Il reportage dell’inviato di Rai2, Antonio Farnè, ci accompagna in un viaggio tra farine, forni e lieviti, alla scoperta del pane – sostentamento, sussistenza, alimento, cibo che si ottiene dopo il processo di lavorazione di farina, acqua, lievito, sale e che si conclude con la cottura di detti ingredienti sapientemente amalgamati – simbolo universale di nutrimento, convivialità e cultura. Dalle antiche ricette regionali del Nord e del Sud Italia alle innovazioni che rispettano la tradizione, ogni buon “pezzo di pane” – quelli tondi: pagnotta e panino e quelli di forma allungata: che (a secondo del tipo e della regione) si chiamano: sfilatino, filoncino,frusta, filone – ognuno racconta storie di mani, saperi e sapori che attraversano il tempo e le generazioni. In Italia chi si occupa di impastare, far lievitare e cuocere detto sacrosanto elemento, rispettando le norme igieniche e valorizzando le tecniche tradizionali o moderne, sono i fornai (chi ha il forno a legna) i panificatori(chi ha il forno meccanico) e i panettieri (chi lo vende) che insieme ne producono per i clienti italiani fino a 250 varianti, da un euro a 5 e più al Kg. (ma per i più, il prezzo non conta…).
Tra i più noti tradizionali, il pane di Altamura, quello di Matera, la focaccia genovese, il pane Carasau e come non menzionare il “pane soffiato” di Milano, la michetta di austro ungarica origine, così come la rosetta (solo austriaca questa…). La diversità riflette le memorie e le materie prime locali di ciascuna regione. Tipi di pani italiani noti per regione: in Lombardia, proprio la michetta, in Puglia e in Basilicata, i già citati di Altamura DOP e di Matera IGP, in Toscana, appunto, il Toscano DOP (o lo “sciocco“, cioè senza sale) nel Lazio, il Casereccio di Genzano IGP, in Emilia Romagna, la Coppia Ferrarese IGP e la tigella, in Sardegna, il Carasau, in Sicilia, la Pagnotta del Dittaino DOP e la pitta, in Campania, il Pane Cafone e in Liguria, la focaccia genovese… Poi ci sono tante altre realtà…
Per esempio Antonio Farnè è andato a trovare il Pane di Niella Tànaro (CN) – famoso per i “grissini Rubatà”- : in quel paese nel 2019 ha chiuso l’ultimo forno perché per i giovani è un’attività troppo scomoda (di notte, tutti i giorni, festivi compresi e con guadagni non certo allettanti) ma la voglia di pane ha fatto sì che si rimettesse in funzione un “forno comunitario” (il forno di tutti) gestito dall’amministrazione locale, un forno che ha 138 anni, che, riaperto da 32, sta lavorando con grandi soddisfazioni…
Il Pane di Motecarotto (AN): non è un tipo specifico di pane, ma si riferisce genericamente al pane casalingo, con una lunga storia nella regione Marche, caratterizzato da una mollica morbida e alveolata e una crosta croccante e dorata. Questo pane viene preparato con una miscela di farine che include la semola di grano duro che conferisce un sapore più intenso e una consistenza corposa, ma anche farina bianca, per una lievitazione più semplice. Questo è il vero esempio di alimento tradizionale che si trova nelle zone rurali – come Montecarotto – e che evoca i sapori semplici e genuini della cucina italiana. La sua preparazione, che risale ai tempi antichi, è legata alle tradizioni contadine e rappresenta una versione locale di pane fatto in casa, spesso legato alla produzione locale di grano duro.
Il Pane Pretzel (o Brezel) dell’Alto Adige (BZ) nato per caso dall’errore di un garzone – tale Anton Nepomuk Pfannenbrenner, bavarese, che per sbaglio utilizzò “soda caustica” al posto della soluzione zuccherata destinata a fare il Pretzel dolce, scuro e lucido e che infornandolo comunque, ottenne un ottimo pane croccante che soddisfece tutti quelli che lo mangiarono e che da allora lo vollero sempre così (come si fa ancora ai nostri giorni… sempre con la soda caustica che, ovviamente, scaldata in forno, tutte le proprietà deleterie). E comunque c’è anche un’altra leggenda relativa al Pretzel, che vuole protagonisti i monacidell’Alto Adige e del sud della Francia del VII secolo, quando i religiosi lo preparavano con le rimanenze del pane per premiare i bambini che avevano imparato a memoria le preghiere. La sua forma, con i tre fori, doveva rappresentare le braccia incrociate (o le mani giunte) dei monaci in preghiera e i tre buchi la Santissima Trinità…
In tempi più recenti divenne un pane popolare, soprattutto in Baviera e dal XX secolo, anche in America dove erano giunti molti immigrati, proprio, fornai tedeschi…. Il Pane nero di Castel Vetrano: è un pane rotondo e scuro, anche chiamato “vastedda“, dal sapore unico, ottenuto con una miscela di semole di antichi grani siciliani, una di grano biondo e una di un particolare di tumminia (grano duro autoctono siciliano con cariossidi scure) dalla cui farina di colore quasi nero, prende infatti la denominazione di “nero“. Ha una crosta croccante e scura e una mollica morbida e di colore giallo intenso, profuma intensamente di cereali e spezie e ha un gusto leggermente dolce.
