L’aceto – dal latino acētum (anche vīnum ācre, vino acido) – è il liquido ottenuto grazie all’azione di batteri ossidanti che, alla presenza di aria e acqua, ossidano l’etanolo contenuto nel vino (anche nel sidro, nella birra e nell’idromele per il miele) o in altre bevande alcoliche fermentate, oppure in materie prime quali malto, riso e frutta (anche mosto cotto) trasformandolo in “acido acetico”. Ciò accade quando si aggiunge nel vino la “madre dell’aceto” (ammasso gelatinoso di colore violaceo che contiene l’Acetobacter aceti) o anche quando le botti non sono sigillate perfettamente o se raggiungono temperature troppo alte. Quello più utilizzato in gastronomia è l’aceto di vino, per pietanze, per le “vinaigrette”, nei processi di marinatura e anche come condimento per pesce e insalate. Dal punto di vista alimentare, rientra nella categoria degli alimenti nervini (con azione eccitante, come pure caffè e tè).  E’ di colore rossastro a tinte pallide, quasi trasparente e poco denso. L’Aceto Balsamico, invece, si presenta a tinte scure ed è molto denso. Nasce per essere condimento tradizionale – anche dono di prestigio (pure dote matrimoniale…) – della cucina emiliana dai mosti cotti (sottoposti al processo di concentrazione a fuoco diretto) di uve provenienti esclusivamente dalle province di Modena e Reggio Emilia, fermentati, acetificati e, in seguito, invecchiati per tempi lunghissimi (almeno dodici anni).  Tutto ciò avveniva (e avviene) in botti aperte, per favorire il massimo scambio di ossigeno tra liquido ed atmosfera, consentendo la concentrazione per evaporazione e permettere il travaso da botti più grandi (a inizio processo) in botti via via sempre più piccole, fino a giungere a maturazione, affinandosi così anche per decenni…

L’Aceto Balsamico pare fosse già noto in età romana, ma la sua produzione certa è documentata solo a partire dalla metà del primo secolo dell’anno 1000. Apprezzato per il delicato gusto agrodolce, prese piede nel Rinascimento grazie agli Estensi, che lo fecero conoscere all’alta aristocrazia e ai  numerosi regnanti anche fuori dai confini nostrani.  Da allora, la plurisecolare tradizione l’ha portato fino a essere presente sulle nostre tavole, oltre che per le proprietà benefiche (l’alto contenuto di sali minerali rallenta l’attività gastrica, senza appesantirla e aumenta il senso di sazietà) è anche disinfettante, antibatterico e antivirale. E’ raccomandato nei piatti a base di carne rossa, specie alla griglia, ma anche di pesce e crudità di mare (ostriche, scampi e gamberi) è perfetto sull’insalata e su verdure e contorni di stagione (anche cotti) e per dare una nota acidula pure ai formaggi stagionati come il Parmigiano. E’ da gustare su frutta, dolci e persino gelati (ottimo sulla crema!).
Per degustarlo: mettere alcune gocce su un cucchiaino in ceramica bianca, perchè a differenza di altri materiali come il metallo, la ceramica non ne altera le caratteristiche organolettiche. Portare l’aceto alla bocca e distribuirlo con la lingua, lungo tutto il palato.

Prodotto fra i più apprezzati – e anche imitati – della cucina italiana, dal 2000 è tutelato dal marchio di denominazione di origine protetta (DOP) riconosciuto in due differenti denominazioni: Aceto Balsamico Tradizionale di Modena (ABTM) e Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia (ABTRE). Il processo di trasformazione dei mosti può avvenire solo nelle particolari condizioni ambientali e climatiche tipiche dei sottotetti delle vecchie abitazioni delle due provincie emiliane, caratterizzato da inverni rigidi e estati calde e ventilate. Per queste ragioni non può essere ottenuto con lavorazioni industriali o su larga scala, per cui la sua la produzione è molto limitata e il prezzo piuttosto elevato. Queste caratteristiche lo hanno portato a essere soprannominato “oro nero”.
Non è da confondersi con l’Aceto Balsamico di Modena IGP, che è prodotto composto con differenti proporzioni di aceto di vino (assolutamente non presente nell’ABT) e mosto cotto. Solitamente industriale è tutelato con un disciplinare differente che include la possibilità di usare additivi (addensanti e coloranti) oltre che materie prime provenienti da tutto il mondo.

