Un tempo si usavano vere “pelli di foca”, oggi si adoperano prodotti sintetici (e le foche ringraziano…) ebbene, il risultato che si ottiene, è lo stesso: servono ad aggredire la neve anche in salita. E’ lo “sci alpinismo”, pratica sempre più diffusa per esplorare la montagna d’inverno, lasciarsi accarezzare dalla natura e così vivere la magia del bosco zeppo di neve.

“Sci alpinismo nel bosco, com’è? – chiede Antonio Farnè, inviato del Tg2 arrivato al Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna per documentare l’attuale situazione – “E’ il modo migliore per vivere la natura – gli risponde uno sciatore col fiatone… – Soprattutto in questo momento con così tanta neve!” – “E’ una sensazione bellissima, di pace… bello, tutto bello davvero!” – Stavolta è una sciatrice che sorridendo esterna tutta la sua soddisfazione –.

Alla scoperta del parco nazionale delle Foreste Casentinesi: 370 km² di natura incontaminata, cerniera tra Romagna e Toscana e luoghi irresistibili per gli appassionati del “bianco”.  Tracce sulla neve che si possono seguire anche con altri strumenti: “Cosa avete ai piedi? – chiede Farnè a un ragazzo piuttosto ansimante – “Sono delle “ciaspole” fatte in plastica dura, servono per aderire al meglio sulla neve” – E’ un po’ come galleggiare sulla neve – riprende Farnè, questa volta rivolto a una ragazza del gruppetto dei “ciaspolanti”… – “Decisamente è molto rilassante, anche faticoso, ma lo consiglio” –  lei di rimando  –  “Siamo stanchissimi, 8 chilometri abbiamo fatto!” – precisa un altro ragazzo sorridendo a 32 denti… –.

“E’ un comprensorio che si presta un po’ a tutti – stavolta Farnè intervista Manuel Tassinari, operatore turistico esperto  –  con oltre 100 Km di sentieristica: percorsi facili, percorsi difficili, percorsi anche abbastanza impegnativi, anche se questo è un Appennino “dolce” ci sono percorsi anche molto importanti… E soprattutto nei week end, grandi escursioni per tutti!”

“Questo è un parco nazionale, qual è il periodo migliore per viverlo? – chiede Farnè sempre all’operatore turistico Tassinari – Forse il nostro parco, ma i parchi in generale, come la montagna, è bella 360 giorni, quindi… è bella in primavera, è bella in estate, abbiamo un autunno che sta diventando importantissimo per i colori della foresta (foliage) e l’inverno, con uno scenario così… forse è la regina d’inverno…  –  risponde Tassinari che saluta e,  girando gli sci, con morbida serpentina sulla neve fresca, se ne va…

E dopo l’esperienza immersiva sulla neve, non può mancare una sosta “rigenerante”
E allora, tutti al rifugio per scaldarsi un po’.

“Clima da rifugio, i clienti cosa vi chiedono? – domanda Farnè a Ioana Oprea, gerente del locale affollatissimo – “Roba calda  –  gli risponde lei – Tutto caldo, bevande soprattutto dal vin brûlé, alla cioccolata calda, anche il bombardino…  –  e da mangiare?  –  la incalza Farnè  –  Polenta, condita con cinghiale, soprattutto e funghetti!”

Per i frequentatori di quel paradiso, quando viene l’ora, non c’è di che estasiarsi anche con le gambe sotto al tavolo… Menù stuzzicanti con i piatti tipici proposti da ristoranti, locande, osterie, trattorie e agriturismi siti all’interno dei territori del parco.  Tutte le proposte presentano una logica contaminazione tra la tradizione romagnola e quella toscana: la scelta è vasta e davvero ben assortita: si può cominciare con una entrée di pane montanaro di grano antico con paté tradizionale, tagliere di salumi e formaggi locali, gota (guanciale in toscano) al miele e marroni del Mugello.  A seguire i primi: tagliatelle con i funghi, tortelli alla lastra, cappellacci all’ortica, conchiglie di farro biologico con porcini freschi e salsiccia, se no, l’immarcescibile  ribollita! Per le pietanze si ritorna alle abitudini montanare: polenta con cinghiale, o lonza di maiale e porcini trifolati e anche tagliata di bovina romagnola e insalatina di porcini freschi al sale dolce di Cervia aromatizzato alle erbe fini e olio extravergine d’oliva artigianale senese. Per i golosi, si può chiudere con pera cotta nel Sangiovese e miele del parco, dolce di castagne con glassa al cioccolato fondente e gelato alla vaniglia e per ultimo (visto l’alfabeto…) la zuppa inglese!

E per annaffiare tale bendidio, nel casentinese, in passato la viticoltura era molto diffusa: la tradizione si riallaccia addirittura a Lorenzo il Magnifico (XV e XVI secolo) che faceva dono degli ottimi vini della zona a tutta la corte pontificia.
In tempi recenti i ricercatori del CREA (Centro Vini del Casentino) hanno recuperato 21 varietà autoctone, ancora presenti in piccoli vigneti secolari come il Morellone del Casentino, il Sanvicetro, la Sepaiola e hanno rivitalizzato l’antica tradizione di “vino vermiglio” delle colline della valle; note sono le etichette di Poggiotondo, Civettaja con il suo famoso Pinot nero, il Borbotto rosso prodotto alla Mausolea è affinato nelle grandi botti di legno della cantina storica e la cantina di Ornina, che può vantare tre etichette per il rosso e una per il bianco.
Tutto questo perché il particolare equilibrio tra il terreno e le escursioni termiche caratteristiche della valle Casentinese, consente all’uva una maturazione ottimale, regalando frutta dalla spiccata aromaticità e, dunque, vini dalla notevole eleganza. In molti casi, nelle cantine locali, non sono immessi tannini, stabilizzanti, acidificanti e quant’altro. In qualche caso si aggiunge solamente una ridicola quantità di “metabisolfito”. Poi ci sono i vini naturalmente biologici e anche biodinamici.

Alla fine, in cima alla nostra classifica – dalla parte della Romagna e dalla parte della Toscana – sono: un rosso, un bianco, vinsanto e vendemmia tardiva compresi
Il rosso è il “Maramia” 2018 – Tenuta Biodinamica Mara: vino sui generis e originale, tra i migliori vini dell’Emilia Romagna per la valorizzazione del carattere del Sangiovese. Profumo incisivo di ciliegia matura e more di rovo ampliate da nuance di cuoio, chiodi di garofano ed erbe officinali.  Al palato incalza con una trama tannica spessa, penetrante e setosa mitigata da una acidità di nerbo. Si schiude per un finale balsamico, di lunghissima persistenza.
Quello bianco: “Sabbia Gialla” 2019 – San Biagio Vecchio: olfattivamente è intenso ampio e fresco con successioni di note floreali su note di frutta candita, scorza d’arancia e nuance di spezie dolci e “viennoiserìe” (dolci da forno); al palato è ricco e serico, di grande morbidezza e freschezza impreziosita da una leggera nota iodata minerale che conferisce voluminosità e carattere in bocca. E’ un vino ottenuto da Albana macerata, dai profumi di grande eloquenza, che si sprigiona al palato ricco, voluminoso e di sensazionale persistenza.

Il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna
è un parco nazionale istituito nel 1993, situato nell’Appennino tosco-romagnolo,
lungo il confine delle regioni Emilia-Romagna e Toscana, a cavallo tra le province
di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze.
www.parcoforestecasentinesi.it
Orari: aperto 24 ore su 24
Tel.: 0575 50301

            (Antonio Farnè inviato Tg2 Rai)