Tradizionalmente cotto in forni a legna con fronde di ulivo, è un prodotto presidio Slow Food amato per le sue proprietà nutrizionali e il legame con la tradizione siciliana. Ha una fragranza intensa e un sapore caratteristico che ricorda le terre arse siciliane, con note dolci e aromatiche. La crosta può avere un sentore di mandorla tostata. La mollica è morbida e compatta, mentre la crosta è croccante e scura. È pane che richiede una lunga lievitazione, utilizzando lievito madre naturale, poi, dopo cotto, si gusta semplicemente da solo, magari ancora tiepido o abbinato a olio extra vergine d’oliva, sale, origano, pomodoro secco, acciughe, formaggio pecorino primo sale o ricotta (tutti prodotti rigorosamente del territorio a “centimetri zero”…) e con un buon vino rosso come il Nero d’Avola.
Tra gli altri pani caratteristici, c’è l’“U’puciatiello” termine dialettale del Pane di Altamura che è così nominato per descriverne la forma “a cappello di prete (più bassa e larga rispetto ad altre forme, ma con una buona massa). L’Altamura DOP si caratterizza per una crosta spessa (almeno 3 mm) e croccante, profumata e di colore nocciola e la mollica è soffice, gialla paglierina e ben , fine e omogenea, grazie all’uso della semola rimacinata di grano duro. È un pane a lievitazione molto lenta, con lievito madre preparato con semola di grano duro e cotto in forno a legna; è ottimo per essere inzuppato e per accompagnare pietanze visto il suo gusto intenso e aromatico che lo rende ideale per essere mangiato da solo, con olio, o per accompagnare zuppe e altre preparazioni. Si mantiene a lungo grazie al giusto tasso di umidità e per finire in gloria, è indicato come uno dei pani “più buoni del mondo”… Poi c’è ancora il Pane di Noale (VE): non ha una tipicità specifica, ma la tradizione del territorio veneto include il “pan biscotto“, secco e croccante, anche duraturo, molto gustoso e facile da digerire che si conserva a lungo (anche sei mesi) e viene cotto due volte (prima a una temperatura più alta, poi a una più bassa per disidratarlo); e ancora, c’è la rotonda, “Cioppa” (può essere anche a forma di “banana” (due panini ) tipica in tutto il Veneto, diffusa specie nell’area vicentina: è una pagnotta ottenuta da un impasto duro e senza grassi, caratterizzata da una croce incisa in cima, con mollica compatta e crosta friabile. Può essere consumata anche dura nel latte o più friabile per accompagnare salumi e formaggi. Ha la mollica compatta e la crosta friabile, ottima per essere mangiata con vari accompagnamenti. E c’è anche il pane Pema: pane di segale integrale, il Pema è una scelta eccellente per chi cerca un’alimentazione sana e naturale. Composto al 100% da segale integrale macinata fresca, con pasta madre, acqua, sale e lievito, questo pane è privo di conservanti e adatto a diete vegane e vegetariane. La confezione contiene 8 fette e pesa 500 g.
Ma qual è il pane più buono al mondo?
Ovviamente non esiste una risposta univoca, ma secondo diverse classifiche e fonti, il pane più buono del mondo è considerato il Roti Canai malese per il suo gusto e la sua semplicità (pane naturale cotto su piastra, simile ai pancake, che può essere accompagnato sia da condimenti dolci che salati); oppure il Naan all’aglio e burro indiano, buono per il suo sapore ricco (vincitore di una classifica di Taste Atlas) ha un impasto a base di farina, yogurt e lievito e viene spennellato con burro e aglio tritato dopo la cottura, solitamente nel “forno tandoor”- forno tradizionale di argilla a forma di campana rovesciata o cilindrica (una sorta di unione tra un forno interrato e uno piano in muratura, originario dell’Asia Centrale e ampiamente utilizzato in India e nel Medio Oriente e nelle cucine mediorientali) ed è riscaldato da carbone o legna alla base, raggiungendo alte temperature (fino a 480°C) che permettono di cuocere cibi come carne e pane. Il calore uniforme e il fumo conferiscono ai cibi un gusto e una consistenza unici, con carni morbide all’interno e croccanti all’esterno. Tra i pani considerati “i migliori“, c’è anche il pane italiano di Altamura, citato da Orazio che durante un viaggio, lo definì “il pane più buono del mondo” con ammirazione, evidenziando la sua eccellenza e la sua durevolezza, caratteristiche che lo rendevano ideale per i lunghi viaggi di contadini e pastori e aggiunse che “…il viaggiatore diligente se ne porta una provvista per il prosieguo del viaggio“. Queste citazioni si leggono nelle sue “Satire“, scritte nel 37 a.C.
Forse non abbiamo detto proprio tutto sul pane, ma… molto sì!
Per chi volesse vedere l’intero reportage dell’inviato di Rai2 Antonio Farnè:
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