Tutto ciò che si è fatto, visto, detto, della cultura e della storia dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, dagli albori a oggi e con una facile proiezione al domani, è testimoniato presso il  “museo gastronomico” sito all’interno di un elegante caseggiato del XVIII secolo – Palazzo Fabriani –  nel centro di Spilamberto – paese dell’Unione Terre di Castelli –  situato a sud del capoluogo Modena. Nell’esposizione – permanente dall’anno 2002 – è possibile vedere (ma mai toccare!) tutti gli oggetti utili alla produzione di detto aceto (documentato per la prima volta nel 1747): lì, manufatti e utensili sono conservati, tutelati e offerti alla pubblica fruizione per raccontarne, anche in maniera scenografica, la storia, le tecniche e il legame con il territorio. Il presidente della struttura è il dottor Maurizio Fini (di seguito breve intervista) ma il “riferimento” certo all’interno del museo, è la gentile direttrice Cristina Sereni, sempre disponibile e prodiga di informazioni.

Il percorso espositivo ha inizio in una sala dedicata, particolarmente suggestiva, in cui è stato riprodotto l’interno di una botte. Lì si proietta un cortometraggio sulla produzione del Balsamico Tradizionale. Inoltre vi sono raccolti, in sezioni distinte, gli strumenti legati alle fasi delle varie lavorazione. A latere, l’esposizione di oggetti a carattere didascalico e pubblicazioni di valore storico e scientifico (tra le altre, anche opere di Edmondo Berselli– Campogalliano 1951 – Modena 2010 – personaggio eclettico, che ha approfondito il settore proprio dell’Aceto Balsamico Tradizionale, documentandone la storia e le molte sfaccettature.

 

Nel sottotetto del museo è collocata l’Acetaia sociale, ambiente in cui si conservano i “vaselli” che formano le batterie per la produzione dell’aceto protagonista – lì è esposta una batteria di botti dei primi anni del XIX secolo – in questo ambiente si trovano anche un laboratorio di analisi e, in una sala attigua, uno spazio dedicato alla  degustazione.

Anche la “Consorteria dell’Aceto Balsamico Tradizionale”, nata per la valorizzazione e la tutela del prodotto, trova spazio nel museo con l’esposizione di testimonianze significative della sua storia. La Consorteria supporta la candidatura de “La TRADIZIONE DEL BALSAMICO tra socialità, arte del saper fare e cultura popolare dell’Emilia centrale” a patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO (in corso di accoglimento).

N.B.: il museo è convenzionato con il Touring Club Italiano, ai Soci del quale – a presentazione tessera – riconosce sconti e vantaggi.

Museo dell’Aceto Balsamico Tradizionale
c/o Villa Comunale Fabriani
Via F. Roncati, 28 – 41057 Spilamberto (MO)
Contatti: +39 059 781614
www.tradizionedelbalsamico.it
info@museodelbalsamicotradizionale.org
consorteria@consorteria.org
Orari di apertura:
martedì, giovedì, venerdì, sabato, domenica
10:30 – 17:30; mercoledì 10:30 – 13:30
Giorni di chiusura: tutti i lunedì; 25 e 26 dicembre;
1 gennaio; la domenica di Pasqua.

 

Segue intervista al presidente del museo:

        Intervista a Maurizio Fini, presidente del museo dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e Gran Maestro Consorteria ABTM

Ci pare doverosa una premessa: quasi tutti i produttori di aceto balsamico dell’area emiliana, “millantano” di possedere un museo dell’aceto balsamico, in quanto possessori di batterie impiantate dai rispettivi avi, ovviamente contenenti attrezzature e suppellettili di quel tempo che fu, dunque, oggetti che ne raccontano la storia. Ma cosa attribuisce la titolarità di effettivo “museo del Balsamico” e il reale diritto di attribuirsi tale àmbito istituzionale?

La definizione “ufficiale” di Museo, è concessa dalle istituzioni preposte nel momento in cui sia dimostrata l’apertura al pubblico quotidiana, festivi compresi! Oltre a questo un Museo come il nostro gode della denominazione di “Museo di Qualità”,  riconoscimento rilasciato dalla Regione grazie alla particolarità che lo contraddistingue e alla sua unicità.

