne parlerà a iosa. Vediamo e sentiamo (mentre intanto degustiamo…) cosa ancora accadrà…

 


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(GfL)