Come, da chi e perché è stato voluto questo museo, di oltre ventennale storicità? E con la Consorteria, cos’ha a che spartire?

Il Museo del Balsamico Tradizionale fu fortemente voluto e realizzato grazie alla visione e alla lungimiranza delle Istituzioni locali, ovvero il sindaco Luca Gozzoli di Spilamberto che nel 2002 accolse la richiesta dell’allora Gran Maestro e dei Soci della Consorteria concedendo l’utilizzo di Villa Fabriani e contestualmente si diede corso all’apertura del Museo, fra lo stupore e lo scetticismo di alcuni operatori nel campo del balsamico che, addirittura,  ne osteggiarono l’apertura stessa. La scelta di quel tempo – in quella fase pionieristica – ha sicuramente aperto una strada maestra, di cui andiamo orgogliosi, nella consapevolezza di aver indicato, in tempi non sospetti, una delle modalità principali per valorizzare l’arte del saper fare l’Aceto Balsamico Tradizionale e, soprattutto, l’accoglienza territoriale che fa vivere e assaporare, nel vero senso della parola, una esperienza unica e irripetibile.

Il museo che lei, Presidente, presiede vanta sicuramente “perle” di cui fregiarsi, che ne rafforzano l’immagine… Ce ne descrive le principali e, tra queste, qual è la più preziosa?

Diverse sono le particolarità che meritano una visita presso il nostro Museo. La prima, che quasi non conta, ma invece conta è proprio Palazzo Fabriani, infatti proprio in questo stesso palazzo signorile di fine ottocento vi abitava il nobiluomo Pio Fabriani che per noi, cultori del  Balsamico è storicamente importante poiché scrive e sollecita un suo pari l’avvocato Francesco Aggazzotti (possidente terriero e agronomo) con una richiesta specifica: “Dimmi come fai a “fare” un così buon aceto!” L’Aggazzotti non si fa pregare e risponde nel 1862 con due lettere autografe sottolineando parola per parola come procedere, dalla raccolta e pigiatura dell’uva tipica (Trebbiano di Spagna, oggi denominato Trebbianella) alle successive fasi di cottura del mosto, la sua fermentazione e acetificazione, fino alla messa a dimora in botticelle, partendo da 20/22 litri a salire di 2 litri alla volta, fino a raggiungere la ragguardevole dimensione di 70/80 litri. Insieme alle indicazioni tecniche che saranno poi recepite e adottate come base dell’attuale disciplinare per la produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, che si fregia della Denominazione d’Origine Protetta, chiude la sua lettera con un monito morale, una etica da cui non derogare:  “Sonvi infine non poche ricette e metodi per abbreviare un si lungo processo coi quali ottienesi il concentramento, il colorito e la densità e l’aroma artificiale con droghe, ma il minor dispendio e briga, va sempre a scapito della qualità.” Quanto sopra è il lascito morale, uno dei valori a cui noi della Consorteria, ci atteniamo:  nessuna scorciatoia, nessun additivo, lasciamo sapientemente ed esclusivamente che la natura faccia il suo corso…  Proprio la stessa lettera è stata riprodotta come emblema nelle confezioni di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena, prodotte dai Maestri della Consorteria,  che i visitatori del Museo possono acquistare presso il Museo, dove si ammira sia la “batteria (insieme di botticelle di varie essenze di legni) centenaria” appartenuta a Pio Fabriani e la “batteria bicentenaria” appartenuta alla Famiglia Aggazzotti: entrambe ancora perfettamente in grado di donare ottimo aceto balsamico. Infine, ma non ultima, si può entrare in contatto con una bottiglia di “Aceto Brusco 1785” questa infatti è l’etichetta che contraddistingue un aceto di oltre 230 anni, che è risultato ancora commestibile durante una seduta di assaggio dei nostri Maestri espertissimi, i quali, alla presenza di un Notaio, ne hanno certificato qualità e bontà: per onestà intellettuale dobbiamo dire che le caratteristiche odierne differiscono dal passato pur con notevoli e puntuali caratteristiche tipiche. Pertanto non mi sento di classificare quale di queste sia la “perla” più preziosa: tutto, anche ciò che non ho citato, è prezioso all’interno del nostro Museo, le “batterie” sono vive e attuali,  con radici che affondando nella storia che ci appartiene!

Chi sono i frequentatori tipo tra gli oltre due mila l’anno che lo visitano e cosa colpisce loro da suscitare spesso le medesime domande?

I visitatori che ci onorarono della loro presenza, provenienti da tutto il mondo (singolare come queste persone arrivino a Spilamberto grazie esclusivamente al richiamo dell’Aceto Balsamico) in misura superiore alle duemila, sono infatti oltre seimila (circa il 40% stranieri) coloro che dopo una immersione nei profumi, nei sapori, restano affascinati e conquistati dal nostro Aceto Balsamico, difatti nessuno se ne va, se non dopo averlo assaggiato. Nei loro occhi leggiamo lo stupore e la meraviglia di chi, rispondendo alle nostre prime domande… “Chi conosce l’Aceto Balsamico?”…  aveva risposto di conoscerlo! Dopo l’assaggio tutti – nessuno escluso – si ricredono: non assomiglia a ciò che conosciamo, quello che abbiamo assaggiato è completamente diverso e, al di là del gusto eccelso, è sempre in grado di attivare emozioni e suggestioni che solo un prodotto come il Balsamico è in grado di suscitare.

Per il “Balsamico” ci sono eventi o cerimonie che si ripetono ciclicamente per celebrare il prodotto o un procedimento? Li organizzate voi o ne accordate solo il patrocinio?

Siamo sicuramente legati all’avvenimento più importante che caratterizza la nostra Associazione quando ogni anno si svolge il Palio, ovvero una singolar tenzone, lanciata da una “grida”, che da 57 anni si ripropone in occasione della Festa del Patrono del paese – San Giovanni il 24 giugno -.  Durante la manifestazione viene premiato il “miglior aceto balsamico tradizionale” di provenienza famigliare, conferito dai Soci della Consorteria e dai cultori Modenesi, dove il vincitore si fregia esclusivamente del prestigio che deriva da una ferrea selezione e analisi organolettica. Oltre a questa manifestazione, la prima domenica di ottobre si rinnova il rito della cottura del mosto in piazza: tutte le comunità della provincia di Modena sono presenti a Spilamberto, dove il profumo del mosto cotto proveniente dai paioli fumanti, si diffonde per le vie del paese: l’aceto balsamico nasce in questa occasione e come un bambino, crescerà, maturerà e invecchierà lentamente, nel tempo, con pazienza, senza fretta e senza “scorciatoie”!  Entrambe le manifestazioni, sono curate e gestite dal Museo con il patrocinio delle Istituzioni, in particolare del Comune di Spilamberto.

Tutte le strutture di questo tipo beneficiano della generosità di enti o associazioni o di privati filantropi che elargiscono fondi o donazioni materiali o lasciti…. Nel vostro caso?

Pur non potendo in assoluto lamentare una totale assenza di questi benefici, diciamo che il verbo “elargire” non gode di popolarità! In occasione di specifici progetti giustamente rendicontati, abbiamo potuto godere del sostegno di Fondazioni e del supporto dell’ente Comunale di Spilamberto, questo per quanto riguarda il Museo. Come Consorteria ci sosteniamo con la sottoscrizione volontaria dei Soci e con l’appoggio dei Comuni Modenesi titolari di una Acetaia Comunale, una sorta di circuito che abbiamo denominato “Aceto in Comune” e che presto diventerà meta di percorsi turistici con l’obiettivo di far visitare, oltre al Museo e alla Acetaia della Consorteria, tutte le Acetaie Comunali. Filantropi e privati elargitori di lasciti… non pervenuti finora, ma mai dire mai!

Se poteste avere tra le mani una “bacchetta magica” quale sarebbe il desiderio che vorreste vedere esaudito? Probabilmente il riconoscimento a patrimonio immateriale dell’umanità UNESCO?

Questo argomento, questo progetto di riconoscimento presso l’Unesco di patrimonio immateriale dell’umanità, iniziato nel 2019  e  portato avanti caparbiamente, ha già ottenuto una prima iscrizione all’INPAI, (Istituto Nazionale Patrimonio Agroalimentare Italiano) ovvero l’anticamera necessaria per il riconoscimento Unesco. Abbiamo intrapreso il percorso per arrivare a rendere l’arte, il saper fare il Balsamico «Patrimonio Immateriale e Culturale dell’Unesco» come una idea definita eccellente, come eccellente è il nostro Balsamico. Ciò ci ha permesso di alzare l’asticella delle nostre ambizioni e dei nostri obiettivi, della nostra vivacità e costanza, a garanzia del nostro impegno e del nostro futuro. E’ una strada che al di là del risultato finale, non potrà che aiutarci a capire meglio, «nell’intimo» il Balsamico della Tradizione. Non credo sia un obiettivo velleitario o impraticabile, perché… è giusto in sé! E’ giusto che il mondo ci sia riconoscente per il nostro regalo: siamo usi dire, con molta presunzione, che quando regaliamo una boccettina del nostro aceto balsamico (perché si regala agli amici) doniamo anche un pezzetto del nostro cuore, di noi stessi, così come noi siamo grati a coloro che hanno creduto nel Balsamico prima di noi, siamo doppiamente grati al “mondo” per il “regalo” che riteniamo sia innanzitutto quello di preservare, mantenere e trasmettere una tradizione millenaria. È un grande desiderio e come tutti i desideri, si realizzerà se sapremo far riconoscere questa particolarità.

E, allo stesso modo, c’è una richiesta che fareste al MASAF (ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali) o al ministro delle finanze e che vorreste vedere realizzata al più presto? Insomma, il panettone – per ringraziare – lo regalereste a Lollobrigida o a Giorgetti?

Vorremmo, o meglio ci piacerebbe, che il “ringraziamento” non fosse dovuto per un intervento “straordinario”, ma semplicemente per un percorso “ordinario” che altro non farebbe che dare lustro e valore a una eccellenza italiana, frutto della nostra diversità e ricchezza culturale, pertanto, confidando e credendo nel sostegno delle istituzioni… il panettone “al balsamico” lo regalerei ad entrambi!

A fine anno, è opportuno un breve bilancio di questo 2023 che si chiude e un classico auspicio per il 2024 entrante…

Il Bilancio del 2023 è tale da farci ben sperare per il futuro, pur non potendo vantare numeri da capogiro, andremo a superare i visitatori pre-Covid ovvero del 2019. Auspichiamo e saremmo contenti che il 2024 confermasse le buone sensazioni e le buone recensioni che accompagnano e sorreggono la nostra attività e gratificassero il nostro lavoro che, essendo intriso di passione, spesso non si percepisce come un lavoro, ma come un piacere: quello di accogliere e diffondere la cultura del Balsamico: è ciò che le nostre “ragazze balsamiche” esprimono!!

Museo e convenzioni: i Soci del Touring Club Italiano arrivano da voi esibendo la tessera e chiedendo lo sconto sul biglietto? E reclamano anche sconti sul merchandising?  Si potrebbe ipotizzare una “degustazione guidata dedicata” solo per i Soci Touring?

Siamo e saremo lieti di accogliere con piacere i Soci del Touring Club Italiano nel pieno rispetto della convenzione che riconosce un biglietto riservato. Non escludiamo a priori degustazioni guidate e dedicate solo ai Soci Touring, dovremmo certamente far emergere fantasia e creatività che immodestamente pensiamo di poter vantare: potremmo ad esempio trasformare la degustazione guidata in un assaggio gestito dai Maestri della Consorteria per far sentire i partecipanti “Maestri per un giorno” … Ci possiamo lavorare!  Sul “merchandising” che in pratica abbiamo talmente marginalmente (inteso come oggettistica varia, libri e ricettari) non lo escluderei; sulla vendita di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena nelle classiche e uniche bottigliette disegnate da Giugiaro, adottate dal Consorzio Tutela a garanzia della DOP (in pratica solo in queste bottigliette è garantito che trattasi di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena) non pratichiamo nessuna scontistica essendo in pratica una “riserva” non assimilabile a un prodotto commerciale.

Se c’è qualcosa che vuole evidenziare e che non abbiamo considerato finora, egregio Presidente, disponga pure di questo spazio…

Mi auguro di aver risposto esaustivamente alle sue domande e di aver trasmesso ai suoi lettori la nostra assoluta autenticità e passione che speriamo di trasferire e far percepire a chi vorrà con noi ripercorrere la grande storia dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena qui, nel nostro museo a Spilamberto.

Presidente Fini, grazie.